Nell’ultimo incontro del seminario “Migro perchè sono” sono intervenuti gli esponenti di tre importanti realtà che si occupano di migrazioni, in particolare di migranti LGBT. Il Centro Zonarelli e MigraBO’ LGBTI sono due realtà centrali della città di Bologna, mentre CILD è impegnata in tutta Italia.
Abbiamo già discusso ampiamente degli aspetti legali e culturali delle migrazioni LGBT e della protezione SOGI che dovrebbe venir accordata a questi rifugiati, in questo incontro si è parlato soprattutto dell’impegno concreto di questi tre soggetti, che sperimentano nel lavoro pratico quotidiano i temi al centro del seminario.
(Foto di copertina di Angela Caporale, originale qui)
Fausto Ameli – responsabile del Centro Interculturale Zonarelli
Il Centro Zonarelli nasce a Bologna alla fine degi anni ’90, con l’obiettivo di promuovere l’associazionismo tra le comunità di migranti per rafforzarne la partecipazione e la rappresentanza all’interno dei territori in cui risiedono.
Bologna è da sempre una città molto favorevole all’associazionismo, fatto già riscontrato dal sociologo Robert Putnam nel suo studio sul capitale sociale in Italia. Il centro Zonarelli registra le associazioni per il dialogo interculturale e quelle costituite da stranieri definibili “etnico-identitarie”, secondo una terminologia tecnica poco apprezzata al Centro. Oggi le associazioni che si incontrano qui sono 130, di cui 81 di stranieri.
Questi enti hanno due caratteristiche: l’identità e il mutuo aiuto. Servono a raccogliere gli stranieri per offrire loro uno spazio in cui scambiarsi informazioni, consigli e aiuto sul lavoro. La lingua è poi un elemento che spinge molto all’aggregazione tra connazionali. Questa è un tratto forte dell’identità e ci si riunisce anche solo per poterla parlare liberamente.
Le associazioni servono poi da luogo d’incontro, utile anche per le ricorrenze religiose e civili, che insieme alla lingua rappresentano il cuore pulsante di ogni cultura. Fondare un’associazione serve per avere un riconoscimento di “esistenza” e per promuovere le relazioni tra i propri iscritti e l’Italia. Poi c’è la promozione culturale: una volta risposto ai bisogni primari della comunità si può poi esprimere la propria cultura nei confronti degli altri. Questi eventi sono una forma di riconoscimento e affermazione e , quando riesce a coinvolgere la città o il quartiere ospitante, è un grande successo per la comunità.
Dalla fondazione del Centro Zonarelli la comunità straniera di Bologna, così come quella italiana, si è modificata radicalmente. All’epoca la percentuale di immigrati sulla popolazione di Bologna era dello 0,1% mentre oggi sono 60.000, quindi circa il 16%. La maggioranza sono donne e il 50% di questa popolazione è residente più di 20 anni. La religione dominante è quella cristiana e oltre la metà degli stranieri sono cittadini europei, con al primo posto la comunità rumena.
Ogni comunità ha un comportamento diverso in termini di migrazione, e anche questo è cambiato nel corso del tempo. Fino a 20 anni fa Bologna era preferenziale per la migrazione eritrea, cosa non più vera, e guardando ai flussi attuali possiamo notare come ad esempio i cittadini maliani non si fermino, al contrario di nigeriani e senegalesi che sempre più spesso risiedono proprio nel capoluogo emiliano.
In 20 anni le migrazioni hanno rivoluzionato il contesto sociale in cui viviamo. Gli stranieri non sono più dei “marziani”, sono di più e ce ne sono più nazionalità. Questo crea un arco di diversità: anche gli stranieri stessi non devono imparare più solo la convivenza con i nativi, ma anche quella con le altre nazionalità, in un contesto in cui i numeri aumentano le possibilità di aggregazione.
Importante in questo momento è quindi non confondere la diversità con la differenza. Il differenzialismo radicale, la divisione lungo le differenze, crea problemi con l’integrazione: si rischia che le comunità si separino e vivano vite parallele. I diritti culturali non portano automaticamente all’integrazione, c’è bisogno di una nuova cultura civica in grado di approfittare della diversità, in grado di investire sulle diversità per forgiare una cittadinanza differente.
Jordan Massellari – MIGRABO’ LGBTI
MigraBO’ LGBTI nasce a Bologna nel 2012 per concordare le tematiche e l’incontro di migranti e popolazione LGBTI, oltre che le tematiche generali tra migrazioni LGBTI, protezione internazionale e seconde generazioni.
L’associazione ha uno sportello in cui si fa empowerment, per fare da mediatori anche all’interno delle famiglie. MigraBO’ offre aiuto legale ai richiedenti asilo ed è particolarmente concentrata sul supporto anche psicologico ai migranti LGBTI. Un punto fondamentale dell’attività di MigraBO’ è lo sforzo di fornire ai migranti un aiuto nella loro lingua nativa, prendendo come soci o volontari preferibilmete cittadini stranieri che ottengono la residenza in Italia, per ridurre le distanze tra l’associazione e i suoi assistiti.
A Bologna l’accoglienza ha tempi molto lunghi, anche 6 mesi e quindi c’è anche un problema di senzatetto. Per chi non è in accoglienza l’associazione cerca di dare un supporto dal punto di vista legale e lavorativo.
