Xinjiang, la Nuova Frontiera: tra difesa territoriale e sviluppo economico

Xinjiang
Le principali città dello Xinjiang e i Paesi confinanti - @PANONIAN - Wikimedia Commons - CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication

La Regione autonoma dello Xinjiang (XUAR o Xinjiang) è da tempo al centro degli interessi della Repubblica Popolare Cinese (RPC). Data la sua posizione di frontiera e la presenza al proprio interno di gruppi separatisti, il governo di Pechino ne rivendica il controllo per mantenere la stabilità e l’unità nazionale, usando come espediente la lotta al terrorismo 

La questione fondamentale che riguarda lo Xinjiang è quella della violazione dei diritti umani nei confronti della popolazione uigura. D’altra parte, un fenomeno interessante per comprendere la complessità della regione è quello dello sviluppo economico, avvenuto dagli anni Cinquanta grazie all’introduzione di corpi paramilitari dell’esercito cinese noti come Corpi di produzione e costruzione dello Xinjiang (XPCC)

Nate come unità militari di confine necessarie a garantire la difesa della frontiera e la stabilità territoriale, si sono trasformate in attori economici veri e propri. Con la costruzione di fattorie, paesi, città e favorendo migrazioni prevalentemente di cinesi di etnia han, il XPCC ha creato un sistema autosufficiente capace di assicurare sia la difesa e la stabilità dei territori di frontiera sia la produzione di beni necessari all’auto sostentamento.

Il successo di questo modello è tale che il ruolo del XPCC è ancora oggi rilevante nello Xinjiang. Questi corpi, infatti, sono direttamente coinvolti nelle attività economiche, anche in filiere commerciali legate a prodotti esportati in tutto il mondo come il cotone e il concentrato di pomodoro.   

La nascita del Corpo di produzione e costruzione dello Xinjiang (XPCC)

Sebbene il XPCC sia parte dell’eredità maoista, il dispiegamento di truppe lungo zone di frontiera con il duplice obiettivo di difesa e di messa a coltura delle terre è un’eredità della millenaria storia cinese. Già durante la dinastia degli Han Anteriori (oppure Occidentali, 202 a.C-9 d.C.), il governo centrale aveva adottato questa pratica lungo i confini occidentali, che corrispondono a quelli dell’attuale Xinjiang.  

All’indomani della fondazione della RPC nel 1949, il governo di Pechino aveva la necessità di riorganizzare le truppe dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) e di reintrodurre i soldati nelle attività civili dopo anni di guerre. Diverse armate dello Xinjiang – che già presentava problemi per la frammentazione della popolazione in gruppi minoritari della popolazione vennero fatte confluire all’interno dell’EPL. Nel 1954, il generale Peng Dehuai istituì il Distretto Militare dello Xinjiang (XJMD) – l’odierno Xinjiang – e ordinò che le truppe nazionaliste e i gruppi minoritari venissero rieducate e incorporate nell’esercito cinese.

Una volta completata la riorganizzazione, data la posizione strategica della XUAR e la necessità di controllo diretto da parte di Pechino, Mao Zedong decise di trasformare le truppe in forza-lavoro. Lo Xinjiang era un territorio prevalentemente agricolo le cui terre aride rendevano difficile un processo di modernizzazione, costringendo i residenti a vivere in condizioni di povertà. Per questa ragione, le truppe smobilitate vennero trasformate nei Corpo di produzione e costruzione dello Xinjiang (XPCC), che divennero un elemento chiave per lo sviluppo della regione.  

Il funzionamento dei XPCC

Conosciuti in cinese anche con il nome di bingtuan, i XPCC sono formati prevalentemente da cinesi di etnia han e la loro economia si basa principalmente sull’agricoltura. Sono situati vicino ai centri abitati, per avere un maggiore controllo sulle vie di trasporto o su eventuali minacce esterne.

