L’accordo sui confini marittimi tra Israele e Libano: quali implicazioni?

Israele e Libano_Lo Spiegone
BSEE - Flickr - CC0

di Antonio Panzone

Nei giorni finali dello scorso ottobre, Israele e Libano hanno raggiunto un accordo definito da analisti ed esperti come “storico”. I due Paesi hanno, infatti, stabilito la delimitazione del confine marittimo.

Questo accordo, giunto anche grazie alla mediazione statunitense nella persona di Amos Hochstein – imprenditore e diplomatico statunitense con esperienza nel settore energetico – non sarà di certo il mezzo che condurrà i due Paesi a una normalizzazione dei rapporti diplomatici, ma rappresenta comunque uno sviluppo di importanza considerevole, nonché un fattore di stabilità all’interno della regione, dal momento che, almeno in via teorica, sancisce la suddivisione tra le parti delle risorse energetiche presenti nell’area contesa. Tuttavia, come preventivato, questo accordo porta con sé tante incognite dovute soprattutto alle fragilità poste alla base. 

Blue Line, Ghajar e Sheba’a: cosa c’è dietro l’accordo

Dietro il termine “storico” si celano tutte le difficoltà insite nella stipula di un simile accordo. Innanzitutto, va chiarita l’importanza del gas naturale all’interno del Mediterraneo orientale, un po’ elemento stabilizzante e un po’ causa di dispute regionali. Prendendo in esame la questione libano-israeliana, le ragioni sulle dispute territoriali risalgono ad alcune questioni irrisolte legate a un’area di circa 860 km2.

La contesa tra le due nazioni riguardava l’area compresa tra il confine richiesto dallo Stato di Israele in base a un accordo ratificato con Cipro nel 2010 – la cosiddetta Linea 1 – e quello invece presentato da Beirut alle Nazioni Unite – la Linea 23 – comprendenti i giacimenti di gas di Karish e di Qana-Sidon. A tal proposito, ci furono diversi tentativi per risolvere la questione, patrocinati dagli Stati Uniti. Il primo fu avanzato da un tentativo di Frederic Hof, ex inviato speciale degli USA per la Siria, il quale propose per Libano e Israele rispettivamente due porzioni dell’area contesa equivalenti al 55% e al 45%, tuttavia fallì a causa della ferma opposizione dei partiti sciiti-libanesi filo-iraniani Hezbollah e Amal. Il secondo risale al 2013, di fatto con le stesse premesse e intenzioni del primo al netto di qualche modifica di carattere territoriale, e sancì la fine dei negoziati e si arenò nell’immediato. 

Citando questi due tentativi, balza all’occhio l’enorme difficoltà di giungere a un accordo tra due Paesi che, in aggiunta, risultano ancora formalmente in guerra. La querelle marittima si intrecciava, inoltre, con un altro problema irrisolto come quello del confine terrestre, temporaneamente fissato dall’ONU nel 2000 con l’istituzione della cosiddetta Blue Line.

Altrettanto importante è la questione relativa al villaggio di Ghajar e delle fattorie di Sheba’a, territori formalmente controllati dallo Stato ebraico, ma reclamati da Beirut. 

Entrambi i territori sono rientrati nell’orbita di Israele nel 1967, al termine della cosiddetta “Guerra dei sei giorni”, durante la quale lo Stato israeliano ha cominciato a controllare de facto, in seguito all’occupazione militare, due terzi della regione. Nel 1973, durante la “Guerra dello Yom Kippur”, Israele ha accettato di cedere il 5% di questi territori alla Siria e da allora il 95% risulta conteso tra Tel Aviv, Damasco e Beirut.

La ripresa e il punto d’incontro: un accordo dalle basi fragili

I negoziati sono ripresi nell’ottobre 2020 con delle nuove richieste libanesi: se prima, le rivendicazioni riguardavano quell’area di 860 km2, che separava la Linea 1 e la Linea 23, alla ripresa delle trattative il Libano ha posto sul tavolo un’ulteriore area di 1430 km2 comprendente il giacimento di Karish, rivendicato da Israele. Il dibattito è stato esacerbato ulteriormente l’anno seguente, alla notizia che il blocco 9 dell’area libanese poteva contenere ampie quantità di gas. Tuttavia, il blocco – chiamato dai media “Qana” – si estendeva in un tratto di mare appartenente a Israele.

La svolta si può trovare nell’ottobre 2021, quando il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha nominato come mediatore il senior advisor per la sicurezza energetica Amos Hochstein, il quale ha modificato la forma della mediazione statunitense ma non la sostanza, essendo sempre incentrata sull’iniziale demarcazione concernente la Linea 1 e la Linea 23. 

