Alla fine, Trudeau ce l’ha fatta. Al termine di una campagna elettorale in cui le proposte sono spesso passate in secondo piano, a discapito di colpi sferrati direttamente all’immagine pubblica dei due principali contenders (lo stesso Trudeau e Scheer, leader dei conservatori), il Partito Liberale riesce a ottenere la maggioranza dei seggi. Una maggioranza che, tuttavia, non garantisce l’autonomia liberale nella Camera dei Comuni, in quanto consiste in 157 seggi sui 338 totali.
All’appello mancano pertanto 13 seggi, ma – viste le premesse – il figlio di Pierre tira, tutto sommato, un sospiro di sollievo. Nelle scorse settimane, infatti, i sondaggi prevedevano una battaglia fino all’ultimo voto con il Partito Conservatore di Andrew Scheer, il quale è stato in testa per buona parte della campagna. Nel voto di due giorni fa, il grande consenso popolare verso i conservatori è stato confermato, ma la percentuale alta più alta (34.4%) non si è tradotta in un numero maggiore di seggi, a causa dei meccanismi del sistema elettorale canadese.
Vittoria di Trudeau o sconfitta di Scheer?
Se per Trudeau i canadesi hanno saputo respingere “le divisioni e la negatività”, secondo Jen Gerson del New York Times, le cose non stanno proprio così. Il voto, più che simboleggiare una vittoria delle politiche di Trudeau, indicherebbe il fallimento degli altri candidati, apparsi non all’altezza delle pretese del popolo canadese.
Infatti, i cittadini canadesi, nonostante la serie di scandali di cui si è reso protagonista il primo ministro, avrebbero deciso di rinnovargli la fiducia seguendo la logica del “male minore”. La critica della giornalista canadese è impietosa. Ad ogni modo, se è vero che l’immagine di Trudeau come leader progressista è stata fortemente messa in discussione nel corso degli ultimi mesi, ci si sarebbe dovuti attendere teoricamente una crescita di consensi a sinistra dello spettro politico. Al contrario, laddove i liberali hanno subìto delle perdite significative, sono stati i conservatori a vedere crescere i propri consensi: questo potrebbe risultare un buon argomento a favore della tesi di Gerson.
In ogni caso, i liberali sono riusciti a tenere lontani i conservatori nei due territori di punta della mappa elettorale, che rappresentano da soli più della maggioranza dei seggi a disposizione: l’Ontario e il Québec. In Ontario, il partito di Trudeau ha vinto in 79 circoscrizioni sulle 121 totali, perdendo solamente un seggio rispetto a quattro anni fa, mentre i conservatori hanno guadagnato tre seggi, passando da 33 a 36.
Nella scelta di voto in Ontario, potrebbe avere giocato un ruolo indiretto il premier conservatore Doug Ford, il cui consenso presso gli elettori sarebbe sceso nell’ultimo periodo a livelli molto bassi, a causa soprattutto di alcune sue decisioni in politica fiscale. Questo spiegherebbe perché, se da una parte il contesto regionale è stato richiamato spesso dagli esponenti liberali, dall’altra la figura del premier è stata completamente evitata da Scheer.
La sorpresa del voto: il BQ
In Québec, invece, si registra il risultato di voto più significativo. Nell’ex colonia francese, i liberali hanno perso sei seggi, ma i cambiamenti maggiori riguardano il Nuovo Partito Democratico e il Blocco del Québec, la formazione che orienta la propria azione alla causa indipendentista della provincia e che è guidata da Yves-François Blanchet. Il partito di Blanchet ha triplicato i seggi (32) che aveva ottenuto in occasione delle ultime elezioni politiche (10).
È un grande successo per il suo leader, salito al vertice del partito nel gennaio di quest’anno: il BQ non veniva riconosciuto come partito ufficiale del parlamento dal 2011, anno in cui perse la maggioranza relativa nel proprio territorio e venne relegato a una posizione marginale. Sul risultato avrebbe pesato la mobilitazione del BQ attorno al tema identitario, in particolare del supporto alla “legge 21”, che proibisce ai dipendenti pubblici di indossare simboli religiosi. Blanchet si è detto (giustamente) soddisfatto del risultato, e desideroso di portare avanti gli interessi della sua terra d’origine da una posizione nuovamente di rilievo a Ottawa.
