Il 24 febbraio 2019 si svolgerà a Cuba il referendum costituzionale per approvare o rigettare definitivamente la nuova Costituzione. Il testo è stato redatto da una speciale commissione presieduta dall’ex presidente Raúl Castro e approvato all’unanimità dall’Assemblea nazionale del potere popolare, il parlamento cubano, il 22 luglio 2018. Dal 13 agosto al 15 novembre è stato sottoposto a una serie di consultazioni territoriali, un esercizio di partecipazione popolare diretta lodato dal neo-presidente Miguel Díaz-Canel come la dimostrazione della base genuinamente democratica della rivoluzione cubana.
La data scelta per il voto popolare non è casuale: il 24 febbraio è infatti la ricorrenza dell’approvazione del testo costituzionale vigente, avvenuta nel 1976, nonché della sollevazione guidata da José Martí nel 1895, prodromo della guerra ispano-americana nel 1898 che portò all’indipendenza dell’isola.
Il testo che i cubani si apprestano a votare si compone di una preambolo e 224 articoli, 87 in più rispetto all’attuale Costituzione così come modificata dalla riforma del 26 giugno 2002. Di quest’ultima si mantengono solo 11 disposizioni, 13 sono eliminate e 113 modificate.
Principi fondamentali
La Repubblica di Cuba rimane uno “Stato socialista” di diritto, democratico, indipendente e sovrano “fondato sul lavoro, la dignità e l’etica dei suoi cittadini” (art. 1). La sovranità popolare resta “intrasferibilmente” al popolo, che la esercita direttamente o tramite gli organi dello Stato vincolati dalla Costituzione.
Il Partito comunista cubano rimane “avanguardia organizzata della nazione e forza dirigente superiore della società e dello Stato” allo scopo di organizzare e orientare “gli sforzi comuni verso la costruzione del socialismo”. Viene ora definito partito “unico” e si aggiunge il carattere fidelista, democratico e basato sul vincolo permanente con il popolo (art. 5).
Per quanto riguarda le future modifiche costituzionali, permane il ruolo cardine dell’Assemblea nazionale del potere popolare, ma viene introdotta una lista di soggetti con potere d’iniziativa. Segnatamente, potranno proporre nuove riforme costituzionali: il Presidente della Repubblica, il Consiglio di Stato, il Consiglio dei ministri, almeno un terzo dei deputati dell’ANPP e i cittadini tramite una petizione sottoscritta da almea 50.000 elettori (art. 222).
Invariate le due disposizioni considerate immodificabili: l’irrevocabilità del socialismo e del sistema politico e sociale rivoluzionario di cui all’articolo 3 e il divieto di negoziare accordi sotto aggressione, minaccia o coercizione di una potenza straniera di cui all’articolo 12.
Economia e relazioni internazionali
In campo economico si realizza una delle principali novità proposte dalla riforma, ossia la costituzionalizzazione della proprietà privata, unita a un riconoscimento formale del ruolo del mercato.
Il sistema economico continua a basarsi sulla “proprietà socialista di tutto il popolo sui mezzi fondamentali di produzione”, definita la forma di proprietà principale (art. 20). Tra le altre forme di proprietà riconosciute (cooperativa, mista, personale, delle organizzazioni) dall’articolo 21 però, alla lettera f), troviamo la proprietà privata. Non viene detto molto se non che può essere esercitata solo su alcuni mezzi di produzione e “in conformità con quanto stabilito” per cui si rimanda alla legislazione ordinaria per stabilire limiti e condizioni.
Viene infine, sempre all’articolo 20, menzionato il mercato. Quest’ultimo è regolato dallo Stato, tramite la “direzione pianificata dell’economia” in funzione degli interessi della società. Nonostante questi ragionevoli limiti, il riconoscimento costituzionale del ruolo del mercato, unito a quello della proprietà privata, sono due novità di fondamentale importanza.
Diritti, doveri e garanzie
La prima grande novità in questo ambito è il riconoscimento formale, da parte dell’articolo 39, del rispetto dei diritti umani, il cui esercizio è definito “irrinunciabile, indivisibile e interdipendente”, senza alcuna discriminazione.
Tra i nuovi diritti riconosciuti, conformemente agli strumenti internazionali ratificati dalla Repubblica cubana, troviamo il diritto alla difesa e al giusto processo oltre che il diritto al risarcimento in caso di danno causato da un’azione od omissione di un organo statale nell’esercizio delle sue funzioni. Il diritto alla salute e all’istruzione rimangono nelle mani dello Stato e a carattere gratuito, ma è previsto che la legge ordinaria integri la disciplina.
Il principio di uguaglianza viene esteso e integrato con il divieto di discriminazione per genere, identità di genere, orientamento sessuale, origine etnica e disabilità. Purtroppo, il progetto di articolo 68 che modificava la definizione costituzionale di matrimonio, aprendo la strada al riconoscimento delle unioni LGBT+, è stato eliminato nella versione finale del testo. Il matrimonio rimarrà l’unione tra un uomo e una donna e non più, come si era pensato, tra due persone.