I bingtuan cominciarono la loro attività economica con la bonifica di terre delle fattorie, per poi arrivare a costruire delle vere e proprie aziende agricole impegnate nella coltivazione di cotone, lavanda e pomodori. Accanto a esse, si diffusero anche aziende di allevamento statali, sviluppando un sistema industriale multi-settoriale che interessava diversi ambiti (agroalimentare, tessile, prodotti chimici o materiali da costruzione).

Nel periodo tra l’istituzione del XPCC nel 1954 e gli anni Sessanta, la popolazione locale desiderava ardentemente rientrare in queste unità paramilitari, poiché garantivano un salario fisso, cibo e una buona reputazione in virtù del servizio di difesa delle frontiere.  

Con il tempo, i piccoli gruppi autosufficienti si dotarono di una struttura sempre più radicata e istituzionalizzata, sviluppando ad esempio un proprio sistema educativo. Arrivarono a diventare un vero e proprio stato nello Stato, ma sempre sotto l’occhio vigile di Pechino. Oggi, i XPCC hanno un sistema amministrativo modellato su quello dell’esercito cinese, e a ogni livello dei corpi ci sono organi amministrativi, burocratici e giudiziari.

Questa doppia struttura amministrativa è caratteristica solo dello Xinjiang: da un lato, la gerarchia dell’organizzazione dei XPCC ricalca quella dell’esercito; dall’altro, nonostante la loro autonomia, i XPCC sono subordinati sia al governo centrale – sotto la supervisione del Ministero dell’Agricoltura – sia al governo regionale (XUAR).   

Tra difesa militare e scontri ideologici

Oltre alla produzione di beni, i XPCC svolgevano – e svolgono ancora oggi – attività di  difesa del territorio di frontiera e di mantenimento dello status quo. Essi ebbero un ruolo rilevante durante i disordini del 1962, quando i residenti delle prefetture autonome di Ili e Tacheng oltrepassarono la frontiera giungendo in URSS. Con il duplice obiettivo di mantenere l’ordine pubblico e non lasciare in stato di abbandono terreni agricoli e bestiame, i gruppi di produzione crearono una cintura di fattorie lungo tutto il confine. Nel 1966, i XPCC contavano 1.485.400 persone e 158 fattorie.  

Date le criticità presentate dalla regione, prima della Rivoluzione Culturale le misure adottate dalla leadership locale per lo sviluppo dello Xinjiang erano più moderate e graduali. Se per i funzionari dello Xinjiang bisognava prestare attenzione alle condizioni della realtà locale, agli occhi di Mao Zedong queste politiche erano espressione di un sentimento revisionista e regionalista.

Nel decennio 1966-1976, il fervore rivoluzionario delle Guardie Rosse – giovani studenti e intellettuali sostenitori degli ideali rivoluzionari – e l’autorità del Partito presero il sopravvento causando violenti scontri tra veterani dell’EPL più moderati e Guardie Rosse dagli ideali radicali. L’influenza del PCC crebbe al punto che portò anche allo scioglimento dei bingtuan, nel 1975. Furono riorganizzati e sottoposti non più all’autorità militare del Distretto militare dello Xinjiang, ma alla leadership civile regionale.  

Soltanto nel 1981, con l’ascesa di Deng Xiaoping, venne ripristinato il sistema dei XPCC. Negli anni Novanta, la pianificazione economica del XPCC venne inserita all’interno di quella nazionale, sotto supervisione diretta di Pechino. Dalla metà dello stesso decennio, il governo cinese tramite i XPCC ha cominciato a investire nella produzione di prodotti come il pomodoro e il cotone, oggi al centro di numerose contese a livello internazionale.  

Un’industria controversa: i prodotti dello Xinjiang

Oggi, circa il 20% del PIL della regione è in mano al XPCC, che è coinvolto nella filiera di produzione di numerosi beni esportati nei Paesi occidentali. Considerando la subordinazione della regione al governo di Pechino, nonché la situazione dei campi di rieducazione e la violazione dei diritti umani della popolazione uigura, numerosi Paesi occidentali hanno tentato la strada delle sanzioni e del boicottaggio dei prodotti provenienti dallo Xinjiang, riscontrando tuttavia scarso successo. 

