Oggi i due leader coreani hanno tenuto il terzo summit inter-coreano. Kim Jong-un ha oltrepassato il 38° parallelo segnando un evento storico. Nessun leader nordcoreano infatti ha mai mosso un passo oltre il confine sud. L’engagement di Moon Jae-in ha portato a un dialogo che mancava da 11 anni (l’ultimo summit inter-coreano fu nel 2007), aprendo anche a una nuova modalità di fare diplomazia con Pyongyang, definita “Moonshine policy” già da diversi analisti.
“Una nuova storia inizia ora” ha scritto Kim Jong-un sul libro dei visitatori della Casa della Pace a Panmunjom, un villaggio nella zona demilitarizzata fortemente simbolico nel conflitto della penisola. Ma l’attesa più grande è stata quella di scoprire quale fosse il contenuto delle diverse conversazioni tra i due leaders. La firma del Joint Agreement è sicuramente un forte passo avanti all’interno del dialogo inter-coreano verso una stabilizzazione delle relazioni, ma va anche contestualizzato nel complesso scacchiere internazionale.
L’annuncio congiunto del Joint Agreement
Dopo più di nove ore di incontri e dialoghi Moon e Kim hanno firmato un Joint Agreement importante che ha come pilastro centrale quello di aprire l’era della pace all’interno della penisola. L’annuncio del Joint Agreement è stato eseguito congiuntamente, segnando ancora una volta la discontinuità col passato. Infatti, è la prima volta che entrambi i leader parlano al mondo fianco a fianco riguardo agli accordi presi.
La roadmap di Moon
La prima frase che il presidente sudcoreano ha voluto dire è stata quella che sanciva la nascita dell’era di pace. In una penisola in cui dal 1953 vige un armistizio di guerra e non un trattato di pace, questa è sicuramente una frase che prelude a un passo storico che la popolazione coreana sta aspettando da più di mezzo secolo.
Inoltre, Moon ha spiegato come si sia instaurato un accordo tra i due leader per denuclearizzare la penisola attraverso una cooperazione molto stretta. Moon Jae-in ha anche sottolineato i grandi sforzi della controparte nordcoreana per raggiungere questo storico incontro.
Il presidente sudcoreano ha ammesso come uno degli obiettivi su cui le Coree devono lavorare in maniera veloce ed efficace è mettere la parola fine all’armistizio del 1953 e aprire il capitolo di una pace perpetua all’interno della penisola. Questo deve quindi portare alla fine incodizionata delle ostilità via terra, mare e aria. Per questo Moon ha annunciato l’apertura di una zona di pace marittima nel mare dell’ovest: l’obiettivo di questa zona è quella di implementare l’attività peschereccia dei due Stati e quindi avere una zona comune in cui far fiorire anche una prima fiammella di economia congiunta. L’altra faccia della medaglia è, però, quella di riuscire a ridurre drasticamente la percentuale di possibilità di tensioni marittime tra i due paesi. Quindi anche la sicurezza marittima è stata messa in campo all’interno del Joint Agreement.

fonte: Wikimedia Commons
Oltre a questi storici passi verso un compromesso cruciale per tutta la regione pacifica e, in generale, per tutta la comunità internazionale, l’inquilino della Casa Blu ha anche affermato che è imprescindibile cooperare a livello internazionale per la risoluzione della questione. Il dialogo inter-coreano è stato creato e Moon ha più volte ribadito la volontà di instaurare una serie di incontri con il leader nordcoreano, in modo da non circoscrivere l’incontro del terzo summit come un evento sporadico e, in un certo senso, fine a se stesso. Città come Pyongyang, Seoul, Jeju sono state citate dal presidente del Sud come possibili città per i prossimi dialoghi faccia a faccia. Esiste quindi la volontà di creare una connessione simbolica tra gli incontri e la geografia della Penisola: una cooperazione a tutti i livelli e che possa anche essere vissuta dai cittadini coreani cone tale.
