Ormai da quasi cinque anni la Seconda Guerra civile libica, iniziata nel maggio 2014, continua a mietere vite con scarsi risultati sul piano della stabilizzazione del Paese. Con due Governi contendenti e una vasta schiera di milizie semi-indipendenti pronte a cambiare schieramento a fronte di una più conveniente offerta, la risoluzione del conflitto pare ancora lontana.
L’attuale debolezza di Serraj e il rischio di perdere Tripoli
Come riportato negli ultimi giorni dalle principali testate internazionali, la “Settima Brigata”, milizia fedele al Generale Haftar, ha sferrato un primo attacco contro le forze del Governo di Serraj nelle zone di Abu Salim, periferia di Tripoli e sarebbe pronta a mettere in atto un’offensiva più consistente con l’intento di entrare in città. Le forze di Serraj, sono state incapaci, in questi mesi, di difendere le regioni occidentali del Paese e negli ultimi giorni addirittura di mantenere il controllo della capitale Tripoli.
L’inizio di nuove ostilità nelle vicinanze di Tripoli indicano un palese peggioramento della posizione di Serraj e un netto avanzamento delle truppe fedeli al Generale Haftar, ormai in controllo di gran parte del Paese. Un’eventuale caduta di Tripoli spalancherebbe le porte a una possibile presa del potere da parte del generale impegnato, oltre che contro le milizie di Serraj, anche a difendere i pozzi petroliferi tra Cirenaica e Tripolitana, costantemente sotto attacco da parte delle forze dell’Isis di base a Derna e Sirte.
Fonti vicine al Governo di Tobruk, riportano che Haftar sarebbe pronto a lanciare un’imponente offensiva contro i gruppi islamisti che minacciano gli introiti derivanti dal petrolio sui quali si basano i finanziamenti necessari a portare avanti la guerra, nella speranza di eliminarli definitivamente e di concentrarsi contro il Governo rivale.
La posizione del Generale Haftar e l’importanza del petrolio.
Negli ultimi mesi di conflitto, le forze fedeli ad Haftar sono riuscite ad occupare alcune regioni fondamentali per il controllo del Paese. Infatti, il Governo di Tobruk tiene sotto controllo la Cirenaica, la quasi totalità del Sud-est del Paese e gran parte della costa mediterranea. Forze lealiste ad Haftar sono presenti anche nell’estremo Ovest del Paese, da dove sono partite le ultime offensive alla città di Tripoli, principale roccaforte di Serraj e città vitale per le esportazioni di greggio dirette verso l’Europa (vista la presenza di oleodotti).
Proprio il petrolio continuerà a giocare un ruolo fondamentale nella guerra che deciderà le sorti della Libia. Haftar sa che senza il controllo dell’oro nero sarebbe impossibile mantenere la posizione di vantaggio raggiunta negli ultimi anni di combattimento: la fedeltà delle milizie (di fatto indipendenti) vacilla di fronte a offerte maggiori sulla ripartizione degli introiti provenienti dal greggio. Inoltre, in diverse aree del Paese, milizie teoricamente arruolate dalla stessa fazione arrivano spesso allo scontro armato nel contendersi pozzi, oleodotti e denaro.
Per questi motivi è di fondamentale importanza per Haftar, sferrare il colpo di grazia ai jihadisti del nord del Paese (anch’essi in possesso di pozzi petroliferi) e di conquistare Tripoli, città fondamentale per allargare le esportazioni di petrolio all’Europa e quindi rafforzare la propria posizione a livello internazionale come possibile futuro leader libico.
Le guerre parallele dei Tuareg e degli jihadisti
Una menzione particolare va fatta alla regione del Fezzan, nel Sud-Ovest del Paese, dove da anni va avanti una guerra parallela a quella che si svolge principalmente sulla costa del Mediterraneo. Infatti, nonostante entrambe le fazioni siano schierate con uno dei Governi che si contendono il controllo della Libia, quella tra Tuareg e Tebu va considerata una contesa indipendente, mossa da ragioni di ordine etnico e territoriale. Una volta caduto il regime del Raìs Gheddafi, entrambe le fazioni hanno rivendicato maggiori autonomie e una diversa redistribuzione di terre e ricchezze. Sia i Tuareg che i Tebu hanno chiesto appoggio alle fazioni principali del conflitto (i primi schierati con Serraj e i secondi con Haftar) garantendo fedeltà in cambio di denaro e armi per continuare il conflitto.
Allo stesso modo, nell’estremo Sud del Paese milizie indipendenti e gruppi jihadisti ricollegabili sia ad Al-Qaeda sia all’Isis si contendono aree principalmente desertiche ma di fondamentale importanza per la tratta di immigrati che da anni ormai aggiunge caos e morte alla guerra che sta dilaniando la Libia.
Riguardo questi conflitti finiti in secondo piano, l’UNSMIL ha dichiarato l’impossibilità di stimare i morti (le statistiche sono approssimative) e di definire le aree controllate dalle diverse milizie che facilmente cambiano schieramento. Ciò che è certo è che sia il Sud della Libia, considerata al momento una terra di nessuno, sia il Fezzan saranno destinati a diventare campi di battaglia principali una volta stabilito il vincitore della guerra tra Serraj e Haftar.
Le posizioni dell’Occidente e gli attriti tra Italia e Francia
Fin dalla caduta di Gheddafi, il conflitto libico è divenuto il campo di battaglia per lo scontro diplomatico che vede Italia e Francia contendersi la Libia e i ricavi del petrolio. Se di fatto al momento è l’Eni a possedere gran parte dei diritti sui maggiori pozzi del Paese, la Total, spinta dal Governo di Parigi, ha intenzione di aumentare il proprio peso economico in uno scenario in cui è stata relegata in secondo piano per diversi anni.
Alla luce di ciò risultano abbastanza chiare le motivazioni che hanno spinto Macron a sostenere Haftar (insieme ad Egitto e Russia) piuttosto che Serraj (sostenuto non solo dall’Italia ma anche da Ue, Regno Unito e Usa) in quello che sembra un ultimo tentativo di spodestare l’Italia dal controllo politico-economico di un ex colonia di fondamentale importanza.
Non è da escludere che i Paesi, comunque storici alleati, trovino un accordo in grado di rallentare anche le violenze nella Nazione africana: sfumata la possibilità tanto desiderata da Macron di andare alle urne a dicembre, è probabile che il destino della Libia venga deciso tra il meeting di Roma previsto per fine settembre e quello in Sicilia fissato per novembre, quando le maggiori potenze s’incontreranno per discutere il da farsi anche in chiave crisi migratoria.
Fonti e Approfondimenti
https://unsmil.unmissions.org/
https://unsmil.unmissions.org/srsg-salame-briefing-security-council-5-september-2018