COVID-19: le misure dell’Unione europea

Da circa un mese a questa parte, la comunità internazionale sta fronteggiando la preoccupante diffusione del nuovo coronavirus. L’epicentro dell’epidemia rimane tuttora la Cina, sebbene vengano segnalati di giorno in giorno nuovi casi di contagio anche in altri Paesi. Per rispondere all’emergenza globale e alle necessità dei cittadini europei che si trovano nell’area a maggior rischio, l’Unione europea ha attivato una serie di misure.

La dichiarazione del COVID-19 come emergenza globale

La situazione sanitaria è degenerata in poche settimane nella Repubblica Popolare Cinese. Il 31 dicembre 2019, infatti, un nucleo di casi contagiati è stato scoperto a Wuhan, nella Provincia di Hubei, ma solamente il 9 gennaio la Cina ha dichiarato che l’agente causa dell’epidemia è un nuovo coronavirus. 

Secondo la definizione riportata sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il termine coronavirus indica una famiglia di virus trovati sia negli animali sia negli esseri umani. L’attuale virus, denominato COVID-19 (coronavirus disease 2019), può causare difficoltà respiratorie e polmonite e in alcuni casi può essere letale. Della stessa famiglia fanno parte anche i virus responsabili della SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), un’altra malattia che si è diffusa in Cina alla fine del 2002, e della MERS (Middle Eastern Respiratory Syndrome). L’OMS ha sottolineato, però, che si tratta di virus distinti.

Il 30 gennaio 2020 l’OMS ha dichiarato la diffusione del nuovo coronavirus un’emergenza di salute pubblica di interesse globale, autorizzando in questo modo una serie di misure di contenimento e prevenzione adottate dai Paesi in tutto il mondo e anche dall’Unione europea, che tuttavia aveva già iniziato a occuparsi della situazione.

La salute pubblica nel panorama normativo europeo 

Per quanto riguarda la materia della salute pubblica è necessario partire dalla distribuzione delle competenze attribuite dai Trattati all’UE e/o agli Stati membri. L’art. 4 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), elencando le materie nelle quali l’UE ha competenza concorrente con gli Stati membri, alla lettera k indica i “problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel presente trattato”. Nell’art. 6 TFUE, però, “la tutela e il miglioramento della salute umana“, nonché “la protezione civile“, vengono indicate tra i settori nei quali “l’Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri“.

L’art 168 TFUE è dedicato in maniera specifica alla sanità pubblica e sottolinea che “l’azione dell’Unione, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l’informazione e l’educazione in materia sanitaria, nonché la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero“.

Alle disposizioni citate si aggiunge l’art. 35 della Carta dei diritti fondamentali che si occupa della protezione della salute e recita “ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche e attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana”.

Le misure adottate dall’Unione 

Il Commissario europeo responsabile per la salute e la sicurezza alimentare, la cipriota Stella Kyriakides, sottolineando come i virus non conoscano confini, ha ribadito la necessità di un coordinamento a livello europeo e internazionale per far fronte alla situazione critica in corso. Al suo fianco si aggiunge il lavoro del Commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarčič.

Le loro dichiarazioni e azioni si basano sui dati e le ricerche fornite dall’ ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control), l’agenzia europea competente in materia, che sta monitorando la situazione.

Il 17 febbraio si contavano 47 casi di contagio nell’area UE-EEA-UK. Lo stesso giorno si riuniva a Bruxelles il Consiglio nella formazione EPSCO, che si occupa di occupazione, politica sociale, salute e consumatori. Hanno, infatti, partecipato alla riunione i ministri della Salute degli Stati membri per collaborare sulle azioni da intraprendere, sebbene,  come sottolineato dal Commissario Stella Kyriakides, ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie che ritiene più opportune.

In parallelo, la Commissione europea ha ritenuto urgente e fondamentale mettere a disposizione contribuiti per le ricerche scientifiche sul nuovo coronavirus. Ha, quindi, stanziato 10 milioni di euro del Programma per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020 per  progetti da presentare entro il 12 febbraio.

Nel mentre, per facilitare lo scambio di informazioni, sono stati attivati i dispositivi integrati dell’UE per la risposta politica alle crisi (IPCR), che favoriscono un processo decisionale rapido e coordinato a livello politico dell’UE in caso di crisi gravi e complesse, decisi il 25 giugno 2013 dal Consiglio dell’Unione europea.

Infine, il 28 gennaio 2020 è stato attivato il meccanismo di protezione civile dell’UE per rimpatriare cittadini europei facendo seguito a una richiesta avanzata dalla Francia di fornire maggiore assistenza consolare ai cittadini dell’UE presenti in Cina. 

Il meccanismo di protezione civile

Con l’adozione del Trattato di Lisbona, la base giuridica per l’azione dell’UE in materia di protezione civile è disciplinata dall’art. 196 del TFUE, dove è indicato che “l’Unione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri al fine di rafforzare l’efficacia dei sistemi di prevenzione e di protezione dalle calamità naturali o provocate dall’uomo”.

Tuttavia, già precedentemente nel 2001, venne istituito il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea con lo scopo di rafforzare la cooperazione tra Stati parte nella prevenzione e nella risposta in caso di disastri, riformato nel 2013 per incidere maggiormente sulla prevenzione delle catastrofi e la preparazione alle stesse. Ne fanno ad oggi parte tutti gli Stati membri dell’UE ai quali si aggiungono l’Islanda, la Norvegia, la Serbia, la Macedonia del Nord, il Montenegro e la Turchia. 

Il ruolo centrale di coordinamento delle azioni di risposta viene attribuito alla Commissione europea che contribuisce per almeno il 75% ai costi operativi e di trasporto. 

La richiesta di attivazione deve partire da uno Stato, qualora la portata dell’emergenza superi le capacità di risposta a sua disposizione. A rispondere è l’Emergency Response Coordination Centre (ERCC), che si occupa del monitoraggio degli eventi a livello globale e che può fornire rapida assistenza, essendo direttamente collegato alle autorità di protezione civile nazionali. Una volta attivato tale meccanismo, l’assistenza è offerta su base volontaria dagli Stati membri e gli altri Stati che ne fanno parte.

Data l’importanza del meccanismo, esso è stato rafforzato nel marzo 2019 diventando rescEU con l’obiettivo da un lato di migliorare la protezione dei cittadini dai disastri, dall’altro la gestione dei rischi emergenti. RescEU ha a disposizione una nuova riserva di capacità (“la riserva rescEU”) come ad esempio canadair ed elicotteri.

Inoltre, è stato creato lo European Civil Protection Pool con l’obiettivo di avere a disposizione delle risorse e strumenti immediatamente pronti per rispondere collettivamente alle situazioni di crisi.

Dall’anno della sua istituzione il meccanismo è stato attivato più di 330 volte non solo nell’area europea, ma anche fuori dal continente. Gli eventi più recenti per i quali è stato necessario ricorrervi sono stati il ciclone tropicale Idai in Mozambico, il terremoto in Albania (entrambi nel 2019) e gli incendi boschivi che si sono verificati in Svezia nel 2018, in Bolivia nel 2019 e in Grecia nel 2019.

Conclusioni

Attivato, quindi, per l’attuale crisi globale dovuta alla diffusione del COVID-19, il meccanismo di protezione civile dell’UE ha svolto la sua funzione di supporto e coordinamento tra Paesi membri, in una situazione di pericolo per la salute pubblica ritenuta molto grave. Questa collaborazione ha permesso, ad oggi, a 653 persone di rientrare da Wuhan attraverso quattro voli cofinanziati dall’UE, dei quali due organizzati dalla Francia, uno dalla Germania, e uno dal Regno Unito, che si sono mobilitati per il rientro dei diversi cittadini europei,  non necessariamente aventi la loro nazionalità.

Il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea esprime infatti la necessità della solidarietà tra gli Stati membri in queste situazioni di emergenza. Tuttavia, occorre sottolineare che si tratta di fornire e mettere a disposizione le risorse di protezione civile nazionale, senza però perdere l’autorità di controllo su di esse.

 

Fonti e approfondimenti

Bestagno, F., La tutela della salute tra competenze dell’Unione europeae degli Stati membri, Studi sull’integrazione europea, 2017 (2), pp. 317-342;

Council of the European Union, The EU integrated political crisis response – IPCR- arrangements, 2016;

ECDC, Outbreak of severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2): increased transmission beyond China – fourth update, 14 February 2020;

European Commission, Coronavirus: EU Civil Protection Mechanism activated for the repatriation of EU citizens, 28 January 2020;

European Commission,  European Commission research actions on Coronavirus, 4 February 2020;

European Parliament and The Council, Decision No 1313/2013/EU Of the European Parliament and The Council of 17 December 2013 on a Union Civil Protection Mechanism,  17 December 2013;

European Parliament and of the Council, Decision No 1082/2013/EU of the European Parliament and of the Council of 22 October 2013 on serious cross-border threats to health and repealing Decision No 2119/98/EC Text with EEA relevance, 22 October 2013;

WHO, Coronavirus disease (COVID-19)- outbreak;

WHO, Coronavirus disease 2019 (COVID-19) – Situation Report 28, 17 February 2020.

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