I risvolti socioeconomici della politica del figlio unico

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

La popolazione cinese ha sempre destato enorme curiosità per la sua numerosità e per le politiche attuate dal governo comunista al fine di bloccarne la crescita. Oggi l’era della politica del figlio unico è finita e per il colosso asiatico il problema è inverso. La Cina sta fronteggiando un invecchiamento demografico senza precedenti che getta delle ombre sulla capacità delle future generazioni di sostenere sia il peso economico dei più anziani sia il debito accumulato. Cerchiamo di capire in questo articolo come la politica del figlio unico si inserisca nell’attuale situazione.

Politica del figlio unico

La controversa politica del figlio unico venne introdotta nel 1979 e rappresentò uno dei primi atti dell’ascesa di Deng Xiaoping, il grande riformatore. Questa politica venne imposta nella Cina comunista, ma sarebbe fuorviante interpretarla come pianificazione sociale dittatoriale. Il più grande sviluppo della popolazione che la storia abbia mai conosciuto è, infatti, avvenuto proprio qui, nella Cina comunista: la vita si è allungata grazie all’espansione della sanità con Mao Zedong, ma allo stesso tempo il numero di cittadini ha subito un crollo impressionante nel decennio della rivoluzione culturale tra il 1966 e il 1976. In seguito alla morte di Mao Zedong, la crescita della popolazione è stato un fattore impossibile da arrestare. Il censo cinese nel 1964 (due anni prima della Rivoluzione Culturale) ha stimato la presenza di 694,6 milioni cinesi. Nel 1982 i cittadini erano un miliardo. La percentuale di crescita della popolazione era in media del 15% all’anno. Una valanga che solo una politica forte poteva arginare, evitando così di far cadere il Paese nella trappola di povertà, fame e miseria.

Ad avvalorare le politiche cinesi nella letteratura degli anni ’70 si svilupparono teorie secondo cui la crescita economica non poteva essere infinita per via della scarsità delle risorse presenti sula Terra. Punto di riferimento di queste teorie era il c.d. Club di Roma, fondato dall’imprenditore Aurelio Peccei e dallo scienziato ed industriale scozzese Alexander King nel 1968 all’Accademia dei Lincei di Roma. Uno dei tratti salienti del libro pubblicato dal Club di Roma (“Limits to growth“) era proprio relativo alla crescita esponenziale della popolazione mondiale trainata, in particolare, dalla Cina: sostanzialmente si sosteneva come la popolazione sarebbe cresciuta fino a un livello tale che avrebbe portato ad un’implosione della società per via della scarsità delle risorse naturali.

Se si analizzano i dati, si nota come il tasso di fecondità (numero medio di nascite per donna in età fertile) conferma l’analisi. Dal 1965 in poi, con Mao il tasso subì una sensibile riduzione, per poi avere una ripresa dal 1976, arginata definitivamente dalla politica del figlio unico.  Dal primo gennaio 2016, la Cina ha ufficialmente concluso l’esperienza del figlio unico, adottando la politica dei due figli. Oggi il tasso di fecondità cinese si attesta ad 1.5, ben al di sopra dei Paesi limitrofi più ricchi: infatti, sebbene essi non abbiano sperimentato la politica del figlio unico, vediamo come il Giappone registri un tasso pari a 1.4, Hong Kong 1.17 e ancora Taiwan 1.11. Si potrebbe dunque pensare che la Cina avrebbe potuto evitare l’introduzione della politica del figlio unico poiché come molte evidenze empiriche dimostrano, alla crescita economica di un Paese si sussegue una caduta della natalità. In particolare, più le donne raggiungono livelli elevati di istruzione, maggiore è la riduzione. Questa teoria, valida per qualunque altro Paese sviluppato o in forte crescita, non si può totalmente applicare per la Cina. La motivazione risiede nella tradizione del confucianesimo che vede nella famiglia un punto cruciale della società, da porre al di sopra di ogni altro valore.

 

Effetti della politica del figlio unico

Invecchiamento della popolazione

Contro le aspettative del governo, l’invecchiamento della popolazione cinese ha intrapreso un percorso preoccupante. Secondo l’ONU, la Cina sta invecchiando più velocemente di qualunque altro Paese nella storia. Il colosso asiatico impiegherà, secondo le stime, solo 20 anni per raddoppiare la percentuale degli over 65 dal 10% al 20% della popolazione. L’indice di dipendenza (rapporto percentuale tra la popolazione in età non attiva 0-14 anni e oltre 64 anni e la popolazione attiva 15-64 anni) che fornisce indirettamente una misura della sostenibilità della struttura di una popolazione si attesta oggi al 36.8%. Se confrontiamo questo dato con il trend dell’indicatore, vediamo che la percentuale sta salendo rispetto al passato, ma è molto inferiore a quella degli anni ’60 che si attestava all’80%. Tuttavia, bisogna considerare la diversa composizione della popolazione: mentre negli anni ’60 la dipendenza elevata derivava dall’enorme percentuale di under 14, oggi l’incremento deriva dall’aumento della popolazione in età di pensionamento.

Se consideriamo solo gli over 65, essi rappresentano il 14% in rapporto alla popolazione in età lavorativa: secondo le stime nel 2050 potrebbe arrivare al 44.5%. In numeri, se nel 2005 gli over 65 erano 100 milioni, nel 2050 saranno 300, più o meno quanto la popolazione degli Stati Uniti. Un’altra stima delle Nazioni Unite conferma il problema: oggi l’eta mediana cinese (età che divide la popolazione in due parti uguali) è pari a 37 anni, un anno più giovane di quella statunitense; nel 2050 la popolazione mediana statunitense crescerà a 42 anni, ma quella cinese arriverà addirittura a 50.

