Geert Wilders, dall’audience al mainstream

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Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Ha ottenuto il voto di quasi un quarto dell’elettorato, 37 seggi parlamentari su 150. Le elezioni nei Paesi Bassi del 22 novembre sono state un successo inaspettato per Geert Wilders e il suo PVV (Partito per la Libertà), che sorprendendo un’ampia fetta di osservatori hanno conseguito il risultato più importante della loro storia. 

Dopo più di vent’anni di esperienza nel pieno della politica neerlandese, è quindi giunto per l’esponente politico più famoso di Venlo il momento di assumere le redini del Paese? Le trattative sono in corso, ma di sicuro la prospettiva è credibile e preoccupa non poco quanti vedono in Wilders un pericoloso populista dalle idee autoritarie. Il suo profilo, del resto, è quello di un uomo senza freni, molto determinato a realizzare il suo disegno ideologico.  

La nascita del politico Wilders e del PVV 

Il risultato del Partito per la Libertà alle ultime elezioni è stato definito come uno “shock populista”. Questa descrizione mostra però più di un limite, a partire dal fatto che, nonostante la retorica anti-establishment continui a far parte della narrativa di Wilders, in realtà il passato del PVV mostra una progressiva integrazione nel sistema politico e mediatico. 

La storia politica di Wilders comincia nel 1997, quando approda nel consiglio comunale di Utrecht come membro del Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD). L’anno successivo Wilders è eletto in Parlamento, ma il suo ingresso al Binnenhof non lo rende subito un profilo di primo piano. 

La situazione cambia l’11 settembre 2001. Gli attentati terroristici negli Stati Uniti ad opera di al-Qaeda ottengono una grande risonanza mediatica in tutta Europa e anche nei Paesi Bassi alimentano un senso di insicurezza nei confronti del mondo musulmano, guardato con sospetto da una fetta crescente della popolazione. Il sociologo e leader politico Pym Fortuyn parla di una guerra fredda contro l’Islam, gettando benzina sul fuoco: per molti, in gioco è il futuro della società neerlandese e occidentale. 

La stagione di violenza politica che si apre nei primi anni Duemila è il contesto in cui matura la svolta decisiva della carriera di Geert Wilders. 

In un inciso temporale tanto breve quanto brutale, Pym Fortuyn viene assassinato da un attivista preoccupato per l’effetto della sua retorica sulle minoranze del Paese. Poco tempo dopo, il regista Theo Van Gogh subisce la stessa sorte, venendo giustiziato da un estremista islamico a seguito del rilascio di “Submission”, un documentario critico nei confronti dell’Islam. Appesi con un coltello al suo addome, giacciono i nomi dei nemici giurati dell’assassino e del gruppo che rappresenta: tra questi, vi è anche quello di Geert Wilders

Ideologia del PVV, i punti salienti

Il politico di Venlo nel frattempo ha preso una posizione netta. Il 12 aprile 2003, interviene insieme all’attivista Ayaan Hirsi Ali con un un contributo su NRC Handelsblad dal titolo “È tempo di una Jihad liberale”. Da sempre critico nei confronti dell’Islam, Wilders vive ed esaspera un processo di radicalizzazione che sfocia nella pellicola “Fitna” del 2008, nel quale la religione musulmana viene apertamente paragonata all’ideologia nazista. 

Per preservare un Paese tollerante e liberale, dobbiamo mettere da parte anche i diritti e le leggi elementari quando abbiamo a che fare con chi ne abusa e intende eliminarli come fondamento della nostra società. L’unica soluzione è una Jihad liberale.

È tempo di una Jihad liberale, 2003

L’islamofobia è uno dei muri portanti dell’ideologia di Wilders ma non l’unico. Dopo avere lasciato il troppo moderato VVD per dare vita al “Wilders Group”, nel 2006 fonda il PVV con una proposta ideologica che fa leva sul sentimento ostile nei confronti della popolazione di fede musulmana, dell’Unione europea e delle élite di sinistra, aprendo un nuovo squarcio nello spettro conservatore neerlandese. 

La visione di società del PVV, che accomuna il partito ad altre forze dell’estrema destra europea, è rimasta pressoché invariata per tutto questo tempo, con una narrazione dipendente dal contesto elettorale, per cui, di tornata in tornata, ha assunto un carattere più marcato l’ostilità per un nemico o un altro. 