L’intervento statunitense è riuscito a favorire il raggiungimento dell’accordo: la nuova linea di demarcazione, basata in larga parte sulla linea 23, mantiene la divisione di Qana tra i due Paesi e pone il giacimento di Karish interamente all’interno delle acque israeliane. L’intesa prevede inoltre che la società che si occuperà dello sfruttamento delle risorse potenzialmente presenti in Qana dovrà corrispondere una quota degli introiti a Israele, con gli Stati Uniti designati come mediatore in caso di future controversie legate all’interpretazione dell’accordo. Il meccanismo per tali introiti tuttavia non è ancora chiaro e dovrà essere negoziato anche il coinvolgimento della multinazionale francese Total, che gestisce il giacimento insieme a ENI e al governo libanese. 

La stipula dell’accordo è stata accolta positivamente da tutte le parti, Hezbollah compreso, a sostegno delle dichiarazioni di Hassan Nasrallah, segretario del partito sciita-libanese, che ha definito l’accordo “una grande vittoria”. Nonostante l’enorme seguito positivo, i benefici economici di tale accordo restano asimmetrici: se ciò ha portato subito ingenti somme di denaro nelle casse dello Stato ebraico, per il Libano la musica è stata diversa sin dall’inizio, causa l’incertezza della presenza di gas in quantità commerciabili nelle proprie aree – e nel caso in cui la presenza dovesse essere accertata, lo sfruttamento richiederà comunque tanti anni per diventare effettivamente remunerativo -. 

La maggior parte degli analisti ha inteso la stipula come un enorme successo per entrambe le classi politiche, opinione disattesa con il senno di poi. Non si può dire di certo che per Yair Lapid e Michel Aoun, che rispettivamente hanno perso la propria carica nelle elezioni che si sono susseguite subito dopo l’accordo: al posto di Lapid è subentrato l’onnipresente Benjamin Netanyahu, il quale ha da subito disdegnato un accordo con un Paese arabo, mentre il secondo ha dovuto lasciare il posto ad interim a Najib Miqati a causa del fallimento nell’elezione di un nuovo presidente libanese.

Il futuro e le incognite dell’accordo

L’accordo, nonostante risulti un precedente difficilmente rinegoziabile, non implica di certo una facile attuazione. La prima incognita risiede nel ritorno al potere di Benjamin Netanyahu, nonostante alcuni dialoghi a latere con il presidente francese Emmanuel Macron abbiano lasciato presagire un’apertura tramite alcune condizioni. 

Da non sottovalutare il tacito assenso di Hezbollah, il cui pensiero, nonostante al momento abbia scelto di evitare lo scontro, potrebbe virare a seconda del protrarsi della crisi interna libanese. Un’ulteriore incognita potrebbe risiedere anche nell’evoluzione dei rapporti con l’Iran in vista del fallimento del negoziato per il nucleare e il sostegno bellico di Teheran dato a Mosca nell’invasione ucraina. 

Tuttavia, l’accordo marittimo tra Beirut e Tel Aviv potrà sicuramente portare degli effetti positivi. Anche se per Beirut non ci saranno degli effetti positivi istantanei o un’immediata sostituzione del petrolio con il gas per il fabbisogno interno, anche per lo Stato libanese ci saranno degli eventuali benefici nel complicato e intricato gioco d’infrastrutture nell’area dell’East Mediterranean. Di fatto, ci sarebbe anche la possibilità di un negoziato con la vicina Siria per la delineazione dei propri confini marittimi. 

 

 

Fonti e approfondimenti

AA. VV., “Israele-Libano: ecco i dettagli dell’accordo sui confini marittimi”, AgenziaNova.com, 12 ottobre 2022.

AA. VV., “Le Liban et Israël concluent un accord « historique » sur leur frontière maritime”, Middle East Eye, 11 ottobre 2022.

AA. VV., “Spartizione gas, accordo Libano-Israele. Hezbollah esulta: una grande vittoria”, ilsole24ore.com, 27 ottobre 2022.

Carrer Gabriele – Rossi Emanuele, “Così Netanyahu cerca la sponda di Macron con Riad”, formiche.net, 5 febbraio 2023.

Dessi Andrea – Dionisi Yasmina, “Libano-Israele: le incognite sull’accordo marittimo”, Affari Internazionali, 27 ottobre 2022.

Serra Mattia, “Israele-Libano: un accordo storico”, ISPI, 28 ottobre 2022.

 

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