Il femminismo in Australia, dalle origini a March 4 Justice

Femminismo in Australia
Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Di Martina Rizzoli

Il femminismo è un movimento potentissimo, lo abbiamo visto in molteplici occasioni di risonanza globale e locale che hanno segnato il nostro immaginario collettivo a partire dalla fine del XIX secolo fino ai fatti di attualità degli ultimi anni. 

Nell’evoluzione storica del femminismo australiano, il March 4 Justice, ossia la protesta che si è svolta in Australia il 15 marzo 2021, ha rappresentato un momento decisivo all’interno della società, risvegliando l’urgenza di riprendere in mano le redini del tema della lotta di genere e al contempo ampliandolo all’inclusione sociale anche su base etnica.

Ad oggi, se si vuole parlare di femminismo in Australia è necessario includere le donne indigene e le donne rifugiate, per le quali il March 4 Justice ha rappresentato una nuova tappa di un percorso da portare fino in fondo.

Le origini del femminismo in Australia

Verso la fine dell’Ottocento, grazie alla presa di coscienza delle colone europee sulla loro condizione di inferiorità sia nella sfera pubblica che in quella privata, iniziò a farsi largo l’idea secondo la quale con la conquista del suffragio universale le donne avrebbero ottenuto maggiori diritti, individuali e collettivi, che avrebbero via via eliminato la loro precarietà rispetto ai loro mariti, padri e governanti. 

Con questo scopo, in Australia vennero a crearsi dei movimenti di protesta nei quali ebbero un ruolo di spicco le femministe Louisa Lawson e Rose Scott. Grazie alle loro parole nel 1891 si arrivò alla cosiddetta Monster Petition, quando in sole 6 settimane vennero raccolte 30 mila firme da parte di donne e sostenitori della causa in un documento della lunghezza di 260 metri. L’obiettivo era ottenere l’estensione del voto alle donne ed eguali diritti di fronte alla legge nell’allora colonia Victoria, nel Sud dell’Australia.

Se la colonia di Victoria iniziò a muoversi verso un’inclusione delle donne nella società civile già alla fine dell’Ottocento, fu soltanto nel 1902 che il Commonwealth riconobbe in Australia il diritto di voto a suffragio universale per le elezioni federali di quell’anno, escludendo però dall’elettorato attivo le donne aborigene. 

L’Australia fu tra i primi Paesi al mondo a concedere il diritto di voto alle donne, seconda solamente alla Nuova Zelanda che introdusse il suffragio universale nel 1893, mentre fu il primo in assoluto a riconoscere il diritto delle donne a candidarsi in Parlamento. 

Successivamente gran parte delle femministe australiane, sentendosi fortemente legate alla Gran Bretagna, si unirono ai moti che sconvolsero anche l’Europa. Tra i nomi più celebri si ricordano Muriel Matters e Vida Goldstein, le quali nei primi anni del Novecento infiammarono con toni accesi, slogan e azioni spettacolari le correnti di protesta dell’epoca.

Dove sono finite le rivendicazioni delle donne aborigene?

La questione delle donne aborigene è sempre stata ritenuta una causa a sé stante rispetto alle conquiste del movimento femminista australiano, nonostante gli episodi di violenza e soprusi che hanno subito nel corso del tempo siano stati ancora più gravi. Difatti, il movimento delle suffragette australiane di fine Ottocento vedeva, anche per un retaggio culturale, una partecipazione attiva esclusivamente da parte delle donne bianche e ricche del Paese, molto spesso mogli dei coloni e degli alti funzionari di Stato. 

Se progressivamente  il movimento si è esteso ai ceti sociali meno abbienti, le donne aborigene sono a lungo rimaste escluse. Ancora ai giorni nostri, si registra una forte esclusione su base etnica che, oltre alle aborigene, comprende anche altre comunità.

Eppure, la condizione delle donne aborigene non è sempre stata subordinata a quella maschile. Prima della colonizzazione britannica dell’Australia, detenevano poteri decisionali e si occupavano della realizzazione di riti fondamentali nella tutela delle radici della collettività. In seguito alla colonizzazione del territorio, la mentalità occidentale prese il sopravvento e le donne indigene si ritrovarono legate economicamente e socialmente agli uomini. Molte di loro furono costrette alla prostituzione e alla servitù.

La persistente violenza nei confronti delle donne aborigene

Le donne aborigene e dello Stretto di Torres furono introdotte nella vita politica del Paese solamente nel 1962 grazie a un apposito referendum costituzionale. Nonostante l’accesso alla vita politica del Paese, negli ultimi decenni la condizione delle donne aborigene non è cambiata radicalmente in meglio. 

Secondo Sarah Collard del The Guardian, in seguito al numero esorbitante di donne e bambini aborigeni stuprati e uccisi, lo Stato avrebbe aperto un’inchiesta parlamentare per indagare sui fatti avvenuti, soprattutto nelle aree più dislocate del Paese. La ricerca evidenzia la persistente violenza contro le donne aborigene e isolane dello Stretto di Torres. Esse avrebbero infatti una possibilità percentuale di essere uccise o stuprate 11 volte maggiore rispetto alle altre donne australiane, nonché un quasi raddoppiato tasso di violenza domestica all’interno del loro contesto familiare.  

Vittorie e sconfitte per le donne australiane

Una delle vittorie più signficative delle rivendicazioni femministe è stata l’adesione dell’Australia alla Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) nel 1983, la quale vieta la discriminazione delle donne in tutti gli ambiti della vita, tra cui la partecipazione politica, la salute, l’educazione, il lavoro e così via. 

