“La prima sfida che abbiamo dovuto affrontare è stata quella di dimostrare che noi, la sinistra, gestiamo l’economia meglio della destra”. A distanza di 14 anni, si può dire che “Lucho Arce” sia riuscito nel suo intento: per più di un decennio, la crescita economica della Bolivia è stata costante, mentre nello stesso periodo la percentuale di povertà estrema si è quasi dimezzata.
Nel 2006, Luis Alberto Arce Catacora fu nominato da Evo Morales ministro dell’Economia. Oggi è presidente della Bolivia, grazie a una inaspettata (e schiacciante) vittoria al primo turno delle elezioni del 18 ottobre 2020. L’autore di quello che è globalmente riconosciuto come un “miracolo economico” avrà l’onere di continuare la rivoluzione di Morales, per fare della Bolivia un Paese socialista.
La sua storia
Luis Arce sin da giovane si interessò all’economia e si avvicinò ai partiti della sinistra boliviana. Grazie a un profilo accademico perfezionato all’estero, nel 1987 è entrato a far parte della Banca Centrale della Bolivia. In quel periodo il Paese era guidato da partiti di centro-destra, neoliberisti, che davano priorità alla disciplina fiscale, alla privatizzazione delle imprese e alla liberalizzazione del commercio.
Dopo un ventennio di lavoro per un’istituzione che attuava una politica economica lontana dalle sue idee, nel 2006 Arce venne chiamato da Evo Morales per guidare il ministero dell’Economia. Con una politica più “moderata” rispetto a quella del suo leader, Arce ha quindi redatto il “Nuovo modello economico, sociale, comunitario e produttivo” (del 2011), ovvero il piano economico con cui trasformare la Bolivia in un Paese socialista.
Iniziò così una graduale nazionalizzazione del settore minerario e un aumento della produzione interna per abbassare le importazioni. Con l’aumento del debito pubblico, Arce ha anche potuto aumentare la spesa pubblica per ingrossare l’apparato statale e migliorare le infrastrutture.
Queste mosse, come spiegato anche dalla Banca Mondiale, hanno aiutato il Paese a uscire da un periodo di forte crisi, riuscendo anche a creare un buon clima per lo sviluppo del settore privato.
I successi come ministro
Durante i suoi 13 anni di mandato da ministro dell’Economia, interrotti da un paio d’anni per interventi medici a causa di un tumore, Luis Arce ha più che triplicato il Prodotto Interno Lordo della Bolivia, aumentato i salari reali, aumentato le riserve economiche, diminuito l’inflazione e quasi dimezzato la povertà estrema, scesa dal 39% al 17%.
Grazie a un modello “economico sociale di comunità produttivo con molti elementi”, come definito dallo stesso Arce, il Paese ha una crescita costante: dal 2006 pari a quasi il 5% ogni anno. Un modello dove “lo Stato è all’avanguardia dell’economia boliviana, è l’attore più importante dell’economia”, ha spiegato lo stesso Arce.
Gli obiettivi futuri
Il contrasto con il 2020 è forte: nel ruolo di presidente, Arce dovrà affrontare il peggior momento economico degli ultimi decenni. A causa della pandemia da Covid-19, infatti, c’è stata in tutto il Paese un’ondata di licenziamenti e la chiusura di numerose aziende. Inoltre è previsto un calo del PIL del 6%.
Per rispondere a questa situazione, Arce ha quindi proposto di iniettare otto miliardi di dollari provenienti da crediti internazionali, oltre a una tassa una tantum sui patrimoni più alti.
Inoltre, per salvaguardare la speculazione sulle risorse naturali di cui la Bolivia è ricca, ha anche ipotizzato la creazione di una sorta di OPEC per l’esportazione di litio, un materiale di funzione sempre più strategica nell’economia mondiale.
L’anno di transizione
Il nuovo presidente non dovrà solo occuparsi di economia. Con i primi provvedimenti ha cominciato immediatamente ad archiviare quanto fatto dal precedente governo di transizione guidato da Jeanine Áñez, ma ciò non basta.
Nell’anno che ha seguito la crisi istituzionale scaturita dalle presidenziali 2019, infatti, il governo ad interim ha attuato una feroce repressione nei confronti dei sostenitori del Movimiento al Socialismo, oltre ad aver costretto Evo Morales all’esilio.
Una questione che il neo-eletto non intende dimenticare, come ha ricordato già dal suo discorso di insediamento: “Niente vendetta”, ha affermato, ma giustizia sì. Il nuovo governo si è già mosso in quella direzione, iniziando con la proclamazione di “eroi nazionali” i manifestanti uccisi a Senkata e Sacaba, durante gli scontri post-elezioni.
Giustizia che andrà quindi anche a colpire i membri del governo di transizione, contro i quali è già stato aperto un processo per crimini che vanno dalla violazione dei principi della Costituzione a quelli di genocidio.
Queste sono le parole pronunciate da Arce di fronte alla nuova Assemblea: “Credo nella giustizia, non nel favorire un ambiente di risentimento e vendetta, che non rispetti la diversità di pensiero, dove essere di un altro partito o colore politico ti rende oggetto di odio. Credo e sostengo il rafforzamento, l’istituzionalità dello Stato e nel generare un ambiente sicuro e stabile dove gli unici che dovrebbero temere sono i delinquenti, i criminali, le persone violente e coloro che commettono atti di corruzione”.
Sul nastro tricolore da presidente, insieme allo scudo nazionale, è tornata la Wiphala, la bandiera dello Stato plurinazionale boliviano, simbolo della nuova Costituzione approvata durante il governo di Evo Morales nel 2009, e della rivoluzione socialista.
Fonti e approfondimenti
Carlos Corz, Quién es Luis Arce, el virtual ganador de las elecciones y próximo presidente, Nodal, 19/10/2020
John Otis, Luis Alberto Arce, el hombre detrás del éxito de Evo Morales, The Wall Street Journal, 09/10/2014
Aram Aharonian, Sin Evo y con un pueblo en resistencia, el MAS vuelve al poder de la mano de Lucho Arce, Nodal, 21/10/2020
Diego Zúñiga, Bolivia: Luis Arce y el problema de la sombra de Evo Morales, Deutsche Welle, 16/11/2020
Diego González, ¿Cuáles son las claves del éxito económico boliviano?, Deutsche Welle, 12/07/2019
Editing a cura di Elena Noventa
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