Un’interessante novità è prevista anche per quanto riguarda la cittadinanza. Scompare il divieto di doppia cittadinanza, per il quale in precedenza l’acquisizione di una cittadinanza straniera non era compatibile con quella cubana (ex articolo 32). L’articolo 35 ammorbidisce la posizione stabilendo che la cittadinanza cubana è la condizione essenziale all’interno del territorio nazionale, nel quale non è possibile utilizzare una cittadinanza straniera.
Sistema istituzionale
La riforma prevede delle modifiche sostanziali all’impalcatura istituzionale della Repubblica di Cuba.
A livello centrale/nazionale vengono introdotte la figura del presidente della Repubblica come capo di Stato e quella del primo ministro come capo del governo. Entrambe le cariche istituzionali sono designate a maggioranza assoluta dall’Assemblea nazionale, della quale devono essere membri e verso la quale sono responsabili. Per il presidente della Repubblica è stata rifiutata la proposta di elezione diretta iniziale, ma viene limitato il mandato (cinque anni, rinnovabile massimo una volta).
Le funzioni del capo di Stato sono quasi sovrapponibili a quelle previste in passato per il capo del Consiglio di Stato. Tra queste troviamo: vigilare sul rispetto della Costituzione e delle leggi nazionali; rappresentare lo Stato e dirigere la politica generale, la politica estera e le relazioni internazionali (compresa la politica di difesa e sicurezza nazionale); ratificare le leggi e i decreti legge approvati dall’ANPP o il Consiglio di Stato; dispiegare la Jefatura suprema delle forze armate e determinarne l’organizzazione generale; presiedere il consiglio di difesa nazionale e proporre all’ANPP o al CS di dichiarare guerra, decretare la mobilizzazione generale, lo stato di emergenza o la situazione di disastro in caso di necessità.
Tra le funzioni c’è anche quella di proporre all’Assemblea nazionale il primo ministro e i membri del Consiglio dei ministri. Il Consiglio dei ministri è il massimo organo esecutivo e amministrativo della Repubblica ed è composto dal primo ministro, i suoi vice, i ministri e il segretario. Il Consiglio dei ministri organizza e dirige l’esecuzione delle attività politiche, economiche, culturali, scientifiche, sociali e di difesa stabilite dall’Assemblea nazionale, propone obiettivi generali ed elabora piani annuali circa lo sviluppo socio-economico statale, dei quali, una volta approvati dall’AN, controlla l’esecuzione.
Il primo ministro è il capo dell’esecutivo e, tra le altre cose, convoca e dirige le sessioni del Consiglio dei ministri (alle quali partecipa di diritto il presidente della Repubblica) e del relativo comitato esecutivo, controlla lo svolgimento dell’attività amministrativa centrale dello Stato e delle amministrazioni locali.
Il Consiglio di Stato rimane l’organo di rappresentanza permanente dell’Assemblea nazionale, e vengono incorporate la figura di presidente, vicepresidente e segretario in una sola persona (che presiede anche l’AN). Permangono svariate funzioni tra le quali quella di interpretazione del diritto vigente, l’emanazione di decreti legge, l’analisi dei progetti di legge sottoposti all’Assemblea nazionale e la possibilità di sospendere qualsiasi atto considerato incostituzionale.
Sono eliminate le assemblee provinciali del potere popolare, sostituite da una classica struttura esecutivo-legislativo composta dal Governatore e dal Consiglio provinciale. Viene finalmente riconosciuta autonomia ai municipi, governati da un’amministrazione municipale con a capo un Intendente (che va a sostituire il presidente e jefe attuali).
Considerazioni finali
Come specificato nella presentazione ufficiale della proposta, il progetto di riforma è “il risultato di un profondo lavoro iniziato nel 2013”. L’iter che si conclude con il referendum di domani è infatti il culmine di un lungo cammino di riforma iniziato in parte già negli anni ’90, ma soprattutto dal 2008. Il passaggio di consegne tra Fidel e Raúl, la morte del primo e l’annuncio di rinunciare al mandato da parte del secondo nel 2013 hanno modificato radicalmente le prospettive politiche e sociali della Repubblica cubana.
Dallo scorso anno la presidenza del Consiglio di Stato è affidata a Miguel Díaz-Canel, il primo capo di Stato non appartenente alla famiglia Castro. Nonostante ciò, lo stesso Díaz-Canel non ha mai rinnegato la cultura socialista e rivoluzionaria dell’isola e la riforma costituzionale ne è un esempio. Le varie novità, istituzionali ed economiche, sono il naturale “adattamento” ai cambiamenti occorsi nella realtà cubana, ma non ci sono segni di radicale rottura rispetto al passato.
Tutto questo si inquadra in un contesto di alta instabilità della regione unita alla storica rivalità tra USA e l’isola caraibica. L’OSA ha voluto esaminare la proposta e il rappresentante del segretario generale Luis Almagro ha criticato il referendum come un “tentativo di mascherare un regime dittatoriale agli occhi della comunità internazionale”. Dopo il “disgelo” con Washington, a opera di Obama, i rapporti sono nuovamente molto tesi e la crisi del Venezuela, storico alleato cubano, non fa che acuire la situazione.
In sostanza, Cuba continua nel suo cammino di istituzionalizzazione della rivoluzione, senza abbandonare i suoi ideali, ma cercando di adattarli al tempo che passa e le nuove esigenze che questo comporta. Sulla correttezza e l’adeguatezza di tale approccio forse solo la storia potrà pronunciarsi.
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