Le elezioni presidenziali di questa domenica 29 maggio potrebbero marcare un prima e un dopo nella storia della Colombia. Secondo tutte le proiezioni, il partito di centro-sinistra Pacto Histórico si posizionerà primo e con un notevole distacco rispetto a tutte le altre forze politiche.
Nel probabile scenario in cui questo non riesca però a ottenere più della metà dei voti in questo primo turno, si andrà al ballottaggio il prossimo 19 giugno. Se Gustavo Petro, candidato del Pacto Histórico, riuscirà a mantenere il suo vantaggio fino a quella data, conquisterà una vittoria storica per la sua forza politica, in un Paese che dall’indipendenza ha avuto solo governi di destra.
“La paura della sinistra, che fino al 2018 era stata probabilmente la forza dominante nella politica colombiana degli ultimi vent’anni, si trova ora al suo punto più basso”. Andrés Mejía, professore dell’Università de Los Andes di Bogotà inquadra con queste parole il cambio di paradigma del Paese; influenzato non solo dal precipitare della popolarità del presidente in carica Iván Duque, ma anche dall’acuirsi di tante crisi parallele a cui i governi conservatori non hanno finora saputo dare risposta.
Elezioni che coincidono con un picco di violenza
Dall’inizio del mese di maggio in Colombia si è venuta a creare l’ennesima situazione di emergenza sociale a seguito dell’estradizione di Dairo Antonio Úsuga, detto Otoniel, il boss criminale a capo del Clan del Golfo. L’annuncio della consegna del detenuto agli Usa da parte del presidente Duque ha scatenato uno sciopero armato da parte del Clan: per giorni, gran parte del Paese è stata bloccata in tutte le sue attività commerciali e culturali, le scuole sono rimaste chiuse e i trasporti hanno smesso di funzionare.
Questa rappresaglia e dimostrazione di forza da parte dei gruppi paramilitari non è un episodio isolato. La violenza è un problema strutturale in Colombia e trova espressione sia nell’aggravarsi della crisi di insicurezza delle città, sia nella restaurazione delle guerriglie nelle zone rurali e nel risorgere del conflitto armato.
L’Instituto de Estudios para el Desarrollo y la Paz (Indepaz) ha conteggiato l’assassinio di 835 leader sociali e difensori dei diritti umani tra il 2019 e il 2022. Un altro soggetto sotto tiro della criminalità sono gli ex combattenti delle FARC che hanno firmato l’accordo di pace con il governo di Juan Manuel Santos nel 2016.
Proprio la mancata implementazione della pacificazione viene individuata dal direttore di Indepaz Camilo González Posso come l’elemento che ha innescato “la ripresa della violenza nella forma più grave, soprattutto la ricomposizione dei gruppi armati e il rafforzamento del narcotraffico”.
In testa ai sondaggi e nel mirino di possibili attentati
Allo stesso modo, il clima di violenza ha influenzato fortemente la corsa alle elezioni ormai imminenti. La Colombia ha alle spalle una storia punteggiata dalle uccisioni di personaggi di spicco della vita pubblica e di aspiranti presidenti, come è successo nel caso limite delle elezioni del 1990. I candidati che denunciavano la corruzione dei corpi di sicurezza e i vincoli degli stessi con i gruppi paramilitari e che si scagliavano contro il potere dei cartelli della droga venivano eliminati, spesso in modo plateale.
Gustavo Petro ha condotto una campagna altrettanto delicata. “Un crimine o un ‘incidente aereo’ sono le uniche cose che potrebbero impedire a Petro di diventare presidente” ha scritto su twitter il senatore Armando Benedetti, che fa parte del coordinamento dei suoi eventi pubblici.
Il successo senza precedenti del partito di sinistra moderata Pacto Histórico, che ha riempito le piazze, va di pari passo con rischi costanti per la sicurezza, non solo per chi sta sul palco ma anche per il pubblico. Tanto che i comizi nelle città più pericolose sono stati annullati per precauzione o si sono tenuti con gli ospedali in allerta arancione.
Le chance della sinistra nelle mani di Gustavo Petro e Francia Márquez
Dopo le esperienze del 2010 e del 2018 (quando disputò il ballottaggio contro Duque), Petro si candida alla presidenza per la terza volta nella sua carriera.
Negli anni ‘80 faceva parte della guerriglia M-19, per cui mantenne l’attivismo anche dopo che questa si convertì in partito con il nome di Alianza Democrática M-19. Nel 2006 fu eletto senatore e tra il 2012 e il 2015 rivestì la carica di sindaco di Bogotà.
