Le capitali dell’energia: Dushanbe in Tagikistan

L’Asia centrale possiede da tempo grandi volumi di petrolio e gas naturale. Abbiamo già parlato del Kazakistan e delle sue risorse energetiche. Passeremo ora a trattare di un suo vicino, il Tagikistan. Senza alcuno sbocco sul mare, il Paese si ritrova a possedere il più grande bacino idrico della regione. Andiamo ad approfondirne le conseguenze politiche ed economiche.

Il Tagikistan era la repubblica più povera dell’URSS. Ha una popolazione in rapido aumento, stimata in circa 8 milioni di persone. Il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991 ha prodotto una crisi politica ed economica. Il Tagikistan ha attraversato cinque anni di guerra civile tra 1992 e 1997; confina a sud con l’Afghanistan, ad ovest con la Cina, a nord-ovest con l’Uzbekistan e il Turkmenistan. Il Paese si trova dunque in un’importante posizione strategica, sia per i flussi commerciali che per la sicurezza della regione. La posizione geografica del Paese, i confini porosi e il robusto traffico di droga hanno contribuito alle preoccupazioni circa il traffico di armi di distruzione di massa

La capitale Dushanbe

Il Tagikistan ha subito numerosi cambiamenti durante gli anni della dominazione sovietica. Storicamente un piccolo villaggio, Dushanbe è diventata capitale della Repubblica socialista sovietica autonoma tagika nel 1924. Successivamente, la capitale fu ribattezzata con il nome Stalinabad in onore di Joseph Stalin. I sovietici trasformarono l’area in un centro per la produzione di cotone e seta e decine di migliaia di persone si trasferirono in città. La popolazione aumentò anche per la migrazione prodotta in seguito al trasferimento di Bukhara e Samarcanda (tagike) alla Repubblica Sovietica uzbeka come parte della delimitazione nazionale dell’Asia centrale. Il 10 novembre 1961, come parte della de-stalinizzazione, Stalinabad è stata rinominata nuovamente Dushanbe, il nome che conserva ancora oggi.

Indipendenza economica e sicurezza

Il Paese, con circa 8.7 milioni di abitanti, possiede il poco invidiabile primato di economia più fragile della regione. Con un PIL attorno ai 6,952 miliardi di dollari e un tasso di povertà stimato dalla Banca Mondiale (2016) al 30,3%, il Tagikistan vive una drammatica sovraesposizione agli andamenti delle economie limitrofe a causa del flusso di suoi cittadini. Circa 1 milione di tagiki sono emigrati per cercare impiego nell’area dell’ex Unione Sovietica. Il Tagikistan rimane l’economia più dipendente dalle rimesse nel mondo, gli aiuti internazionali insieme alle somme inviate in patria dai tagiki migranti che lavorano all’estero. La quantità di denaro trasferito dalla Russia al Tagikistan è stato di 1,28 miliardi di dollari nel 2015, secondo la Banca di Russia.

Fino a ora, il governo ha continuato a concentrare la sua strategia di sviluppo economico su grandi progetti infrastrutturali nei settori dell’energia idroelettrica, della costruzione delle strade e sul gasdotto tra il Tagikistan e la Cina. L’alluminio e il cotone sono rimasti le principali esportazioni. L’ambiente imprenditoriale ha continuato a essere dominato dalle aziende di servizi pubblici e dalle imprese di proprietà dei soci del regime. Il governo ha finora resistito alle insistenti proposte russe di unirsi al vicino Kirghizistan nell’Unione economica eurasiatica.

Negli ultimi anni i problemi di sicurezza sono stati di origine interna, nonostante il tentativo del governo di presentarli come di origine esterna. Questo in considerazione del fatto che un numero incerto di tagiki ha aderito al gruppo dello Stato islamico (IS). La situazione della sicurezza in Afghanistan ha avuto scarso impatto sulla stabilità del Tagikistan, anche se naturalmente contribuisce al suo deperimento.

Il settore energetico

Il settore energetico del Tagikistan è il più dinamico e ad alta intensità di investimenti nell’economia locale. Il governo del Tagikistan ha individuato l’indipendenza energetica come massima priorità politica ed economica del Paese. Sta attivamente sviluppando la sua capacità di riscaldamento a carbone con prestiti cinesi. Il Tagikistan continua poi a essere il pioniere del progetto CASA-1000 nella regione. Tale progetto energetico è orientato a collegare Asia centrale e Asia meridionale, esportando l’energia tagika nel Pakistan e Afghanistan.

Il Tagikistan non possiede sufficienti quantità di gas e petrolio per garantirsi autosufficienza ed export. Il Paese però può contare su una preziosa risorsa naturale: l’acqua. I due principali fiumi, l’Amu Darya e il Syr Darya, alimentano diverse centrali idroelettriche, la cui produzione soddisfa circa il 95% dei consumi interni – il resto dell’energia viene importata dal vicino Uzbekistan. Il Tagikistan, grazie alla sua posizione geografica, controlla di fatto il flusso di acqua che prosegue negli altri Paesi della regione. A causa della distribuzione ineguale delle risorse,  Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan sono strettamente legati l’uno all’altro – il gas uzbeko viene spedito verso i suoi vicini orientali, che in cambio gli garantiscono libero accesso alle risorse idriche. 

Le risorse idroelettriche

La maggior parte del sistema di generazione e distribuzione dell’energia in Tagikistan risale agli anni ’60 e ’70. Nonostante questo, in termini di risorse idroelettriche potenziali, il Tagikistan è all’ottavo posto nel mondo dopo Cina, Russia, Stati Uniti, Brasile, Zaire, India e Canada.