Tutti questi dati sono un’importante misura per capire l’entità della pressione fiscale diretta verso i nuovi lavoratori al fine di sostenere i programmi di assistenza pubblica e previdenziali. Ciò significa semplicemente un peso maggiore sulle nuove generazioni che, essendo un numero inferiore a quello dei futuri anziani, dovranno provvedere con contributi economici maggiori. Questo riguarda anche il debito cinese, il quale cresce ad un tasso del 15% annuo e che oggi è pari al 250% del PIL. La Cina invecchia nel momento in cui la sua classe imprenditoriale ha appena spiccato il volo. Anche se il Paese potesse cancellare il debito con una semplice manovra, non potrebbe altrettanto facilmente cancellare il numero degli anziani.

 

Disparità di genere

La politica del figlio unico ha esacerbato la preferenza per i figli maschi, già molto diffusa all’interno della società cinese. Ciò ha spinto dal 1979 in poi milioni di coppie a ricorrere all’aborto poiché la nascita di un figlio maschio era il miglior dono nell’era in cui il contadino veniva visto come eroe. Ovviamente i comportamenti delle coppie, spinti indirettamente dalla politica del figlio unico, hanno generato una gender gap elevatissimo: nel 2016 secondo il centro nazionale di statistica cinese c’erano 33,59 milioni di uomini in più rispetto al numero di donne. Il 48.78% della popolazione cinese è donna; la media mondiale è del 49.55%. Questo rapporto sembra in diminuzione dato che il rapporto di genere che nel 2004 era pari a 121 uomini ogni 100 donne nel 2015 si è ridotto a 113.5 maschi ogni 100 femmine. Anche qui, la media globale è 104 uomini ogni 100 donne. Ricordiamo che il rapporto è favorevole ai maschi perché in termini assoluti nascono più maschi che femmine; il fatto però che le donne abbiano un’aspettativa di vita maggiore assottiglia questa differenza nella società.

 

Disuguaglianza

L’ultimo tema da trattare è quello relativo all’ineguaglianza che la politica del figlio unico ha determinato all’interno della società cinese. Innanzitutto va precisato che in molte aree rurali era concessa la possibilità di avere due figli, specialmente se il primo risultava essere femmina. Questo discorso, invece, era assolutamente escluso all’interno della città. Poiché negli anni dell’introduzione della riforma la gran parte della popolazione cinese viveva in zone rurali (l’80% dei cinesi viveva in campagna) ed era estremamente povera, si è sostanzialmente assistito ad una polarizzazione della ricchezza verso la popolazione urbana. Se i cittadini urbani, che già rappresentavano la fascia più facoltosa della popolazione, hanno avuto un solo figlio significa che la ricchezza cinese (seppur in termini diversi rispetto a quelli che intendiamo per le società occidentali) risiede nelle mani di questi,  pochissimi rispetto alla magnitudine dei figli delle aree rurali.

Questo viene dimostrato dal grafico che evidenzia una forbice ampissima tra le due aree. Sebbene dal 2012 la popolazione urbana abbia superato in proporzione quella rurale, le differenze rimangono, e sono sensibili, tra chi è nato in città e chi vi si è trasferito. L’indice di Gini, che misura l’ineguaglianza nella distribuzione del reddito all’interno della società, secondo i dati ufficiali cinese si attesta a 0.46, valore che viene comunemente considerato come alta alta ineguaglianza. E’ indubbio che le disparità tra popolazione urbana e rurale esistono in tutti i Paesi del mondo, ma qui si vuole sottolineare come la politica del figlio unico, nelle modalità in cui è stata attuata, ha esasperato il processo. 

 

Conclusioni

La Cina a fronte del mostruoso sviluppo economico registrato nell’ultima decade, sta fronteggiando oggi una riduzione del tasso di crescita economica. Analizzando i dati sembra però che più preoccupante sia la situazione demografica (invecchiamento della popolazione, gender gap) che ha dei risvolti cruciali sulle variabili economiche come la forza lavoro, la capacità di ripianare il debito e di sostenere un sistema di assistenza pubblico. Il 2016 è stato l’anno della abolizione della politica del figlio unico, staremo a vedere se il governo cinese riuscirà anche stavolta ad ottenere il livello di popolazione desiderata. 

 

 

Fonti e Approfondimenti

http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMhpr051833#t=article

https://www.forbes.com/sites/kenrapoza/2017/02/21/chinas-aging-population-becoming-more-of-a-problem/#11a90937140f

https://www.forbes.com/sites/sarahsu/2016/11/18/high-income-inequality-still-festering-in-china/#390a93cb1e50

https://www.theguardian.com/world/datablog/2015/oct/29/impact-china-one-child-policy-four-graphs#img-1

Changes to the One Child Policy and the Effects on the Chinese Economy

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2017-06-20/la-strana-inversione-curva-debito-cinese-e-sue-cause-180119.shtml?uuid=AEOpChiB

https://www.indexmundi.com/facts/china/age-dependency-ratio

http://data.stats.gov.cn/english/

http://www.sacred-texts.com/cfu/eoc/eoc09.htm

http://content.time.com/time/world/article/0,8599,1912861,00.html

https://knoema.com/atlas/China/Birth-rate

https://data.worldbank.org/indicator/SP.DYN.TFRT.IN/?name_desc=false

https://data.worldbank.org/indicator/SP.URB.TOTL.IN.ZS

http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-12-30/verso-lurbanizzazione-cina-183156.shtml

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