Ricorda 1921: La rivolta di Kronštadt

Rivolta di Kronstadt
Riccardo Barelli - Remix Lo Spiegone - Autore sconosciuto - Wikimedia commons - Pubblico dominio

La rivolta consumatasi a Kronštadt è per molti aspetti passata alla storia come la più grave ribellione della storia sovietica. Nel marzo del 1921, i marinai della base navale nel golfo di Finlandia ammutinarono e si ribellarono contro il governo sovietico, inneggiando ai “liberi soviet”.

Fondarono una comune che sopravvisse sedici giorni, prima di soccombere davanti alla repressione violentissima delle truppe inviate da Lenin e Trockij per sedare la rivolta. Al centro della ribellione, la volontà di ripristinare l’idea dei soviet contro la dittatura bolscevica.

Alle origini della rivolta

I fatti di Kronštadt non costituirono un moto improvviso e decontestualizzato, furono invece la conseguenza di una serie di avvenimenti che per anni turbarono la Russia post-rivoluzionaria. All’origine della questione vi erano la povertà dilagante e la grave scarsità di cibo, vestiti, servizi e infrastrutture, così come la deriva autoritaria del nuovo potere bolscevico.

Nell’autunno del 1920 cominciò la transizione della Russia post-rivoluzionaria dalla guerra alla pace: la guerra civile nelle varie regioni dell’Unione Sovietica andava diradandosi e pian piano si ristabilirono le relazioni diplomatiche e commerciali con gli altri Paesi, limitrofi e non. Ciononostante, i vertici sovietici e Lenin in persona erano reticenti nel passare dal “comunismo di guerra” – un programma improvvisato per far fronte all’emergenza della guerra civile – alla Nuova Politica Economica (NEP). Nelle aree rurali, infatti, continuavano le confische del surplus della produzione di grano da parte delle milizie di partito, che spesso si trasformavano in veri e propri saccheggi nei confronti dei contadini già ridotti in miseria.

A causa di ciò, le rivolte contadine si moltiplicarono un po’ ovunque e vi fu un importante distacco ideologico fra il nuovo potere sovietico e i contadini, che si ritrovarono di nuovo sottomessi a meccanismi di sfruttamento padronale. Tuttavia, preoccupati di un eventuale ritorno dell’ideologia capitalista e del libero mercato nelle campagne, i vertici del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) si rifiutarono di interrompere le confische di grano e il “comunismo di guerra”, e di cambiare sistema

L’inverno fra il 1920 e il 1921 rappresentò un momento particolarmente critico per la storia sovietica. La Russia era esausta e vicina al crollo economico. Le infrastrutture arretrate e disfunzionali non consentivano il rifornimento di viveri alle regioni più remote, così come di attrezzature tecniche e materie prime. La mortalità era aumentata considerevolmente a causa di carestie ed epidemie.

I primi moti

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, nelle città la situazione era tutt’altro che migliore: cibo e beni primari erano insufficienti per l’alta concentrazione di lavoratrici e lavoratori dei centri urbani, soprattutto manovalanza operaia. Per questo motivo, molte persone si spostarono in campagna in cerca di cibo. Si creò immediatamente un sodalizio informale fra masse contadine e operaie, deluse entrambe nel vedere che il nuovo Stato bolscevico stava fallendo sia in campagna che in città. Il risultato fu un’ondata crescente di moti rurali, di agitazioni operaie e di inquietudine fra i militari. Si aprì così una grave ferita fra il regime bolscevico e la sua principale componente sostenitrice, la massa operaia.

I primi gravi disordini si tennero a Mosca nel febbraio del 1921, dove assemblee operaie si riunirono spontaneamente nelle fabbriche per chiedere la fine del “comunismo di guerra”. Poco dopo, un’ondata ancora più grave di scioperi travolse Pietrogrado (l’attuale San Pietroburgo), ridotta a “uno spettro di sé stessa” a causa del freddo e della fame, ancor più di Mosca.

Dopo settimane di gravi disordini, in cui la città era diventata una vera e propria trincea, i moti scemarono gradualmente per via della stanchezza dei manifestanti e delle larghe concessioni a cui i bolscevichi di Pietrogrado dovettero cedere. Tuttavia, le conseguenze delle proteste furono enormi, ispirando i marinai della vicina Kronštadt, molto attenti ai moti della capitale .

