Ricorda 1968: la morte di Martin Luther King

Martin Luther King è e rimarrà sempre il simbolo della lotta per i diritti civili della comunità afroamericana negli USA. Molti però conoscono soltanto la sua storia fino alla metà degli anni 60, quando portò grandi risultati con i due famosi provvedimenti: il Civil Rights Act del 1964 e il Vote Act del 1965. Dopo la marcia di Selma e dopo le sue conquiste la sua figura entrò in un oblio mediatico dovuto al mondo che cambiava e alla società americana che si poneva nuove domande e si dava nuove risposte. Oggi cercheremo di chiarire un po’ questi suoi ultimi 4 anni e l’eredità che ha lasciato negli USA.

 

Le ultime vicende e i nuovi movimenti neri

A partire dal 1965 qualcosa era cambiato nelle strade dei ghetti, nelle menti dei neri e nell’immaginario globale delle minoranze etniche in America. Le marce non erano più abbastanza. Gli appelli al Signore, i vestiti neri e la non violenza a tutti i costi non erano più sufficienti per lottare contro i poliziotti bianchi e contro la grande borghesia.

Per anni moltissimi attivisti avevano mostrato l’altra guancia ai manganelli delle forze dell’ordine e avevano accettato di farsi guidare dal Reverendo Martin Luther King, ma tutto quel dolore adesso, alla metà degli anni Sessanta, sembrava non avere un significato: non si vedevano così grandi risultati. Si, è vero, c’erano stati i due grandi proveddimenti per i diritti civili dei neri, ma i diritti erano veramente arrivati? Il Ku Klux Klan al Sud continuava a mietere vittime, gli attivisti venivano uccisi in modo brutale spesso proprio da quegli stessi poliziotti che per il governo federale dovevano garantirne i diritti.

 

 

La rabbia montava nei quartieri bassi e il reverendo Luther King incominciò a perdere quel ruolo di interprete della comunità afroamericana. Già Malcom X, negli anni precedenti, lo aveva accusato di essere troppo debole e accondiscendente, senza riuscire ad alienare il supporto di King, ma adesso la situazione cambiava. Le violenze aveano visto un escalation senza precedenti. I neri erano sempre più pronti a scontrarsi con la polizia e quest’ultima non vedeva l’ora di poter mostrare immagini di violenze, scontri e rapine.

Quelle immagini televisive che nel ’64 avevano aiutato il movimento mostrando le violenze dei poliziotti sul ponte di Selma, nel ’67 con le sommosse di Detroit, scatenate dalla polizia, mobilitarono contro i neri l’intera classe media americana.

Il governo era deciso ad eliminare il problema e i neri decisero di unirsi per rispondere. Uno dei primi a portare avanti questa idea fu Stockley Carlmichael. Un giovane nero che aveva marciato con King a Selma, ma che pochi mesi dopo aveva lasciato il movimento accusandolo di mollezza. Proprio questo ragazzo incominciò a diffondere l’idea che la comunità afroamericana aveva il diritto e il dovere di armarsi. Così nacque l’idea alla base delle Black Panthers.

Un gruppo armato, una milizia, pronta a difendere i neri. Un esercito sempre pronto che aveva come unica regola da rispettare quella di dover mostrare sempre le armi che portava in giro, perché questo prevede la maggior parte delle leggi americane. Il reverendo King non era d’accordo. Lui e i suoi uomini sapevano che non si poteva fare la guerra allo stato. Era conscio che se i neri avessero usato i coltelli gli altri avrebbero avuto i fucili, se i neri avessero usato i fucili gli altri avrebbero raggiunto un livello di violenza che avrebbe spazzato via qualsiasi resistenza della comunità afroamericana. A questo bisogna aggiungere che il movimento per i diritti civili aveva vissuto grazie ai finanziamenti della classe media bianca del Nord anti segregazionista. King temeva che davanti a dei neri armati contro la polizia il ceto medio si sarebbe schierato dietro gli uomini in divisa.

Le Black Panther i fondi li prendevano da altre parti. La maggior parte venivano dalla Cina, dal Vietnam (con cui gli USA erano in guerra), dai movimenti di sinistra in Europa. Con questa idea della violenza e della difesa il movimento si fece sempre più popolare. Il 50% dei neri dei ghetti erano disponibili ad armarsi e a combattere con le Black Panthers. L’idea della non violenza era passata di moda.

 

Un Martin Luther King fuori dal tempo.

