L’Afghanistan e l’economia dell’oppio

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Nell’ultimo anno, stando a quanto affermato dall’UNODC (Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine), la produzione di oppio in Afghanistan è aumentata del 43%, con un incremento del 10% dei territori utilizzati per la coltivazione. Ciò costituisce un problema da non sottovalutare, sia per quanto riguarda l’economia di un paese che, ad oggi, si trova ad essere uno dei più poveri al mondo, sia per quanto attiene al contesto internazionale.

Dal 1990 l’Afghanistan si trova infatti ad essere il primo produttore mondiale di oppio, il 90% dell’eroina (450 tonnellate) nei mercati mondiali proviene infatti da questo paese, generando un profitto totale di 55 miliardi di dollari, di cui solo 2.3 rimangono ai coltivatori e trafficanti afghani. Nonostante l’enorme ricchezza che gravita attorno al traffico di oppio ed eroina, quindi, il paese si trova, dopo essere stato per 30 anni afflitto da conflitti di tipo politico e sociale, in uno stato di estrema povertà in cui organizzazioni criminali e gruppi terroristici sfruttano la debolezza dello stato e la mancanza di governance per arricchirsi, mentre più del 30% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

Ad oggi la zona in cui è maggiormente concentrata la produzione di oppio è quella del sud del paese, in particolare nella regione dell’Helmand, che dal 2002,a seguito dell’inizio della missione Nato nel paese, viene controllata dai Talebani, che impongono anche tasse sul raccolto.
Il collegamento tra produzione e sviluppi politici del paese è molto stretto e per notarlo basta osservare come, per evitare le sanzioni, i talebani abbiano provato nel 2002 a bloccare la produzione attraverso una legge che andava ad impedirla ma che, allo stesso tempo, non bloccava il traffico nel paese e verso i paesi circostanti. Da quel momento in poi, con l’inizio della missione NATO, vi è stato un incremento esponenziale nella produzione ed esportazione che si è arrestato solo intorno al 2014-2015, quando le truppe NATO si sono ritirate dal paese. Nel 2015 vi era stato un crollo di circa il 20% della produzione che aveva fatto ben sperare in un cambio di rotta del paese ma che in verità si è rivelato essere solo l’effetto di condizioni climatiche non favorevoli.

Nonostante il paese sia il principale produttore mondiale di oppio, gran parte dei traffici vengono gestiti dai paesi limitrofi (Iran, Pakistan e Tajikistan), che risultano essere anche quelli in cui avvengono il maggior numero di sequestri. L’oppio, coltivato nel paese e trasformato in eroina, viene quindi distribuito e venduto al di fuori di  questa regione attraverso due direttrici principali, la rotta Nordica e quella Balcanica, che collegano l’Afghanistan alla Russia (principale mercato mondiale) e all’Europa dell’ovest. Ci sono però anche altri mercati in cui l’oppio afghano si sta espandendo, ossia la Cina, il sud-est asiatico e l’Australia.

Il traffico di droga avviene principalmente via terra, seguendo le direttrici principali, che dopo anni di traffici sono ormai ben consolidate e in cui è alto il livello di corruzione. Gli spostamenti vengono effettuati da piccoli gruppi organizzati che lavorano in parallelo con i grandi cartelli internazionali e gran parte dei traffici vengono gestiti da enclaves etniche soprattutto in Tajikistan, leader indiscusso sotto questo punto di vista, ed Uzbekistan. Come già accennato, il mercato maggiore a livello mondiale è quello russo. La Russia, dopo la caduta dell’URSS ed a seguito dell’integrazione economica, ha assistito ad un’escalation del consumo dell’eroina e si stima che ad oggi circa 1,5 milioni di persone ne facciano uso, con una domanda annua di più di 70 tonnellate. L’eroina e l’oppio arrivano in questo paese attraverso tre regioni principali: Tajikistan, Uzbekistan e Turkmenistan. In questi tre paesi passa circa il 25% di tutta l’eroina prodotta in Afghanistan, sfruttando l’alta permeabilità dei confini e, soprattutto in Tajikistan, i gruppi di ribelli ed i signori della guerra civile degli anni ’90. Dall’Asia centrale partono anche i corrieri che portano in Cina più di 3 tonnellate di eroina all’anno.

