Ricorda 1918: l’eredità di Nelson Mandela

Quest’anno ricorre il centesimo anniversario dalla nascita di Nelson Rolihlahla Mandela, avvenuta il  18 luglio 1918. Per ricordarlo, ci tufferemo prima negli eventi che hanno caratterizzato la sua celebre vita, per poi cercare di capire in che modo i messaggi da lui espressi devono ancora oggi rimbombare nelle menti di tutti, facendoci aiutare dal discorso di Barack Obama tenuto a Johannesburg lo scorso 17 luglio in occasione della Nelson Mandela Annual Lecture.

La vita di Nelson Mandela

Figlio di un capo tribù, Nelson Mandela, dopo aver preso una laurea in giurisprudenza ed essere diventato avvocato, si occupa principalmente della difesa dei cittadini di colore. Si avvicina alla politica quando la sua carriera lavorativa è già avviata, vedendo che le manifestazioni pacifiche organizzate dall’African National Congress hanno la forza di unire un gran numero di persone contro il potere oppressivo e marginalizzante del governo dei bianchi sudafricani. Ottimo oratore, grazie alla sua fame di conoscenza e al suo titolo di studio, è da subito evidente che le sue capacità gli permetteranno di vestire il ruolo di maggiore esponente e voce del partito.

Ai sabotaggi e alle azioni pacifiche dei neri, i bianchi rispondono con la forza: numerose sono le occasioni in cui le forze armate aprono il fuoco sui manifestanti disarmati e ciò porta Mandela e gli altri rappresentati più in vista dell’ANC a ripensare i loro metodi di rivolta. La lotta pacifica non si è dimostrata efficace e un passaggio a metodi violenti viene ritenuto necessario.

 

All’inizio degli anni ’60, quando i partiti anti apartheid sono già stati dichiarati illegali, catturare Mandela è l’obiettivo principale della polizia sudafricana: l’esistenza di colui che viene definito “terrorista sovversivo” rischia di mettere in discussione la supremazia bianca e l’intero sistema dell’apartheid, eventualità che spaventa terribilmente l’allora presidente Charles Robberts Swart.

Mandela viene alla fine catturato, rischiando di essere condannato a morte, ma il giudice incaricato della gestione del caso Abram Louis Fischer, dopo aver ascoltato il suo discorso dal banco degli imputati, decide di non fare di lui e i suoi complici dei martiri e di condannarli all’ergastolo. Mandela e suoi passeranno 27 anni in carcere e solo nel 1982 verrà spostato da Robben Island a Johnnesburg, a causa della volontà del presidente Botha di placare, attraverso il dialogo, le violenze che negli anni ’80 si stavano perpetrando nel Paese.

 

Seguiranno quindi degli incontri segreti tra gli esponenti del governo sudafricano e Mandela e a quest’ultimo verrà offerta la libertà in cambio dell’abbandono dei metodi violenti da parte dell’ANC e dei suoi affiliati. Mandela rifiuta senza discutere. Aspetterà il momento giusto per chiedere il rilascio senza condizioni. Botha opta quindi per un incontro diretto con Mandela – anche se in pubblico continua a sostenere l’impossibilità di un simile meeting – sperando di poterlo spingere a cedere, così da mettere in discussione le sue relazioni con l’ANC.

Con il cambio di governo avvenuto in seguito alle elezioni del 1989 anche i termini di discussione durante il secondo round di incontri segreti cambiano. La caduta dell’Unione Sovietica e la fine dello spettro del comunismo fanno diminuire la paura delle relazioni tra l’ANC e il partito comunista sudafricano, che erano state la causa della volontà di Botha di staccare Mandela dal suo gruppo politico, e rendono possibile un incontro in Svizzera tra i servizi segreti sudafricani, Thabo Mbeki e Jacob Zuma, entrambi futuri presidenti del Sudafrica post-apartheid. In più, il cambiamento del panorama internazionale permette al presidente De Klerk di prendere in considerazione la legalizzazione dell’ANC e la scarcerazione di Mandela, richiesta ormai da qualche anno da tutto il mondo.

Nel 1990, De Klerk annuncia la legalizzazione del’ANC, del Partito Comunista Sudafricano e del Congresso Panafricano e la scarcerazione di Mandela senza condizioni. Il Presidente si aspetta in cambio la cessazione dell’uso della violenza da parte dell’ANC e la richiesta di sospensione delle sanzioni che gravano sul Sudafrica da ormai più di un decennio, Mandela, però, esprime posizioni opposte nei suoi primi discorsi da uomo libero. Fino a quando assiste a una delle manifestazioni violente che bagnano di sangue il Sudafrica in quegli anni e decide che una simile situazione non può essere ulteriormente perpetrata e nel suo discorso successivo annuncia l’abbandono delle pratiche violente da parte del suo partito.

“People respond in accordance to how you relate to them. If you approach them on the basis of violence, that’s how they’ll react. But if you say, ‘We want peace, we want stability,’ we can then do a lot of things that will contribute towards the progress of our society.”