La fine del conflitto con le ex-FARC e il pieno rispetto dei trattati del 2016 fanno parte dei punti del programma del Pacto Historico. Si tratta di un nodo che non perde mai rilevanza anche se questa volta, sotto la spinta dell’approccio di Petro, il discorso politico ha dato spazio anche ad altri temi. Tra questi, importanti soprattutto per le nuove generazioni, ci sono la difesa dell’ambiente e la risposta alla crisi dei rifugiati (provenienti dal Venezuela e non solo), ma anche politiche di welfare per affrontare gli indici in crescita della povertà e della dipendenza da stupefacenti; in parallelo a una spinta alla legalizzazione che toglierebbe potere al narcotraffico.
La scelta di Petro per l’aspirante vice-presidente è ricaduta su un’altra delle sorprese delle ultime primarie del Pacto Histórico. L’avvocata afrocolombiana e leader ambientalista Francia Márquez Mina ha catalizzato allora una quantità eccezionale di voti, focalizzando la sua campagna su temi come il femminismo e la lotta alla discriminazione razziale.
Le proiezioni elettorali e gli altri candidati in corsa
Il sondaggio pre-elettorale di Invamer (Investigación y Asesoría de Mercado) del 19 maggio sulle elezioni di domenica prevede un successo inedito per la sinistra, con un’intenzione di voto del 40,6% per Petro. Le preferenze per il candidato successivo, l’esponente della destra Federico ‘Fico’ Gutiérrez, si fermano al 27,1% determinando un chiaro distacco.
Al secondo turno tuttavia, Gutiérrez – ex sindaco di Medellín e forte dell’appoggio del Partido Liberal, uno dei principali partiti del Paese – potrebbe recuperare nettamente terreno catalizzando su di sé anche i voti dei centristi Rodolfo Hernández e Sergio Fajardo. Sempre secondo Invamer – le cui proiezioni sono considerate tra le più affidabili – Hernández e Fajardo otterranno questa domenica rispettivamente il 20,9% e il 5,1% delle preferenze.
Il balzo in avanti della popolarità di Hernández delle ultime settimane potrebbe tuttavia rimescolare le carte in gioco. Secondo l’indagine del 20 maggio del Celag (Centro Estratégico Latinoamericano de Geopolítica) quest’ultimo ha buone possibilità di collocarsi anche meglio di Gutiérrez (seppur di pochi decimali) e aggiudicarsi così il ballottaggio contro Petro a giugno.
Il dissenso verso la politica economica di Iván Duque
Finora, tutti i governi della Colombia sono stati influenzati dalla divisione tra liberali e conservatori seguita alla dichiarazione della repubblica indipendente. Il consenso per la destra non aveva mai vacillato tanto in passato e in particolare i due mandati di Alvaro Uribe avevano impresso una direzione precisa alla politica degli ultimi anni, che sembrava impossibile da invertire.
La ragione per cui il Paese appare ora avviato a un cambio storico è in gran parte la ripida discesa della popolarità del presidente colombiano in carica, esponente dell’estrema destra. Sempre Invamer, lo scorso marzo, ha condotto un’inchiesta nella quale il 73% di intervistati si è dichiarato scontento della gestione di Duque. Un anno fa, in corrispondenza dell’ondata di proteste e scioperi scatenati dalla riforma fiscale, questa impressione negativa era persino più alta di un paio di punti percentuali.
La crisi sociale e politica del 2021 ha danneggiato irrimediabilmente la percezione di questo governo, soprattutto a causa delle modalità con cui la mobilitazione dei cittadini è stata brutalmente repressa dalle forze dell’ordine, causando decine di vittime. A quel punto, sotto i riflettori non c’è stato più solo lo scontento per la gestione economica del Paese: erano riemersi a catena e con veemenza molti altri fattori di insicurezza e disagio sociale.
Già alla fine del 2019, i colombiani erano scesi in strada per contestare la riforma tributaria e da allora la situazione non ha smesso di peggiorare su più fronti: il tasso di povertà è in netto aumento e il peso perde forza rispetto al dollaro; secondo dati del Banco de la Republica, l’inflazione è passata dal 3,23% del settembre 2018 al 9,23% di aprile 2022.
L’emergenza da Covid-19 ha gravato fortemente su questi indicatori economici, anche se in realtà la gestione della pandemia è stata valutata in modo piuttosto favorevole dalla popolazione. In particolare la campagna di vaccinazione ha rappresentato uno dei momenti di ripresa della fiducia verso Duque.
La grande sfida del prossimo governo della Colombia sarà proprio ristabilire la fiducia nella politica. L’appoggio al Pacto Histórico, ora forte, lo scorso marzo non è bastato per raggiungere la maggioranza dei seggi nel voto parlamentare. Petro e Márquez dovranno trovare la loro formula per collaborare proprio con le istituzioni contro cui si sono dimostrati tanto critici.
Fonti e approfondimenti
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