La seconda regione fondamentale per quanto attiene il consumo di droga è l’Europa. Tralasciando la Russia infatti la domanda annuale di eroina si aggira intorno alle 90 tonnellate, di cui circa il 92% viene consumato nell’Europa centro-occidentale. Tra i maggiori consumatori troviamo la Gran Bretagna, l’Italia, la Francia e la Germania. L’eroina per arrivare in questi paesi passa quindi attraverso la seconda rotta, quella balcanica. Il commercio parte dall’Iran e dalla Turchia e quindi si frammenta verso le destinazioni finali. Centrale è il ruolo assunto dall’Olanda, che funge da camera di compensazione per la Germania. Questa rotta sembra essere la migliore, anche in relazione al numero di sequestri che rimane sempre molto basso. I paesi che si trovano ad essere inglobati, dopo che l’eroina arriva in Turchia, sono svariati e tra questi troviamo la Bulgaria, la Grecia, Cipro e l’Ucraina. Sempre dalla Turchia circa 82 tonnellate di eroina scorrono attraverso la Macedonia, la Serbia, la Bosnia, l’Erzegovina e la Croazia (25 tonnellate, di cui una parte viene inviata in Italia attraverso il Mediterraneo). La maggior parte invece (circa 60 tonnellate) passa attraverso la Bulgaria, la Serbia, la Romania, la Slovacchia per arrivare in Austria e quindi in Olanda e Germania. Da questi due ultimi paesi si esporta verso Francia, Gran Bretagna e Spagna.

Nel traffico europeo prendono parte gruppi criminali organizzati di diverse nazionalità a seconda dei paesi in questione che spesso si avvalgono dell’uso di trafficanti esperti per le rotte più battute. All’inizio della rotta balcanica l’eroina viene smerciata da Balochi e Pashtun, intervengono quindi diversi gruppi quali gli Arabi, gli Azeri e Curdi, in particolare i ribelli del PKK svolgono il ruolo di tramite tra Iran, Iraq e Turchia. A questo punto interviene il network turco per poi passare il compito agli europei, di cui in particolare, gli Albanesi, i Tedeschi e gli Olandesi. Nel nostro paese, secondo consumatore europeo di eroina, il traffico viene gestito da Albanesi, Pakistani e Nigeriani, ma anche da associazioni mafiose italiane. In Germania invece si dividono il campo olandesi, turchi e nigeriani, mentre, in Gran Bretagna, si trova tutto nelle mani di inglesi e olandesi. In questa immensa rotta che parte dall’Afghanistan per arrivare in ogni singolo paese europeo si stima che ci sia un flusso di circa 110 tonnellate di sostanza l’anno, di cui dopo i vari sequestri ne arrivano sul continente circa 87, sufficienti a soddisfare la domanda annuale.

Da quanto abbiamo avuto modo di analizzare quindi, nonostante l’Afghanistan sia il maggior produttore mondiale, quasi la totalità del traffico legato all’oppio si svolge al di fuori del paese, così come la maggior parte degli introiti del traffico illegale vanno ad arricchire organizzazioni criminali non afghane, gruppi di ribelli e trafficanti stranieri. La comunità internazionale ha provato negli ultimi anni ad intervenire sul territorio, con azioni mirate a garantire agli agricoltori sbocchi migliori rispetto alla coltivazione di oppiacei, ma, a quanto possiamo vedere dagli ultimi trend, la situazione non sembra migliorare.

 

 

Fonti e Approfondimenti

UNITED NATIONS OFFICE ON DRUGS AND CRIME, Vienna, World Drug Report 2015

The Golden Age of Drug Trafficking/ How Meth, Cocaine, and Heroin Move Around the World | VICE News copia

SWP Research Paper, 2011

Robert K. Schaeffer Understanding Globalization The Social Consequences of Political, Economic, and Environmental Change.pdf

The Globalization of Crime UNODC

Global Afghan Opium Trade 2011

Afghanistan opium survey 201

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