Un esempio è quello dell’industria tessile, che nel corso degli anni ha avuto un ruolo sempre più centrale per il sistema dei XPCC. Attualmente circa il 12% della popolazione uigura lavora nei campi di cotone e ben l’87% della produzione di cotone della RPC proviene dallo Xinjiang. Numerosi brand internazionali – come H&M o Nike – hanno cercato di boicottare il mercato cinese, non acquistando più il cotone dello Xinjiang per il mancato rispetto dei diritti umani da parte di Pechino. Tuttavia, il mercato cinese è fondamentale per questi brand; ad esempio, la RPC rappresenta il terzo mercato in ordine di importanza per Nike (6.7 miliardi di dollari di media all’anno) e diventa difficile sostenere boicottaggi di questo tipo.    

Anche il concentrato di pomodoro è al centro di una controversia importante, che riguarda principalmente l’Italia. Secondo un’inchiesta condotta da IrpiMedia (Investigative Reporting Project Italy) in collaborazione con CBC Canada, la penisola italiana ha importato più di 97 mila tonnellate di concentrato di pomodoro – prodotto nello Xinjiang – pari all’11% delle esportazioni della RPC. La mancanza di trasparenza nel processo di importazione e lavorazione di tale prodotto genera un conflitto non solo etico, ma anche relativo alla qualità del prodotto. 

Il ruolo del XPCC è stato determinante sia per la crescita economica della regione, che per l’integrazione dello Xinjiang all’interno della neonata RPC. Allo stesso tempo però, emergono le contraddizioni di un corpo nato per lo sviluppo e il controllo della Nuova Frontiera, che si sommano alle criticità già presenti nella regione.

 

Fonti e approfondimenti

Alber Eleanor, “Citing Forced Labor Concerns, US Issues Ban on Xinjiang Cotton”, The Diplomat, 4 December 2020 

Civillini Matteo, Szeto Eric ,Taylor Caitlin, “Il pomodoro dello Xinjiang “confezionato in Italia” conquista il mondo grazie ai colossi delle conserve italiane”, IrpiMedia, 29 Ottobre 2021 

McMillen, Donald H. “Xinjiang and the Production and Construction Corps: A Han Organisation in a Non-Han Region.” The Australian Journal of Chinese Affairs, no. 6 (1981): 65–96. https://doi.org/10.2307/2159052. 

Millward, James A., “Eurasian Crossroads. A History of Xinjiang”, Hurst and Company, London, 2007 

Olesen Alexa, “China’s Vast, Strange, and Powerful Farming Militia Turns 60”, Foreign Policy, 8 October 2014 

South China Morning Post, “Xinjiang’s economy and the impact of US sanctions”, SCMP Economy series, updated 11 October 2021 

The State Council Information Office of the People’s Republic of China, “The History and Development of the Xinjiang Production and Construction Corps”, Foreign Language Press, Pechino, 2014 

The State Council of PRC, The History and Development of the Xinjiang Production and Construction Corps (full text), October 2014 

Yeung Karen, “China’s Xinjiang faces hidden risk from debt-heavy XPCC, with spending tipped to rise after US withdrawal from Afghanistan”, South China Morning Post, 8 October 2021 

Vernole Stefano, “La rinascita economica dello Xinjiang dopo la pacifica liberazione “, CeSEM, 27 Aprile 2021 

Wani Aiyaz, “US cotton ban against Xinjiang-based XPCC has strategic value for India”, ORF, 10 December 2020 

 

Editing a cura di Emanuele Monterotti

Be the first to comment on "Xinjiang, la Nuova Frontiera: tra difesa territoriale e sviluppo economico"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*


%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: