Dalla terra al mercato: il commercio del cacao in Costa d’Avorio

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il secondo capitolo del nostro viaggio alla scoperta delle principali commodities africane ci porta oggi in Costa d’Avorio, dove viene coltivato il cacao. Prodotto di origine latino-americana introdotto nel Paese durante la colonizzazione, è oggi il cardine dell’economia ivoriana. Il profitto tratto dalla sua esportazione rappresenta il 10% del PIL e il valore è in costante crescita, contribuendo a rendere la Costa d’Avorio il terzo Paese africano per tasso di crescita annuo del PIL.

In questo articolo esploreremo le dimensioni del commercio del cacao, il suo impatto sull’economia ivoriana e le conseguenze socioeconomiche e ambientali della produzione e del commercio di questa fondamentale commodity.

I dati del commercio

Come anticipato, la coltivazione del cacao è stata introdotta in Costa d’Avorio nel 1888, durante la colonizzazione. Fin da subito il Paese ne è diventato uno dei maggiori fornitori mondiali. Oggi, infatti, si pone in testa alla classifica globale producendo più del 38% dei baccelli commerciati nel mondo, una quantità di poco inferiore al milione e mezzo di tonnellate annue.

Invece, in relazione alle esportazioni complessive del Paese, nel 2018 il cacao rappresentava poco meno del 29%, per un valore superiore a 3,50 miliardi di dollari. Infine, il peso della commodity sulle esportazioni del settore agricolo è consistente e supera il 65%.

L’Olanda (più del 25%) e gli Stati Uniti (15,9%) sono le principali destinazioni della produzione ivoriana, seguiti da Germania (8,9%) e Belgio e Lussemburgo (poco meno dell’8%).

I principali competitors della Costa d’Avorio nella produzione di cacao, invece, si collocano nella stessa area geografica. Il secondo produttore a livello mondiale è il Ghana, seguito da Nigeria e Camerun. Sono in crescita la produzione ecuadoriana in America Latina e quella malese in Asia, nonostante insieme non riescano ancora a raggiungere il 10% della produzione mondiale.

 

Dove viene prodotto il cacao ivoriano?

In passato, la produzione di cacao riguardava principalmente le regioni orientali e centrali del Paese, appartenenti alla cosiddetta cocoa belt, che tra le altre includeva anche le principali aree di produzione ghanesi, camerunesi e nigeriane.

Il cambiamento climatico e la degradazione del suolo, però, hanno spinto alla diffusione della produzione anche nella parte occidentale. Un processo accompagnato da ingenti flussi migratori sia interni, causati dalla riorganizzazione della produzione, che esterni, dovuti alle opportunità lavorative offerte dal settore.

Ad oggi, infatti, la Costa d’Avorio è il secondo Paese africano per numero di migranti e ciò frequentemente sfocia in tensioni socioeconomiche. Un esempio furono gli eventi di inizio anni 2000, quando scoppiò la guerra civile. Un conflitto che vide contrapporsi coloro che, secondo lo slogan dell’ivorité, si consideravano autoctoni e coloro che, invece, essendo figli di migranti, erano considerati stranieri e non legittimati a possedere terre e lavorare liberamente nel Paese.

Nonostante le tensioni latenti, l’area centro-occidentale produce circa il 36% del cacao nazionale e la produzione è in rapida ascesa. D’altro canto, la produzione delle aree meridionali e centro-orientali è in declino

 

Il processo di produzione del cacao

La maggior parte della produzione è basata sulla piccola agricoltura familiare. In media, ciascuna famiglia coltiva tra l’uno e i tre ettari di terra. Ad oggi, in tutto il Paese si contano circa 600.000 fattorie che coinvolgono 6 milioni di lavoratori.

Il ciclo di coltivazione va da ottobre a settembre con diverse fasi di produzione e raccolto. Il raccolto principale avviene tra ottobre e marzo, seguito poi da un raccolto di medie dimensioni, tra aprile e giugno. La stagione produttiva si conclude con un piccolo raccolto tra luglio e settembre.

Dopo essere stati raccolti, i baccelli vengono impilati per la fermentazione e poi esposti al sole per una settimana o più affinché si secchino. Una volta completato il ciclo di lavorazione, i sacchi di baccelli vengono trasportati nelle warehouses più vicine per l’immagazzinamento, in attesa dell’acquisto da parte delle compagnie esportatrici che si occupano della vendita sul mercato mondiale.

Nella maggior parte dei casi la produzione non è meccanizzata e i contadini nel processo di coltivazione si servono di piccoli strumenti come coltelli, machete e daba. Sono, invece, in crescita gli investimenti per combattere la diffusione delle malattie e introdurre trattamenti fitosanitari.

 

L’iniqua distribuzione dei guadagni del commercio

La maggior parte dei produttori ivoriani di cacao si colloca al di sotto della soglia di povertà assoluta mondiale (1 dollaro al giorno). Ciò è dovuto a un’iniqua distribuzione dei guadagni del commercio. Infatti, negli anni ’70, quando i prezzi del cacao erano elevati, i produttori locali ottenevano all’incirca metà del valore di una barretta di cioccolato. Oggi, invece, ottengono solamente il 6% del valore del prodotto finale. Il resto viene suddiviso tra le industrie di lavorazione, i rivenditori e gli Stati.