L’aborto è, come in altri Paesi, un esempio emblematico. Nonostante la promulgazione dell’Abortion Law Reform Act del 2019, abortire in Australia non è per nulla semplice, tutt’ora non viene ancora unanimemente accettato . Soprattutto dalla comunità medica, che legalmente avrebbe l’obbligo di garantire questo diritto. Per questo, rimane uno dei punti chiave delle proteste femministe odierne, nonostante la longevità della lotta per il  diritto all’aborto.

L’autodeterminazione e la rivendicazione politica sul proprio corpo sono tra i temi più difficili da affermare nella società, difatti spesso le libertà concesse in questo ambito vengono ritrattate o respinte nel corso del tempo,  come nell’esempio appena citato. Questa condizione di precarietà è ugualmente percepita e sperimentata da molti Stati occidentali, i cui gruppi femministi continuano a battersi costantemente per il mantenimento delle libertà  conquistate in precedenza. 

Toccando poi la sfera economica, malgrado la ratifica della Convenzione ONU, l’Australia è ben lontana dal rispettare appieno i suoi obblighi. Per esempio, la Australian Human Rights Commission segnala come in media le donne australiane siano ancora oggi pagate circa il 17,5% in meno rispetto agli uomini nello svolgere la stessa identica professione.

March 4 Justice e la società odierna

Tra gli avvenimenti di spicco più recenti nella storia femminista australiana troviamo il movimento di protesta March 4 Justice, che ha avuto luogo il 15 marzo 2021 a Canberra e in altre 40 città in giro per l’Australia: i manifestanti sono stati pressapoco sui 110.000. 

Il motivo scatenante di queste proteste è stata la notizia di  della molestia sessuale subìta nel 2019 e denunciata solo in seguito da parte di Brittany Higgins. Ex collaboratrice del Partito liberale, Higgins avrebbe deciso di non rivelare il nome dell’aggressore interno al medesimo partito politico.-Successivamente allo scandalo generato da questa prima rivelazione, altre tre donne  avrebbero denunciato la stessa persona per molestie sessuali. Si è poi aggiunta anche l’accusa verso il procuratore generale dell’Australia, Christian Porter, di aver stuprato una donna nel 1988, la quale in seguito alla sua dichiarazione avrebbe deciso di togliersi la vita. 

Le richieste mosse dal movimento femminista sono state quelle di far partire una serie di indagini indipendenti all’interno del sistema politico del Paese e di destituire le persone ritenute colpevoli dalle loro posizioni professionali, incrementando al contempo le tutele nei confronti delle donne in ambito politico e in tutti i settori della società. Richieste sfortunatamente non accolte con lo zelo e l’enfasi necessari per poter riscontrare una immediata quanto reale evoluzione. 

Una lotta pienamente intersezionale

Nonostante le parziali sconfitte sul piano istituzionale, una speranza di cambiamento si può scorgere nella coesione dei movimenti di protesta che hanno sfilato le strade durante il March 4 Justice. Infatti l’inclusione di genere si è estesa questa volta anche alla comunità trans e non binaria, che si sente sempre più partecipe nella lotta contro le disuguaglianze, per non parlare della grande presenza di donne indigene per la rappresentazione delle minoranze australiane. 

L’intersezionalità, ossia la corrente di pensiero che riconosce l’interdipendenza tra i diversi tipi di disuguaglianze e cerca di combatterli simultaneamente, sta sempre più prendendo piede all’interno della comunità femminista australiana. Le donne aborigene iniziano a sentirsi parte di qualcosa che le sorregge e gli dà la forza di parlare per sé e per un futuro migliore, così come per le donne rifugiate, grazie a sempre più presenti reti associative e figure di spicco che si spendono per la causa e forniscono loro lo spazio e i mezzi per affermarsi. 

Nella lunga lotta per il riconoscimento all’interno della società, il movimento femminista intersezionale australiano si sta espandendo, affermando che soltanto con il contributo di ogni comunità il cambiamento sarà davvero radicale. 

Verso la parità di genere, quanta strada ancora

March 4 Justice forse non sarebbe stato lo stesso senza il discorso pronunciato dodici anni fa dall’allora Prima ministra dell’Australia, Julia GillardPrima donna a ricoprire questo ruolo nel Paese, attraverso le sue parole ha avuto la forza di denunciare pubblicamente gli atti e le parole misogine a lei rivolte dal leader dell’opposizione dell’epoca, Tony Abbott, che per anni ha denigrato la sua persona e l’efficacia con la quale avrebbe ricoperto il suo ruolo. 

Il video del discorso ha fatto il giro del mondo, rendendo ancora più evidente la realtà dei fatti. Dodici anni dopo, quello australiano è ancora in larga parte un mondo di uomini per gli uomini, in cui le donne sono ancora considerate in larga parte spettatrici alle quali gentilmente concedere ruoli di subordinazione. 

L’indignazione seguita alle sue parole, così come alle accuse di March 4 Justice, hanno rafforzato un sostegno che continua a germogliare. Dopo 122 anni dal suffragio universale, la lotta australiana per la parità di genere continua.

 

Fonti e approfondimenti

Australian Human Rights Commission. 2023. Annual Report

Collard, Sarah, “‘Horrific’ First Nations missing and murdered cases to be focus of Australia-wide inquiry”, The Guardian, 4 agosto 2022

Keating, James, “Australian politics explainer: how women gained the right to vote”, The Conversation, 16 aprile 2017

The Latch, “The Gender Equality Issues We’re Still Fighting for in 2023”, 6 marzo 2023

WEF. 2023. Global Gender Gap 

Woollacott, Angela and Staff, Michelle, “Sex, power and anger: A history of feminist protests in Australia”, ABC, 26 marzo 2021

 

Editing a cura di Emanuele Monterotti