Le prospettive di governo
Il passo in avanti del BQ è avvenuto quasi esclusivamente ai danni del NDP di Jagmeet Singh, che in Québec ha ottenuto un solo seggio, perdendone 14. Se nelle ultime settimane sembrava avere fatto discreti progressi – anche grazie alle performance nei dibattiti con i leader degli altri partiti – la proposta del candidato democratico non è riuscita a convincere fino in fondo gli elettori.
In totale, il NDP è riuscito a ottenere 24 seggi, un risultato che – vista la disastrosa situazione del partito quando il giovane politico sikh ne ha preso le redini – sembrerebbe non compromettere la sua leadership per il momento. D’altronde, il partito sembra attraversare una fase di transizione, visto che il suo leader sta cercando di impostare una piattaforma ancora più a sinistra rispetto alla tradizione socialdemocratica del NDP. In questo percorso, saranno decisive le prossima mosse di Singh, che si trova nella posizione ideale per spingere l’agenda di governo su temi come housing e pharmacare, grazie alla situazione delineatasi in parlamento,
Infatti, il gioco di Singh si fa interessante proprio ora. Per governare, il partito liberale non potrà bastare a sé stesso. E in uno scenario come quello canadese, una volta che un partito (come quello conservatore) decide si occupare lo spazio dell’opposizione, alla minoranza non rimangono tante alternative. I democratici lo sanno, per cui sperano di entrare quanto prima nel raggio visivo dei liberali: d’altronde, i governi di minoranza del passato sono riusciti a produrre piani di impronta sociale e, in generale, si sono caratterizzati per delle politiche più progressiste.
Per quanto riguarda Trudeau, un’agenda maggiormente concentrata sulla sanità e, soprattutto, sull’ambientalismo e la lotta al riscaldamento globale aiuterebbe il giovane leader a recuperare l’immagine con cui si era imposto all’attenzione dell’opinione pubblica e a guadagnare il consenso di chi ora vede i liberali come il “partito degli oleodotti”. D’altro canto, il settore energetico è centrale nell’economia canadese, e i territori in cui il partito liberale ottiene meno voti sono quelli delle province produttrici di petrolio. La scelta cui è chiamato Trudeau è, a tutti gli effetti, una scelta di campo.
Scheer e l’opposizione
Se le prospettive per formare una maggioranza sembrano abbastanza chiare, dall’altra parte vige una grande incertezza sul ruolo di Andrew Scheer. Il candidato conservatore è riuscito a strappare una bella quantità di voti a Trudeau, ma non è riuscito a penetrare nei territori chiave. Infatti, la strategia di presentare l’elezione come un referendum sulla figura di Trudeau ha pagato nelle zone occidentali, in cui è presente una maggiore insoddisfazione a causa delle scelte energetiche del primo ministro; tuttavia, non ha trovato sostegno nelle zone centrali e orientali, più popolose, in cui i cambiamenti hanno riguardato il NDP e il BQ.
È possibile, inoltre, che gli elettori abbiano rilevato alcune incongruenze tra la campagna dura, senza esclusione di colpi, portata avanti da Scheer, e la sua immagine di semplice padre di famiglia, costruita in antitesi rispetto a quella di Trudeau. Tra l’altro, se il partito conservatore è sempre stato piuttosto moderato nelle posizioni, diverse affermazioni di Scheer, tanto sul tema dei diritti civili quanto su quello dei flussi migratori, potrebbero aver pregiudicato l’avvicinamento degli elettori liberali disillusi ai conservatori.
Anche per il partito conservatore, di conseguenza, si pone il problema della ridefinizione dei confini. Per ora, Scheer non ha annunciato le dimissioni, ma i vertici del partito si stanno comunque interrogando su chi guiderà l’opposizione al prossimo governo.
Fonti e approfondimenti
Fife R., Walsh M., Federal election 2019: Liberals win strong minority but lose popular vote to Conservatives , The Globe and Mail, 22.10.19
Gerson J., Justin Trudeau’s Anemic Victory , New York Times, 22.10.19
MacCharles T., Liberals win a minority government , Toronto Star, 22.10.19
Tanner A., Jagmeet Singh is dancing like he won the election. There’s a reason for that. , Macleans, 22.10.19