“Don’t forget us”: la storia della Repubblica Centrafricana

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Qualche settimana fa il presidente della Repubblica Centrafricana Faustin-Archange Touadera ha tenuto un discorso presso le Nazioni Unite, invitando l’Assemblea a non dimenticare il suo Paese. In effetti le parole di Touadera arrivano dopo due anni in cui l’ONU avrebbe dovuto risolvere la situazione critica in cui lo stato centrafricano versa da ormai piu di 5 anni, data dello scoppio della seconda guerra civile. Avrebbe dovuto, ma non l’ha fatto. O meglio, i risultati sono stati insufficenti. “Don’t forget us”, dice Touadera all’ONU. Non dimentichiamoci della storia travagliata di questo Paese, tra i più poveri al mondo, dove i diritti civili e sociali sono solo carta straccia, e dove ben cinque colpi di stato si sono susseguiti tra il 1960 e il 2013.

 

Il periodo coloniale

Agli inizi del Novecento, la regione della Repubblica Centrafricana faceva parte della Federazione Francese dell’Africa Equatoriale (AEF), insieme a Ciad, Repubblica del Congo e Gabon. Ben presto il governo francese iniziò lo sfruttamento sistematico del territorio, cedendone la gestione a compagnie private in cambio di una notevole percentuale sui profitti. Per questo, i successivi trent’anni furono segnati da piccole e diffuse rivolte contro il dominio delle compagnie e lo sviluppo di un’economia basata sulle piantagioni di cotone e le miniere di diamanti, dove la popolazione veniva spesso obbligata a lavorare senza alcun tipo di garanzia e retribuzione. I momenti di ribellione furono tuttavia sempre repressi nel sangue e non ebbero praticamente effetti.

Nell’agosto del 1940 il territorio rispose, con il resto dell’AEF, alla chiamata del generale Charles de Gaulle per combattere per la Francia libera. Dopo la seconda guerra mondiale, la Costituzione francese del 1946 inaugurò la prima di una serie di riforme che condussero tutti i territori francesi dell’Africa occidentale ed equatoriale all’indipendenza. Nel 1946 agli abitanti dell’AEF fu concessa la cittadinanza francese e vennero create le giuste condizioni per istituire assemblee locali.

Nella Repubblica Centrafricana i lavori per l’indipendenza furono guidati da Barthélemy Boganda, un prete cattolico anche conosciuto per le sue dichiarazioni all’Assemblea francese sulla necessità dell’emancipazione africana.

Il referendum costituzionale francese del settembre 1958 sciolse l’AEF e il 1 dicembre dello stesso anno l’Assemblea dichiarò la nascita della Repubblica Autonoma dell’Africa Centrale con Boganda come capo di governo. Egli governò fino alla sua morte, avvenuta a causa di un incidente aereo il 29 marzo 1959. Suo cugino David Dacko lo sostituì come capo del governo.

 

L’indipendenza e l’era Bokassa

Il 12 luglio 1960 la Francia accettò la dichiarazione d’indipendenza della Repubblica Centrafricana. Il 13 agosto 1960 la Repubblica Centrafricana divenne un paese indipendente e David Dacko divenne il suo primo Presidente. La sua vicinanza ai paesi comunisti, in particolare alla Cina, non piaceva per niente ai francesi, che continuavano ad influenzare fortemente le vicende delle loro ex colonie. La sua vicinanza ai paesi comunisti, in particolare alla Cina, non piaceva per niente ai francesi, che continuavano ad influenzare fortemente le vicende delle loro ex colonie.

Fu così, il 1 ° gennaio 1966, con un colpo di stato il colonnello Jean-Bédel Bokassa assunse il potere. Egli abolì la costituzione del 1959, sciolse l’Assemblea Nazionale e unì i poteri legislativi ed esecutivi nelle mani del presidente. Il 4 dicembre 1976, la repubblica divenne una monarchia – l’ Impero dell’Africa Centrale – con la promulgazione della costituzione imperiale e la proclamazione di Bokassa imperatore, con il nome di Bokassa I.

Egli fu, in gioventù, soldato nell’esercito francese e furono i francesi stessi, a dargli il via libera per il colpo di stato del 1966. E’ celebre la sua amicizia con i presidenti francesi, De Gaulle prima e  Valery Giscard d’Estaing poi, anche se fu proprio quest’ultimo a mandare i 700 paracadutisti che presero Bangui e misero fine all’impero di Bokassa, mentre lui si trovava in visita ufficiale in Libia, il 20 settembre 1979.

 

I tentativi di ricostruzione dopo l’era Bokassa

I ribelli, aiutati dai francesi, erano guidati da Dacko, il quale prontamente restaurò la forma repubblicana mentre Bokassa, rifugiatosi in Costa d’Avorio e in Francia, fu condannato a morte per vari reati (ha ottenuto poi la grazia dal suo successore, Kolingba) e fu più volte accusato di cannibalismo.

Gli sforzi di Dacko per promuovere riforme economiche e politiche si sono rivelati inefficaci e il 20 settembre 1981 il suo governo è stato rovesciato da un colpo di stato  del generale André Kolingba. Per quattro anni, Kolingba ha guidato il paese come capo del comitato militare per il recupero nazionale (CRMN).