Negli ultimi anni il Paese ospita la diga Nurek, una delle più alte del mondo. Un’altra opera attualmente in corso di costruzione è Sangtuda-1, costruita insieme alla Russia. Inoltre, la Cina e l’India stanno partecipando alla costruzione di Sangduta-2 e Zerafshan

A queste si aggiunge l’ambizioso progetto della diga di Rogun. La diga è stata realizzata da una compagnia italiana per il valore di circa 3.9 miliardi di dollari, e verrà completata solo nel 2023. II progetto risale agli anni ’60. E’ stato realizzato con il doppio obiettivo di utilizzare le acque del fiume Vakhsh per irrigare i terreni a valle e generare circa 3.600 MW di energia. Il fiume su cui la diga si staglia è un affluente del corso corso d’acqua principale di tutta l’Asia Centrale e risorsa essenziale per le coltivazioni uzbeke

Il progetto della diga di Rogun ha quindi assunto diversi significati di rilievo per il Tajikistan. Attualmente, oltre il 95% della capacità elettrica a disposizione del Paese è già generato dal settore idroelettrico e la realizzazione della diga di Rogun potrebbe significare una svolta decisiva verso l’indipendenza energetica dal vicino Uzbekistan.

Altre risorse

Per il sostentamento dei bisogni fondamentali, il Paese dipende soprattutto dagli aiuti esterni che arrivano dalla Russia e dall’Uzbekistan. Tuttavia il suo territorio è ricco di risorse minerarie come l’argento, l’antimonio e l’oro, e sono presenti anche altri metalli commerciabili come zinco, mercurio, fluorite e stronzio, sebbene il materiale maggiormente esportato sia l’alluminio.

Durante l’epoca sovietica, grandi quantità di uranio venivano estratte in Tagikistan. Dal 1992 i lavori di estrazione sono stati interrotti e, per legge, le dimensioni delle sue riserve sono considerate un segreto di Stato. Alcune ricerche hanno ipotizzato che il Tagikistan possieda il 13% dei giacimenti mondiali di uranio. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) tuttavia, in Tagikistan esistono solo due giacimenti di uranio impoverito. Nel 2008, il governo tagiko ha modificato la legislazione riguardo alla partecipazione delle società straniere all’industria statale dell’uranio. Da allora, le società cinesi e iraniane hanno avanzato la loro proposta di collaborazione. Nel 2014 il governo tagiko ha approvato un progetto di memorandum d’intesa sulle future collaborazioni con la società francese Areva Mines,  per esplorare la presenza di uranio e altri giacimenti di metalli rari.

Il petrolio

Gli esperti stimano che, oltre a 113 milioni di tonnellate di petrolio, nelle profondità del Tagikistan si trovano 863 miliardi di metri cubi di gas. Nel Sud-Ovest della Repubblica sono concentrate oltre l’80% di tutte le risorse di petrolio e gas, il restante 19% sono nel Nord.

Il Tagikistan ha 25 giacimenti di petrolio, condensati e gas. A oggi, il bilancio statale delle riserve petrolifere comprende 20 giacimenti, di cui 12 all’interno del bacino di Fergana e 8 all’interno del bacino tagico-afghano. In generale il Tagikistan ha notevoli risorse di idrocarburi, di cui circa l’1% è convertito in categorie industriali.

Il volume di produzione di prodotti petroliferi in Tagikistan è insignificante rispetto alle importazioni dall’estero. La Russia rimane il principale fornitore di prodotti petroliferi. Il Tagikistan ne importa poi dal Turkmenistan, Kazakistan e altri Paesi. Attualmente, la domanda di carburanti e lubrificanti della Repubblica è quasi completamente soddisfatta dall’importazione di questi prodotti dall’estero, il che comporta un aumento regolare dei prezzi dei carburanti. L’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi e del gas liquefatto sta diventando una delle cause principali dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari sul mercato interno, che si riflette nel bilancio familiare della maggior parte della popolazione.

Il carbone

Le enormi riserve di carbone in Tagikistan sono una buona occasione per aumentare il volume delle sue attività di estrazione e lavorazione, al fine di migliorare la produzione di combustibili, materiali chimici e tecnologici su scala industriale. In tal caso l’uso razionale del carbone potrebbe promuovere lo sviluppo dell’industria chimica e della metallurgia nel Paese. Secondo gli ultimi dati geologici ci sono 40 depositi e manifestazioni di carbone in Tagikistan, che rappresentano tutte le varietà di questo tipo di combustibile solido fossile: dalla lignite al carbon fossile, compreso il carbone da coke e l’antracite. Le riserve totali di questi depositi ed eventi superano i 4,3 miliardi di tonnellate.

Conclusioni

Fra i Paesi “stan” dell’Asia centrale, il Tagikistan risulta fino a ora quello energeticamente più fragile. Costretto a importare la maggior parte delle risorse energetiche per il sostentamento del fabbisogno del Paese, cerca anche di sfruttare i propri giacimenti. La risorsa più importante che gli rimane come leva geopolitica con i Paesi limitrofi continua a essere l’energia idroelettrica. Di fatto, il Tagikistan ora si ritrova a essere il più grande “rubinetto” dell’area dell’Asia Centrale.

 

Fonti e approfondimenti 

Report on Classification of Energy and Mineral Resources and its Management in the Republic of Tajikistan Mr. Rahmonbek Bakhtdavlatov April, 2019

Bertelsmann Stiftung, BTI 2018 Country Report — Tajikistan. Gütersloh: Bertelsmann Stiftung, 2018.

Azernews, “Tajikistan produces 3,700 tons of oil since beginning of year” ultimo accesso 17 november 2019  

Francesco Sassi, ISPI 08/04/2018, “Il disgelo tra Uzbekistan e Tajikistan passa per la diga di Rogun”, ultimo accesso il 17 novembre 2019

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