La rivolta nel marzo del 1921

Kronštadt era una città-fortezza sull’isola di Kotlin, nel golfo di Finlandia, a pochi chilometri da San Pietroburgo. Avamposto strategicamente fondamentale, consentiva di proteggere la città da eventuali attacchi dei nemici limitrofi ed era utilizzata come base principale della flotta del Baltico. La cittadina aveva una tradizione radicale sin dai moti del 1905 e, ancor più importante, era sostanzialmente autonoma: il soviet di Kronštadt era amministrato in maniera indipendente dai propri cittadini, riuscendo di fatto a sfuggire all’egemonia del potere centrale.

Fedeli all’utopia bolscevica di “tutto il potere ai soviet”, i marinai di Kronštadt furono tra i più feroci nella lotta contro i bianchi, fornendo a Trockij una delle milizie più coraggiose e forti. Tuttavia, mano a mano che il potere veniva accentrato nelle mani della dirigenza bolscevica, crebbero le tensioni fra la flotta e Lenin, essendo i marinai particolarmente diffidenti nei confronti della concentrazione dell’autorità.

La situazione si aggravò quando il comitato dirigenziale della flotta venne sciolto e i suoi poteri furono trasferiti a un consiglio designato dal partito. Alla fine della guerra civile, quando questi provvedimenti volti ad accentrare il potere nelle mani del partito vennero prolungati, tradendo l’utopia dei soviet locali, la situazione divenne insostenibile. A ciò si aggiunsero fame e freddo, che la flotta di Kronštadt soffriva tanto quanto i civili.

Il 1° marzo 1921 si tenne una pubblica assemblea, che stilò una risoluzione in 15 punti da presentare al governo bolscevico, accusato di soffocare la partecipazione e di non rappresentare più soviet e popolo. Il giorno dopo venne formato un comitato provvisorio, guidato dall’anarco-sindacalista Stepan Petričenko.

Il governo bolscevico scelse di rispondere con la forza (nonostante diverse opposizioni interne al partito). Il 7 marzo, l’Armata Rossa attaccò Kronštadt. Nei giorni successivi, al prezzo di molte perdite, i bolscevichi riuscirono a penetrare nella fortificazione e arrestarono gli insorti. La base fu duramente bombardata su ordine di Trockij. Contrariamente alle aspettative dei ribelli, nessun aiuto giunse dai gruppi operai di Pietrogrado o di altri insediamenti nelle vicinanze. Repressa nel sangue e isolata, la rivolta di Kronštadt si concluse il 18 marzo 1921.

Significato e conseguenze

La rivolta di Kronštadt non fu significativa solo in quanto evento particolarmente sanguinoso e come cartina tornasole della piega autoritaria che il regime sovietico stava prendendo. La sommossa rappresentò la voce di un popolo intero: marinai, militari, contadini e operai, collegati da solide reti di solidarietà e appoggio clandestino, tutti afflitti dalle medesime sofferenze e delusi dal tradimento del regime rispetto all’ideale di “tutto il potere ai soviet”.

Come l’Ungheria del 1956 e la Cecoslovacchia del 1968, Kronštadt non era pericolosa in quanto controrivoluzionaria, ma perché la sua concezione di socialismo era profondamente diversa rispetto a quella dei dirigenti sovietici. I bolscevichi, usciti vittoriosi da una guerra civile che aveva messo il Paese in ginocchio, non avevano alcuna intenzione di vedere il proprio potere messo in discussione. Temendo che Kronštadt potesse in qualche modo fungere da miccia per qualcosa di più grande, denunciarono la rivolta come antirivoluzionaria e agirono secondo i propri interessi.

La rivolta ebbe tuttavia un ruolo fondamentale nell’adozione della NEP da parte di Lenin e dei vertici del PCUS nel 1921, che finalmente portò un minimo sollievo all’economia russa. Ciononostante, Kronštadt segnò una macchia indelebile nella storia sovietica e, al pari di altri eventi successivi (come le due rivolte di Ungheria e Cecoslovacchia o il rapporto Kruščev del 1956), contribuì all’allontanamento ideologico dal partito delle frange “puriste”, che credevano in un socialismo diverso da quello del PCUS.

 

 

Fonti e approfondimenti

Paul Avrich, Kronštadt 1921, Mondadori, Milano, 1971

Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario. Dal 1901 al 1941, Edizioni De Silva-La nuova Italia, Firenze, 1956

 

 

Editing a cura di Emanuele Monterotti

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