Kolingba sospese la costituzione e governò con una giunta militare fino al 1985. Nel 1985, il CRMN venne sciolto e Kolingba nominò un nuovo governo con una maggiore partecipazione civile, segnalando l’inizio di un ritorno alla regola civile. Il processo di democratizzazione si accelerò nel 1986 con la creazione di un nuovo partito politico, il Rassemblement Démocratique Centrafricain (RDC) e la stesura di una nuova costituzione che successivamente fu ratificata in un referendum nazionale.

La costituzione instituì un’assemblea nazionale composta da 52 deputati, eletti nel luglio 1987 e nel 1988 si tennero le elezioni comunali. Gli oppositori politici di Kolingba, Abel Goumba e Ange-Félix Patassé, le boicottarono  perché ai loro partiti non erano stato concesso di partecipare.

 

Le prime vere elezioni e la ricaduta nel caos

Nel 1990 la situazione cambiò grazie anche alla formazione di un movimento anti Kolingba. Nel maggio 1990, una lettera firmata da 253 cittadini prominenti ha chiesto la convocazione di una Conferenza Nazionale, ma Kolingba ha rifiutato e  ha arrestato diversi avversari politici. La pressione da parte degli Stati Uniti, della Francia e di un gruppo di paesi e agenzie rappresentate a livello locale chiamato GIBAFOR (Francia, Stati Uniti, Germania, Giappone, UE, Banca Mondiale e ONU) condusse infine Kolingba a concordare elezioni libere nell’ottobre 1992 con l’aiuto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari elettorali. Quando le elezioni finalmente si tennero, nel 1993, con il sostegno della comunità internazionale, Ange-Félix Patassé guidò nel primo turno e Kolingba arrivò al quarto posto dietro Abel Goumba e David Dacko. Nel secondo turno, Patassé vinse con il 53% dei voti, mentre Goumba ottenne il 45,6%.

Patassè fu il primo leader centrafricano ad essere eletto direttamente dal popolo. Egli promosse la stesura di una nuova costituzione, approvata il 28 dicembre 1994 e promulgata il 14 gennaio 1995, ma questa costituzione, come quelle precedenti, non ebbe molto impatto sulla politica del paese.  La tensione provocata dalla nuova Costituzione (contestata dalle opposizioni perché rafforzava le prerogative presidenziali e dava scarse garanzie di libertà di espressione), dalle difficoltà economiche e dal dissesto delle finanze statali, portò a un periodo di forte incertezze e poi a un’insurrezione militare. Seguirono trattative (con l’intervento di truppe francesi, poi sostituite da quelle ONU) e quindi le elezioni legislative del 1998, che videro l’affermazione del Mouvement pour la libération du peuple centrafricain, e quelle presidenziali del 1999, che furono vinte nuovamente da Patassé.

Alla cessazione del mandato dell’ONU (2000), il paese era di nuovo in una situazione di instabilità che sfociò nel 2001 in un tentativo di colpo di Stato che, ripetutosi nel 2002, portò l’anno successivo il generale F. Bozizé, appoggiato dal Ciad, a proclamarsi presidente e a varare una nuova Costituzione nel 2004. Bozizé venne confermato nel 2005, ma dopo poco un nuovo movimento di ribellione al governo centrale conquistò importanti posizioni.

Nel 2006 la Francia intervenne nel conflitto interno al Paese contro le forze ribelli stanziate nel Nord-Est, offrendo sostegno logistico all’esercito centrafricano, fino all’accordo tra governo e guerriglieri firmato nel 2007 con la mediazione della Libia. Il conflitto viene soprannominato “bushwar”. 

Grazie anche all’intervento di una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite è stato possibile avviare un processo di reinserimento degli ex ribelli nel sistema politico, compiutosi nel gennaio 2009 con un governo di unità nazionale; tuttavia, il Nord del Paese ha continuato a essere attraversato da scontri.

Nel marzo 2013 Bozizé, che era stato rieletto presidente nel 2011, fu costretto alla fuga in seguito alla caduta della capitale Bangui nelle mani delle milizie mususlmane del Fronte Seleka, il cui leader M. Djotodia si è autoproclamato nuovo capo dello Stato.

Con l’ascesa al potere di Djotodia ha inizio la nuova stagione delle guerre civili, che ha avuto come protagonisti  il fronte Seleka del neopresidente e gli oppositori cristiani dell’Anti-Balaka. La guerra civile, che impervia ancora oggi, ha messo nuovamente in ginocchio il Paese, specialmente i civili, che sembrano le vere vittime di questo massacro senza esclusione di colpi (e di crimini contro l’umanita). Parleremo della guerra civile centrafricana nel prossimo articolo.

 

Fonti e Approfondimenti

http://www.africanews.com/2017/09/20/car-president-calls-on-world-leaders-not-to-forget-his-country/

http://www.systemicpeace.org/polity/cen2.htm

https://freedomhouse.org/report/freedom-world/2016/central-african-republic

https://www.crisisgroup.org/africa/central-africa/central-african-republic/central-african-republic-four-priorities-new-president

http://www.cetusnews.com/news/Central-African-president-pleads-to-U-N—Don-t-forget-us.rk78UD4yjZ.htm

https://www.africaportal.org/publications/fractured-peacebuilding-in-the-central-african-republic-lessons-for-african-union-engagement/

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