È straordinario come il Reverendo in così poco tempo passò da essere il protagonista indiscusso del dibattito politico ad essere una figura minore. L’uomo che riempiva le piazze più importanti degli Stati Uniti in pochi anni trovava difficoltà a riempire le chiese dove parlava. Rimaneva un punto di riferimento per una certa parte della comunità afroamericana, ma ormai era conclamato che il tempo lo stava superando.

J. Edgar Hoover gli faceva il deserto intorno con l’arresto dei suoi uomini più fedeli con accuse infime, spesso legate al sesso e al buon costume. Lo stesso faceva con King stesso. Intanto la storia, con le vicende del Sud Est asiatico, lo condannava all’anonimato. Si era sempre trattenuto da condannare apertamente la guerra in Vietnam, per tenersi buono Lyndon Jhonson, ma adesso veniva colpito duramente dai morti, in maggior parte neri, che morivano nelle paludi del Vietnam.

I suoi discorsi cominciarono a modificarsi pochi mesi prima del suo omicidio. Incominciarono le condanne alla guerra in Vietnam, l’idea che bianchi e neri fossero fatti per vivere in pace scomparve e aumentarono gli appelli al Signore che avrebbe risolto tutto. Erano scomparsi i piani pratici per arrivare a risultati concreti, erano scomparse le promesse di un futuro migliore, che sembrava essere confinato solo al regno dei cieli.

 

Memphis 4 Aprile 1968

A Memphis il Reverendo King ci arrivò dopo che la città aveva vissuto settimane di duri scontri per strada. Fu chiamato per una marcia che portò a morti e feriti. Il giorno prima aveva tenuto un discorso in una chiesa evangelista, ma era sembrato un discorso preconfezionato in cui sembrava non credere neanche lui.

I suoi collaboratori diranno che sembrava veramente demotivato. I suoi due amici più stretti, Ralph Abernathy e Jesse Jackson, dissero però che in seguito la mattina del 4 Aprile si era svegliato molto positivo, aveva scherzato e aveva lavorato con tenacia fino a quelle maledette 18:01 quando venne colpito da vari colpi di fucile alla gola, mentre si affacciava dal balcone. Morì pochi minuti dopo.

La notizia della morte portò il panico. La comunità nera scese in strada e ci furono innumerevoli scontri in quasi 120 città. Stokely Carmichael, leader delle Black Panther, indicò l’omicidio come una dichiarazione di guerra al popolo nero. Per i suoi funerali King aveva chiesto solamente di esser ricordato come chi aveva cercato di dare da mangiare agli affamati, coprire coloro che non avevano i vestiti, essere chiaro e duro sulla questione della guerra in Vietnam e infine “amare e servire l’umanità”.

King ha lasciato comunque un’eredità grandiosa, per l’importanza che i provvedimenti da lui lanciati avranno in futuro e per la lezione che ha insegnato al popolo americano. I suoi assassini non sono mai stati trovati, ma possiamo sicuramente dire che i mandanti  immaginari dell’omicidio sono stati i cambiamenti del Paese.

L’idea di non violenza in una società così violenta come quella americana del ’68 non funzionava più. L’idea di dialogo in una società che così tanto si era assuefatta allo scontro, con il Vietnam e con le sommosse cittadine, non riceveva più lo stesso clamore. Martin Luther King portava avanti delle idee giuste, ma che non erano più adatte ad una società come quella degli anni 60. Il suo messaggio però è chiaramente fuori dal tempo, anche solo per il ruolo che ancora oggi gioca nei rapporti interni agli USA.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

https://www.independent.co.uk/news/long_reads/martin-luther-king-assassination-50-anniversary-civil-rights-movement-america-lgbt-a8287091.html

https://www.theguardian.com/us-news/live/2018/apr/04/martin-luther-king-events-to-be-held-across-us-to-remember-leader-live-updates

https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2018/02/martin-luther-king-jr-timeline/552548/

https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2018/02/martin-luther-king-jr-vietnam/552521/

1 Comment on "Ricorda 1968: la morte di Martin Luther King"

  1. Bravissimi ragazzi, continuate così. Questa rubrica è davvero interessante e la leggo ogni giorno con piacere. Se posso dare un consiglio di natura prettamente pratica: organizzerei meglio le varie sezioni, così da essere più facilmente consultabili e renderei ancora più immediata la funzione di ricerca di un articolo o di un argomento! Grande lavoro, un applauso a voi!

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