L’Unione europea viene presentata come un’entità politica dagli interessi contrari alla volontà nazionale neerlandese, per cui continua a essere un bersaglio: Wilders si è dichiarato antieuropeista e favorevole a un referendum per uscire dal tracciato comunitario. Un’enfasi particolare è posta sul contrasto ai flussi migratori, per cui la narrazione del PVV si è sempre tinta di caratteri etnocentrici e xenofobi.

Insieme al disprezzo verso le politiche europee, a unire il partito di Wilders è l’odio nei confronti di quella che Pym Fortuyn ha definito Left Church, metafora di un’organizzazione tentacolare che dagli anni Settanta in poi avrebbe finito per invadere i palazzi del potere, i mass media, le istituzioni educative e non solo, segnando il trionfo del relativismo culturale della sinistra. A questo, il PVV contrappone un ordine morale basato sul benessere e sulla sicurezza sociale dei locali di origine e “familienaam” neerlandesi, da proteggere, anche a costo di adottare misure oltre i confini dell’autoritarismo. 

Il successo di Wilders, una mappa concettuale 

Una casa di proprietà, un lavoro “normale”, una vita sociale attiva e delle belle vacanze in programma. È questo il fumoso identikit di Henk e Ingrid, coppia immaginaria che Wilders ha identificato come ossatura elettorale del PVV, al punto da divenire un’icona nel dibattito politico nazionale. Ma quali sono i tratti che caratterizzano Henk e Ingrid nella realtà?

Sono state sviluppate diverse teorie per spiegare l’evoluzione dei partiti di destra radicale, adottando approcci di natura culturale, sociale ed economica. Guardando al contesto neerlandese, una delle più complete analisi sul tema è quella guidata da Harteveld, che indaga le radici multiple del supporto al PVV. 

Secondo lo studio, il fattore determinante sarebbe la paura del cambiamento, rappresentato nei contesti urbani dal crescere della differenziazione etnica dei quartieri e in quelli rurali dalla scomparsa del capitale sociale, ovvero di quei presidi aggregativi sul territorio che concorrono a rinsaldare i legami comunitari. A questi si aggiunge la perdita di benessere materiale, ulteriore elemento che provoca uno stato di ansia su cui germogliano narrazioni identitarie ed escludenti. 

Alla luce del trionfo di Wilders, risentimento e paura dovrebbero essere le due parole che meglio esprimono il trend dell’opinione pubblica neerlandese. Ma anche speranza in un futuro più soddisfacente, che a fronte di un clima di incertezza segnato da aumento dei prezzi e venti di guerra ha premiato un profilo anti-establishment, che ha contornato con chiarezza la sagoma dei nemici cui addossare le responsabilità del presente. 

Dove porta il mainstream

La scalata al potere di Wilders non sarebbe stata possibile senza una strumentalizzazione sapiente delle logiche dei mass media. A lungo le dichiarazioni estreme di Wilders hanno raccolto più attenzione di ogni altro esponente politico nazionale: da qui, il passo a convincere le forze politiche più centriste a legittimare il messaggio è stato relativamente breve. 

Inseguendo le ricette del PVV, per esempio sul tema dei flussi migratori, liberali e conservatori hanno infatti favorito una normalizzazione di idee in aperto contrasto con i diritti umani, credendo di limitare l’avversario e spartire una quasi scontata ascesa dei consensi. Contrariamente alle loro aspettative, però, è stato soprattutto il polo estremo ad attrarre il voto popolare.   

Finito lo spoglio sembrano iniziati i problemi per Wilders. Dare le carte per costruire una coalizione non è un compito semplice, in particolare per chi ha fatto della creazione di nemici il proprio modo di fare politica. Tuttavia, sembra che gli oltre due mesi di ritardo non facciano altro che aumentare il suo consenso. 

Una volta concluso il giro di tavolo, scopriremo il prossimo futuro dei Paesi Bassi. La lezione di Wilders, però, è già sotto gli occhi di tutti: audience e mainstream sono due ingredienti di una miscela incontrollabile e sempre pronta a esplodere. 

 

Fonti e approfondimenti 

Harteveld, E., Van Der Brug, W., De Lange, S., & Van Der Meer, T. (2022). Multiple roots of the populist radical right: Support for the Dutch PVV in cities and the countryside. European Journal of Political Research, 61(2), 440-461.

Krause, W., Cohen, D., & Abou-Chadi, T. (2023). Does accommodation work? Mainstream party strategies and the success of radical right parties. Political Science Research and Methods, 11(1), 172–179.

Vossen, K. (2016). The power of populism: Geert Wilders and the Party for Freedom in the Netherlands. Taylor & Francis.

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