Dopo il suffragio, la lotta delle donne in Nuova Zelanda non è mai finita

National Council of Women, Christchurch 1896 © Public Domain, AI enhanced

Il 19 settembre 1893, il governatore Lord Glasgow ha firmato una nuova legge elettorale e la Nuova Zelanda è diventata il primo Paese al mondo a sancire per legge il diritto di voto delle donne alle elezioni parlamentari. Il 2023 marca il 130esimo anniversario del suffragio femminile del Paese, che ha impiegato decenni prima di essere raggiunto: le campagne sociali che spingevano per ottenere questo diritto hanno avuto inizio negli anni Sessanta del XIX secolo.

Sono stati necessari altri 26 anni prima che alle donne venisse concesso di candidarsi in parlamento. La concessione del diritto di voto, che ha aperto la strada anche a questo secondo traguardo, è stato un processo non lineare, che ha incontrato diverse resistenze e pregiudizi. Si tratta anche del momento che ha dato il via a un processo di rivendicazione che continua ancora oggi.

Le Suffragette e la Woman’s Christian Temperance Union 

Il movimento per il suffragio femminile è apparso in Nuova Zelanda nel XIX secolo, ispirato alle organizzazioni analoghe presenti negli Stati Uniti e nell’Impero Britannico. 

Come nel caso dei movimenti d’oltreoceano, le donne neozelandesi desideravano una partecipazione più attiva alla vita politica del loro paese per una questione di giustizia sociale. Oltre a questo, il diritto di voto era visto come un modo per migliorare la moralità sociale e, per estensione, migliorare la sicurezza e la qualità di vita delle donne.

Le motivazioni per il diritto al voto di natura moralista erano spesso legate alla religione cristiana, così come lo erano alcune delle motivazioni all’opposizione. In Nuova Zelanda i movimenti per il suffragio si sono intrecciati con il Woman’s Christian Temperance Union (WTCU), un movimento cristiano, sociale e internazionale nato negli Stati Uniti contro il consumo delle bevande alcoliche. Anche in Aotearoa il WCTU puntava al suffragio nella speranza che le donne, considerate l’autorità morale nelle case cristiane, si schierassero contro l’alcol e altre questioni considerate immorali influenzando la vita politica del Paese.

È importante ricordare che, all’epoca, il WCTU rappresentava la principale associazione di donne, e che il problema dell’alcolismo in Nuova Zelanda era molto sentito: tra i maggiori oppositori al suffragio, vi erano proprio i produttori e rivenditori di bevande alcoliche del paese.

Kate Sheppard e la campagna per il diritto al voto

Attivista britannica naturalizzata neozelandese, redattrice del The White Ribbon, primo giornale gestito da donne del Paese, Kate Sheppard è stata una figura di riferimento per il movimento per il diritto al voto. Emigrata dall’Inghilterra nel 1868 insieme alla famiglia, nel 1887 è stata nominata Sovrintendente Nazionale della WCTU per il Suffragio e la Legislazione, una posizione che ha utilizzato per promuovere la causa del suffragio delle donne in Nuova Zelanda. 

Nel 1879 gli uomini neozelandesi godevano del suffragio universale a partire dai 21 anni, ossia potevano votare indipendentemente dal loro stato sociale. Tuttavia, il diritto al voto per le donne era ancora molto limitato: le proprietarie terriere hanno potuto votare alle elezioni locali nel 1873, e nel 1877 alle donne “capofamiglia” è stato concesso di votare e candidarsi negli organi di istruzione.

La legge elettorale e le petizioni per il diritto di voto alle donne

Di fronte a un disegno di legge elettorale presentato dal governo nel 1888 che avrebbe continuato a escludere le donne dal suffragio, Kate Sheppard ha organizzato una petizione chiedendo che questa esclusione venisse rimossa. Sheppard ha contattato e incontrato un membro della Camera dei rappresentanti, John Hall, ottenendo il suo sostegno e la presentazione della petizione, senza però che questi portassero a un risultato.

Approfittando del fatto che il disegno di legge era stato rimandato al 1890, il 5 agosto Hall ha proposto una mozione per cui “il diritto di voto per i membri della Camera dei Rappresentanti avrebbe dovuto essere esteso alle donne”, approvata con 37 voti favorevoli e 11 contrari. Il 21 agosto è stato presentato un emendamento alla legge per concedere il suffragio fumminile, respinto per sette voti.

Sotto suggerimento di Hall, Sheppard ha scritto una seconda petizione da presentare al Parlamento, contenente 10.085 firme. La petizione è stata sostenuta da Hall, Alfred Saunders e dal premier dell’epoca, John Ballance. L’emendamento per concedere il suffragio alle donne è passato con una maggioranza di 25 voti; un oppositore, Carncross, ha a quel punto presentato un emendamento che avrebbe permesso alle donne di candidarsi in parlamento, nel tentativo di far fallire la proposta di legge al Consiglio legislativo neozelandese. Il disegno di legge è infatti fallito per due voti.