Qualche anno dopo, nel 1994, per le pressioni internazionali, ma soprattutto per le vicende interne, il Sudafrica abbandona il sistema dell’apartheid e alle elezioni seguenti l’ANC ottiene la maggioranza e Nelson Mandela viene eletto Presidente.

L’eredità di Nelson Mandela

L’ex Presidente americano Barack Obama è stato recentemente invitato a Johannesburg per tenere la Nelson Mandela Annual Lecture, l’anno della ricorrenza del centenario dalla nascita del grande leader. Sembra che Obama abbia preso l’invito con estrema serietà, confessando di ritenere il discorso che gli è stato chiesto di preparare l’evento più importante dalla fine della sua presidenza.

 

Obama ha deciso di utilizzare il discorso per fare un’attenta analisi critica della società internazionale. La descrizione del sistema di rapporti politici, economici e sociali che si è venuta a creare a livello internazionale si rispecchia all’interno della maggior parte dei singoli stati: la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, causando la marginalizzazione di alcuni gruppi. 

Ed è stata proprio tale marginalizzazione, secondo l’ex Presidente, a creare fenomeni pericolosi e violenti come il terrorismo jihadista, che si schiera contro un sistema di modernizzazione che si è lasciato parte del mondo alle spalle.

Ci sono tre messaggi principali che Obama vuole enfatizzare con il suo discorso.
Il primo si collega strettamente con ciò che abbiamo appena detto: l’obiettivo di una società deve essere garantire (almeno) la sussistenza a tutti coloro che ne fanno parte. Citando Mandela:

Where globalisation means, as it so often does, that the rich and the powerful now have new means to further enrich and empower themselves at the cost of the poorer and the weaker, [then] we have a responsibility to protest in the name of universal freedom

E aggiunge che protestare non è abbastanza, ma è necessario avere la capacità e la forza di costruire un sistema alternativo.

“Poverty is not an accident. Like slavery and apartheid, it is man-made and can be removed by the actions of human beings.”

Il secondo messaggio, che dovrebbe essere scontato e ben radicato già da tempo, anche se a volte non sembra, è che le persone, a prescindere dal colore della loro pelle, dalla loro provenienza geografica o dalle loro tendenze sessuali, sono tutte esseri umani, che hanno lo stesso valore. Qui Obama non dimentica di fare un riferimento diretto alle politiche migratorie.
In questo caso Obama non cita direttamente Mandela, ma credo che la frase seguente possa andare bene con il messaggio da lui espresso:

“No one is born hating another person because of the color of his skin, or his background, or his religion. People must learn to hate, and if they can learn to hate, they can be taught to love, for love comes more naturally to the human heart than its opposite.”

Il terzo punto riguarda la democrazia e le sue caratteristiche, il fatto che le elezioni non sono sufficienti per definire un sistema democratico, ma lo sono le libertà e i diritti delle minoranze e i pesi e contrappesi che limitano lo strapotere, soprattutto quando ci si trova in sistemi caratterizzati da “strongmen policy“.

 

Su Nelson Mandela sono stati scritti libri, prodotti film e documentari. La sua figura è stata trasformata in un esempio di lotta contro la marginalizzazione della popolazione nera in Sudafrica e anche negli Stati Uniti, dove nonostante l’abbattimento della segregazione razziale a livello legale avvenne molto prima che in Sudafrica, episodi di razzismo si verificavano (e si verificano) ancora.
Il processo politico che ha portato lo spostamento delle masse verso posizioni politiche estremiste e che ha toccato numerose nazioni in tutto il mondo, Italia compresa, deve essere percepito come pericoloso. Deve essere letto come un passo indietro che rischia di macchiare nuovamente le società di un odio senza fondamenta, per la cancellazione del quale Mandela e molti altri hanno speso la loro vita.

Per l’intero continente africano, Mandela è un esempio di democrazia. Nei suoi discorsi non ha mai affermato di voler sostituire alla dominazione dei bianchi sui neri, la dominazione dei neri sui bianchi. Il suo obiettivo è sempre stato soppiantare il sistema di apartheid per creare uno stato democratico in cui è la maggioranza a decidere, in cui non ci si scontra per il colore della pelle. E nonostante gli esempi sbagliati che hanno caratterizzato (e ancora caratterizzano) il continente, Mandela pur avendo la forza e il potere di rimanere in carica per lungo tempo, ha optato per la strada legale e si è fatto da parte quando il suo mandato come presidente è giunto al termine, pur non smettendo di fare politica e di influire nello sviluppo politico del sua Paese.

E’ proprio questo il concetto che viene sottolineato da Obama quando parla della pericolosità della “strongmen policy” – che supera i confini del continente africano – della conquista da parte di un singolo di un potere tale che, pur venendo esercitato all’interno di un sistema democratico, ne oltrepassa i confini.

 

Fonti e Approfondimenti:

https://www.africaportal.org/features/lessons-nelson-mandela-africas-development/

https://www.theguardian.com/world/video/2013/dec/05/nelson-mandela-1964-speech-audio

 

 

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