Data l’iniqua distribuzione dei guadagni e le difficili condizioni di vita dei produttori locali, a partire dagli anni ’90 alcune industrie britanniche di produzione del cioccolato hanno iniziato a operare sotto il sistema di certificazione Fairtrade. In questo modo, si impegnavano a garantire un prezzo minimo di acquisto del cacao che rispecchiasse il reale valore della commodity e del suo processo di produzione. Ma, nei fatti, solo alcune industrie hanno accettato l’accordo e, anche tra quelle che lo hanno sottoscritto, non sempre i parametri di Fairtrade sono rispettati e i prezzi restano volatili.

Dopo questo fallimento, con l’obiettivo di rafforzare la propria posizione e incrementare i guadagni dei contadini coinvolti nel processo di produzione, la Costa d’Avorio e il Ghana un anno fa hanno firmato un accordo con le principali industrie di produzione del cioccolato. I negoziati si sono incentrati sulla garanzia di un prezzo minimo di acquisto del cacao e la possibilità per i due Paesi di rifiutarsi di vendere il prodotto a coloro che non rispettino la soglia minima stabilita.

 

L’altra faccia della produzione: il lavoro dei bambini

Un ulteriore problema legato alla produzione di cacao in Costa d’Avorio è il coinvolgimento dei bambini nel processo di coltivazione e lavorazione. L’impiego dei bambini nelle attività economiche interne alla famiglia è frequente in Africa. L’obiettivo, infatti, è incrementare il più possibile la produzione e i conseguenti guadagni, sfruttando tutta la forza lavoro disponibile. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro definisce un’attività come lavoro svolto da bambini se essi hanno meno di 15 anni e se il lavoro ha un impatto negativo sulla loro salute, sulla loro crescita e impedisce loro la frequentazione delle scuole. Di quest’ultimo, la Costa d’Avorio è un caso emblematico: circa il 50% della popolazione non sa né leggere né scrivere.

Nel biennio 2013-2014 circa il 43% dei bambini ivoriani era impiegato nel processo di produzione. Una percentuale corrispondente a più di 1.300.000 bambini e in preoccupante crescita rispetto agli anni precedenti. Il 59% è rappresentato da maschi, mentre le femmine sono il 41%. Nella maggior parte dei casi, i bambini sono coinvolti in attività che vanno dalla preparazione del terreno per la semina alla cura del raccolto. Spesso ciò implica l’utilizzo di pesticidi e attrezzi come il machete, con notevoli rischi per la salute e l’incolumità. Le bambine, invece, il più delle volte, non sono direttamente coinvolte nel processo di produzione del cacao, ma svolgono attività essenziali per la sopravvivenza della fattoria come la preparazione del cibo, la ricerca dell’acqua e la cura dei bambini più piccoli.

 

Terre in crescita e foreste in declino

I danni ambientali dovuti alla ricerca di nuove terre da destinare alla produzione di cacao sono drammatici. Si calcola, infatti, che nel periodo tra il 1958 e il 1993 il Paese abbia perso più del 80% della propria foresta pluviale con un tasso annuo di scomparsa del 7,6%. Oggi meno del 4% delle foreste originarie è ancora esistente.

Se questo trend dovesse continuare, secondo gli esperti, la Costa d’Avorio potrebbe vedere la totale scomparsa della foresta pluviale entro il 2030. I danni derivanti sarebbero notevoli, data l’imprescindibilità delle foreste nell’assicurare la stabilità dell’ecosistema naturale regionale e nel limitare gli effetti del cambiamento climatico.

 

Per una produzione sostenibile e condivisa

A fianco dell’accordo siglato con le principali industrie mondiali del cioccolato, i governi del Ghana e della Costa d’Avorio, nel 2018, hanno firmato la Abidjan Declaration. Si tratta di un documento per lo sviluppo di una strategia di produzione sostenibile e condivisa tra i due Paesi. I principali punti riguardano: la necessità di un coordinamento dei prezzi, lo sviluppo di una filiera di lavorazione locale del cacao, la collaborazione nella ricerca scientifica e tecnologica per il miglioramento della produzione, la riduzione delle malattie e lo sviluppo di nuove varietà di piante coltivabili.

 

 

Fonti e approfondimenti

Adam Tim, From bean to bar in Ivory Coast, a country built on cocoa, The Guardian, 24/02/2019

Africa News, Cocoa industry stakeholders accept price dictated by Ghana, Ivory Coast, Africa News, 13/06/2019

Dwayne Woods, The tragedy of the cocoa pod: rent-seeking, land and ethnic conflict in Ivory Coast, The Journal of Modern African Studies, Vol. 41, N°4, 12/2003

Dwayne Woods, Predatory elites, rents and cocoa: a comparative analysis of Ghana and Ivory CoastJournal of Commonwealth & Comparative Politics, Vol. 42, N°2, 2004

Guy Blaise Nkamleu, Determinants of child labour and schooling in the native cocoa houseolds of Côte d’Ivorie, Department of Economics, African Development Bank (AfDB), 10/2009

Morten Bøås, Anne Huser, Child labour and cocoa production in West Africa: the case of Côte d’Ivoire and Ghana, FAFO, Research Programme on Trafficking and Child Labour, 2006

The Observatory of Economic Complexity, The OEC: cocoa beans

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