La tattica messa in atto da Cancross ha causato una reazione importante all’interno del movimento, che ha continuato la sua lotta per l’approvazione della legge elettorale. Un nuovo disegno di legge del 1892, presentato da Ballance e che prevedeva l’emancipazione per tutte le donne è stato nuovamente abbandonato.

Nel 1893, il sostegno popolare alla questione del suffragio femminile era aumentato ulteriormente. Un’altra petizione lanciata in quell’anno, la terza in tre anni, aveva raccolto circa 32.000 firme, quasi un quarto di tutte le donne adulte presenti in Nuova Zelanda in quel momento. La WCTU e le sostenitrici e i sostenitori del voto alle donne hanno lavorato duramente per promuovere la petizione, consapevoli del fatto che di fronte a un ulteriore fallimento avrebbero dovuto aspettare almeno tre anni prima di poter ripresentare la loro proposta.

Successivamente alla presentazione della petizione al Parlamento nel 1893, un nuovo disegno di legge elettorale è passato alla Camera Bassa con una grande maggioranza. Questo risultato è stato ottenuto solo dopo una lunga e difficile lotta, ma ha dimostrato alle donne neozelandesi che combattere per i propri diritti porta a dei risultati, influenzando così i decenni successivi di rivendicazioni.

Il dibattito è stato caratterizzato anche da un sostegno maggioritario per l’emancipazione delle donne Māori così come delle donne Pākehā; l’inclusione delle donne Māori è stata sostenuta da John Shera, che era sposato con una donna di discendenza Māori ed europea.

I produttori, i rivenditori e in generale i sostenitori dell’industria dell’alcol, preoccupati circa l’ipotesi proibizionista correlata al suffragio femminile, hanno a loro volta lanciato una petizione al Consiglio Superiore per respingere il disegno di legge. La risposta delle suffragette è stata organizzare manifestazioni di massa e contattare a più riprese i membri del Parlamento, ai quali sono state date delle camelie bianche da indossare come spille per simboleggiare questa battaglia.

La legge elettorale del 1893 ha aperto la strada a nuove rivendicazioni

All’approvazione della nuova legge elettorale, i festeggiamenti dei movimenti per il diritto di voto della donna non hanno toccato solo la Nuova Zelanda ma anche gli altri Paesi dove questa lotta era già attiva. Le donne nella maggior parte di questi paesi, in particolare Gran Bretagna e Stati Uniti, hanno dovuto aspettare la fine della Prima guerra mondiale per vedersi riconoscere lo stesso diritto.

Le stesse donne neozelandesi hanno dovuto continuare a combattere per i decenni successivi: non hanno potuto candidarsi al parlamento fino al 1919, e la prima donna a diventare deputato, Elizabeth McCombs, è stata eletta solo nel 1933. Nel 1949 è stata eletta la prima deputata wāhine Māori, Iriaka Rātana. Jenny Shipley è diventata la prima donna Primo Ministro della Nuova Zelanda solo nel 1997. Il suffragio femminile è stata la prima importante pietra che ha dato il via a tante altre lotte del movimento femminista neozelandese.

Le elezioni del 1999 hanno visto in seguito il raggiungimento di tre pietre miliari: Helen Clark è diventata la prima donna Primo ministro attraverso un’elezione, Luamanuvao Dame Winifred Laban è diventata la prima donna parlamentare di origine insulare del Pacifico e Georgina Beyer è diventata la prima parlamentare apertamente transgender al mondo. 

Il numero di donne deputato non ha raggiunto la doppia cifra fino alla metà degli anni Ottanta. Dopo le elezioni generali del 2020, 58/120 deputati sono donne, il numero più alto nella storia elettorale della Nuova Zelanda. Nell’ottobre 2022 è stata raggiunta la parità di genere in Parlamento, mentre quest’anno lo stesso traguardo è stato raggiunto nella composizione dell’esecutivo. 

Nonostante i risultati ottenuti, la Nuova Zelanda dimostra che quella per la parità di genere è una lotta molto lunga, perché presuppone non solo cambiamenti strutturali bensì culturali. Tuttavia, ci dimostra anche che gli obiettivi di questa lotta sono raggiungibili, a patto di non abbassare mai la guardia.

A questo proposito, nel Gender Gap Report stilato dal World Economic Forum nel 2023, la Nuova Zelanda risulta quarta in classifica, dopo Islanda, Norvegia e Finlandia.

L’Italia rispetto all’anno precedente ha perso ben 16 posizioni, e si trova ora al 79esimo posto.

Fonti e approfondimenti

Devaliant, Kate Sheppard: The Fight for Women’s Votes in New Zealand. Auckland: Penguin Books, 1992.

Millar, Women’s Lives, Feminism and the New Zealand Journal of History, University of Auckland, 2018.

Pickles, “Why New Zealand was the first country where women won the right to vote”, The Conversation, 2018.

Thomlinson, We the Undersigned: An analysis of signatories to the 1893 Women’s Suffrage Petition from southern Dunedin, University of Otago Dunedin, New· Zealand, 2001.

 

Editing a cura di Elena Noventa

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