La politica estera indiana: il Nepal

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

In seguito alle elezioni legislative di dicembre 2017 ed alle presidenziali di marzo 2018, la duplice vittoria del partito comunista in Nepal ha portato l’India a riconsiderare le proprie relazioni bilaterali con questo Paese ed a riorientare le proprie priorità in politica estera.  Il nuovo governo nepalese, infatti, è ideologicamente più vicino al partito comunista cinese: questo potrebbe portare ad un progressivo aumento dell’influenza cinese nella regione, a discapito di quella indiana. Per capire meglio come si sia giunti a questa situazione, occorre quindi analizzare brevemente i rapporti tra India e Nepal in una prospettiva storica.

Le relazioni indo-nepalesi sono state in passato prevalentemente amichevoli: nel 1950, infatti, India e Nepal hanno firmato un accordo di “Pace e Amicizia” attraverso cui decidevano di instaurare una “relazione speciale”, improntata alla cooperazione sia in ambito commerciale che di sicurezza. Questo rapporto privilegiato si estrinseca, inoltre, in una serie di misure “speciali”, come la libera circolazione tra i due Paesi, o le opportunità lavorative e formative riservate ai cittadini indiani in Nepal, e viceversa.

Tre anni fa, tuttavia, il primo significativo momento di tensione: ossia quando, all’indomani della promulgazione di una nuova Costituzione nepalese nel settembre 2015, il governo indiano ha manifestato la sua disapprovazione della stessa attuando di fatto un embargo economico (anche se mai ammesso ufficialmente).

La nuova Costituzione nepalese, infatti, non teneva in considerazione gli interessi della popolazione Madhesi, una minoranza stanziata al confine con l’India che costituisce quasi il 20% della popolazione del Nepal, ma che è sempre stata oggetto di discriminazioni in quanto appartenente per lo più alle caste inferiori. La maggior parte delle volte in cui la minoranza Madhesi ha manifestato per far sentire la propria voce, le proteste sono sfociate in scontri violenti che hanno interessato anche il territorio indiano. E dato che i Madhesi hanno forti legami economici e culturali con gli Stati indiani del Bihar e dell’Uttar Pradesh, l’ondata di malcontento e manifestazioni rischiava di portare instabilità in queste zone di frontiera, motivo per cui l’India ha deciso di schierarsi informalmente dalla parte di questa minoranza e appoggiare le sue rivendicazioni. Secondo diverse fonti, quindi, il governo indiano avrebbe fatto pressione su quello nepalese per una modifica della Costituzione e il rifiuto Nepal ha scatenato in risposta il blocco delle frontiere da parte dell’India. Ufficialmente, invece, l’India ha indicato come causa dell’embargo le proteste dei Madhesi, che effettivamente si stavano svolgendo alle frontiere nel tentativo di ostacolare lo scambio di merci tra i due Paesi.

 

Il Nepal ha subìto pesantemente gli effetti di questo blocco commerciale: l’India rappresenta il suo principale mercato, sia per il volume delle importazioni (4,5 miliardi di dollari, ovvero il 70% del totale) che per quello delle esportazioni (376 milioni di dollari, il 55% del totale). L’embargo ha dunque gravato particolarmente sull’economia nepalese, soprattutto rispetto alla fornitura di petrolio (il 70% del petrolio importato  in Nepal viene dall’India) e, seppur in minor misura, di medicine, di cibo e di kit di prima necessità per i terremotati dell’aprile 2015.

Ultimamente, il rapporto tra India e Nepal sembrava migliorato, in particolare dopo l’ultima visita del Primo Ministro nepalese KP Sharma Oli in India lo scorso aprile, ricambiata dal Primo Ministro indiano Narendra Modi il mese successivo. In queste occasioni d’incontro, i due Paesi hanno ribadito la volontà di rafforzare i legami e la cooperazione intergovernativa: l’India sembra aver capito finalmente l’importanza di mantenere buone relazioni con il vicinato, o forse è semplicemente preoccupata dalle ultime mosse del Nepal in politica estera. Infatti, proprio in questo momento cruciale, il governo nepalese ha deciso di implementare gli accordi stipulati con la Cina circa la cosiddetta Belt and Road Initiative (BRI). I due governi hanno così firmato un “Memorandum of Understanding” che prevede la costruzione di una linea ferroviaria che collegherà il Tibet con Kathmandu, la cui realizzazione è prevista entro i prossimi cinque anni. In questo modo, il Nepal si renderebbe economicamente meno dipendente dall’India e potrebbe dare inizio ad una stagione di relazioni economiche molto redditizie con la Cina.

Nonostante il Primo Ministro Oli abbia sottolineato più volte la volontà del governo nepalese di mantenere buone relazioni sia con il partner cinese che con quello indiano, l’India mostra delle comprensibili riserve riguardo all’adesione del Nepal alla BRI. Innanzitutto, l’India perderebbe l’influenza decisiva che avuto da sempre sulla politica estera nepalese.

Inoltre, uno dei progetti proposti dalla BRI prevede l’estensione della linea ferroviaria in territorio indiano attraverso il Kashmir occupato, ed il governo di Narendra Modi teme che una mossa del genere inasprirebbe i già delicati rapporti con il PakistanAlcuni sostengono che l’India potrebbe trarre molti vantaggi dalla realizzazione di questo progetto, grazie all’intensificazione degli scambi commerciali con la Cina. Altri sono meno ottimisti, ed interpretano la mossa del Nepal come un tentativo di ritagliarsi uno spazio autonomo nella regione, per poter dialogare un giorno alla pari col vicino indiano da cui si è sempre sentito assoggettato. Dopo la crisi del 2015, il Nepal è più consapevole delle proprie debolezze, e per questo motivo sta cercando di diversificare le opzioni commerciali a propria disposizione, nell’ottica di un rafforzamento progressivo del proprio peso economico e politico nell’area. I più scettici sentono risuonare nell’adesione del Nepal alla BRI un campanello d’allarme: l’India vedrà ridursi drasticamente la propria influenza nella regione, e il Nepal potrà ottenere molto più facilmente le concessioni che desidera dal governo indiano, il quale sarà disposto a tutto pur di dissuadere il proprio partner dal portare avanti l’implementazione della BRI.

Una cosa è certa: da questa vicenda l’India ha imparato a proprie spese che scegliere la diplomazia coercitiva spesso è controproducente, e può minare gravemente le relazioni bilaterali.  Il Primo Ministro Modi sta cercando in tutti i modi di rilanciare la propria immagine all’estero (soprattutto in vista delle prossime elezioni del 2019) ed è ancora tutto da vedere che effetti avrà questa sua politica del “neighborhood first” sul lungo periodo.

 

Fonti & approfondimenti

http://www.atimes.com/new-outlook-in-nepals-relations-with-india-and-china/

http://www.dnaindia.com/india/report-warning-bells-for-india-china-nepal-to-build-strategic-tibet-kathmandu-railway-link-2628134

https://timesofindia.indiatimes.com/india/why-modis-visit-to-nepal-is-strategically-important-for-india/articleshow/64120383.cms

https://indianexpress.com/article/india/nepal-prime-minister-k-p-oli-arrives-in-new-delhi-on-3-day-visit-5126125/

 

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