La questione delle migrazioni LGBTI era estremamente sottovalutata prima della crisi migratoria e anche oggi è difficile quantificare i richiedenti SOGI, soprattutto perché non tutti gli LGBTI sono in regime SOGI.
I migranti LGBTI sperimentano spesso dei problema con le comunità di origine, il che rischia di privarli di una rete sociale e associativa importante come quella dei connazionali. Un grave problema per chi fugge dalle discriminazioni per il proprio orientamento sessuale è infatti il rischio di ritrovare proprio nella comunità di connazionali (da cui potrebbe ricevere un supporto) le dinamiche da cui si è scappati, con tutti i problemi che ne conseguono.
Il punto fondamentale qui è quindi nella non chiarezza dei ruoli: magari piuttosto che dalla cultura in generale, che magari è ostile alle persone LGBTI, il migrante fugge dallo stato e le forze dell’ordine che applicano leggi discriminatorie o abusano della loro autorità. In questo caso in particolare si riscontra una certa diffidenza dei migranti a parlare delle loro motivazioni con ufficiali e altre autorità, e l’associazione è impegnata nell’impedire che questa frattura pregiudichi il percorso del migrante nel circuito dell’accoglienza.
Serve solitamente un processo molto lungo per arrivare a raccontare di sé, a volte anche per un problema di informazione: non si sa precisamente cosa significhi essere LGBTI in Italia o in Europa, quindi non ci si espone per timore di finire ancora una volta in dinamiche discriminatorie. Molti migranti vogliono andare in Francia o in Nord Europa, aree di cui di solito sono più sicuri e informati, ma c’è una grosso problema con il Regolamento di Dublino.
Il problema migranti LGBTI è ancora un tema nuovo, prima trascurato spesso con colpa, ed è quindi importante lavorare bene ricordando sempre che si hanno davanti delle persone. Bisogna, quindi, bilanciare l’esposizione con la protezione, la pubblicità delle storie con i rischi e l’inconsapevolezza dei migranti stessi. Quello della strumentalizzazione delle storie personali è infatti un problema e un dilemma: raccontarle può essere utile a nutrire il dibattito su questo tema, ma espone i migranti al rischio di ritrovarsi nuovamente in uno stato di persecuzione.
Luna Lara Liboni – Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili
Luna Lara Liboni si è laureata all’Università di Galway sul tema delle migrazioni LGBT e ha lavorato presso ORAM, associazione importantissima nella protezione intrnazionale dei rifugiati LGBTI, prima di tornare in Italia presso la CILD. Da lavoratrice del settore ha raccontato dell’operato di ILGA ed EPSILON – EU, oltre che del suo progetto sul portale OPEN MIGRATION.
Da operatrice si è concentrata sull’evidenziare alcune debolezza del sistema di accoglienza dei migranti LGBT. Secondo le stime (purtroppo non ci sono numeri ufficiali) sono infatti circa 10.000 le richieste SOGI che arrivano all’UE ogni anno. Sono persone, sono una minoranza, ma esistono e riscontrano più problemi degli altri nelle procedure di asilo.
Un grosso problema è quello degli stereotipi nelle interviste, al quale spesso si vanno a sommare quelli causati dal dover spesso ricorrere ad un interprete. I metodi con i quali si presume di capire se un soggetto stia raccontando la verità sul proprio orientamento sessuale sono infatti ancora abbastanza aleatori e molto influenzati da stereotipi del tutto occidentali. Per via di questa superficialità si rischiano tanto casi di falso positivo che di falso negativo e a risentirne è il sistema stesso di protezione.
Spesso poi la terminologia con cui si devono trattare le questioni dell’orientamento sessuale delle persone LGBTI si scontra con dei problemi strutturali della lingua madre del migrante. Questa a volte è incompleta o addirittura è intrinsecamente ostile e derogatria, e rende di conseguenza gli intervistati indisposti a parlare delle proprie esperienze o delle persecuzioni subite.
C’è anche un programma di formazione degli operatori dell’accoglienza, spesso insufficiente e inadeguato perché si riesca a comprendere e affrontare le situazioni meritevoli di protezione SOGI. Quello specifico per i migranti LGBTI è solo un modulo del training generico, rivolto tra l’altro a pochissime persone. Manca quindi la conoscenza approfondita delle situazioni che possono presentarsi. A volte, per esempio, le donne LGBTI hanno figli perché hanno subito delle violenze che secondo i colpevoli sarebbero servite a “cambiare” il loro orientamento sessuale (il cosiddetto “stupro correttivo”), e rischiano per questo di non essere credute quando richiedono la protezione SOGI.
Il problema fondamentale nel campo delle migrazioni LGBTI è quindi molto legato alla sua relativa novità. I migranti LGBTI non sono un fenomeno recente di per sè ma la presa di coscienza della loro condizione particolare e delle esigenze che ne derivano sono processi ancora in corso nel circuito dell’accoglienza.
Uno degli obiettivi di questo stesso seminario era quello di aumentare la coscienza del fenomeno e delle sue implicazioni. Questa fortunatamente è in crescita e con essa si può sperare in un miglioramento della protezione SOGI in futuro.
Altri articoli sul seminario:
Migro perché sono: migranti LGBT e religione
Migro perché sono: le tutele per le persone LGBT nel quadro della CEDU
Migro perché sono: le tutele per le persone LGBT nel quadro dell’UE
Migro perché sono: la protezione internazionale per i rifugiati SOGI
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