Un altro tema affrontato è stato quello della ricongiunzione familiare. Infatti, così come in tutti i paesi divisi, molte famiglie sono state divise dall’instaurazione del 38° parallelo e la volontà di far incontrare nuovamente queste famiglie è il simbolo più pratico di una cooperazione anche sociale. Il 15 agosto 2018 sarà quindi il giorno in cui questo evento prenderà luogo nuovamente.
La cooperazione passerà anche attraverso i progetti della croce rossa internazionale e agli aiuti umanitari delle organizzazioni internazionali in territorio nordcoreano. Ma ancora più importante sarà vedere se il progetto annunciato di creare degli uffici distaccati dei due paesi per avere una cooperazione anche operativa che possa favorire il miglioramento delle relazioni.
L’unità secondo Kim
Il discorso di Kim Jong-un ha coperto un altro lato della cooperazione tra paesi, quello della popolazione. L’accordo di oggi è visto da Kim come un grande passo di responsabilità delle due Coree verso la riunificazione. Ha sottolineato come il Nord e il Sud abbiano impiegato un lunghissimo periodo prima di essere nuovamente sedute vicine a discutere di tematiche cardine per la sopravvivenza dei due Stati e che questo tempo di distacco deve essere valorizzato per non commettere gli errori del passato.
Il leader nordcoreano ha affermato “siamo lo stesso paese” e che la separazione tra Nord e Sud non dovrà più esistere. Il discorso continua con un’altra affermazione molto forte dicendo che “noi [coreani ndr] siamo fratelli con lo stesso sangue” e che ci deve essere un nuovo futuro per la penisola che abbia come pilastro centrale la pace. La strada per arrivare agli obiettivi dei due leader sarà sicuramente difficile ma devono essere evitati gli errori del passato.
Quando si passa a parlare dell’impegno in questa lunga trattativa, Kim afferma che se esso è genuino “una porta chiusa può diventare una aperta“. Un altro messaggio simbolicamente importante per un disgelo che, stando ai due discorsi, sembra oramai non esistere più.
Quale scenario ci aspetta?
La prima cosa da aggiungere è che senza un tavolo di trattativa almeno trilaterale questo trattato di pace difficilmente avrà luogo. Se oltre ai due attori coreani anche il presidente degli USA non intavolerà un dialogo sulla tematica sembra difficile la possibilità di un consenso da parte di tutte le truppe americane sul suolo sudcoreano. C’è anche da tenere in conto che se Washington si inserirà all’interno della stesura del trattato di pace, molto probabilmente anche Pechino vorrà avere delle sicurezze in merito.
Il dialogo tra Moon e Kim, dopo un congelamento delle relazioni inter-coreane dovute alle presidenze di Lee Myung-bak e Park Geun-hye, è stato instaurato. La grande valenza simbolica dell’incontro deve però andare a combaciare con gli annunci fatti dai due esponenti della penisola coreana e, ancora di più, con il Joint Agreement firmato da entrambi.
Moon Jae-in ha fatto sapere che in autunno di questo anno vorrà visitare Pyongyang e che l’obiettivo della firma del trattato di pace deve essere entro la fine di quest’anno. Ovviamente per il presidente progressista il tempo è fondamentale e se il suo obiettivo è quello di lanciare il dialogo inter-coreano verso una direzione che non ammette retromarce l’efficienza è la sua priorità assoluta. Per ora non è riuscito a far indire un referendum a giugno sulla riforma costituzionale per dare la possibilità al presidente della Corea del Sud di correre anche per un secondo mandato. Questo da una parte complica i piani di una riunificazione o cooperazione stretta tra le due Coree sotto la presidenza Moon, dall’altra mette ancora più fretta alla Casa Blu.
Fonti e Approfondimenti:
Discorso congiunto sul Joint Agreement di Panmunjom 27 aprile 2018