In un’Italia ancora controllata dal regime fascista, confinati nella piccola isola di Ventotene, Altiero Spinelli e Ernesto Rossi immaginarono tra il 1941 e il 1942 l’idea di un’Europa unita, disegnata tra le righe del Manifesto di Ventotene. Durante il secondo conflitto mondiale veniva, quindi, elaborato un pensiero che sarebbe stato poi alle origini dell’europeismo italiano.
Il Manifesto di Ventotene
Il Manifesto di Ventotene, titolo con il quale è ormai nota l’opera “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto” ha rappresentato un volume fondamentale per lo sviluppo della futura costruzione della realtà politica che avrebbe unificato il continente europeo.
Per Spinelli l’esistenza degli Stati sovrani nazionali era la causa della divisione dell’Europa ed era, quindi, necessario prevederne la «definitiva abolizione». Le rivalità e la difesa dei propri interessi nazionali avevano causato gli orribili conflitti che a distanza di due decenni avevano colpito il continente europeo. Per costruire la Federazione Europea era però necessario fondare un movimento che collegasse coloro i quali condividevano tale visione, che si sarebbero posti alla guida del futuro sviluppo.
Alla base del pensiero federalista dei due autori va collocata la lettura delle teorie dei federalisti inglesi che li portò a immaginare un progetto molto ambizioso, gli Stati Uniti d’Europa.
Ernesto Rossi, che aveva una formazione di tipo economico, sosteneva che gli uomini non dovessero essere sottomessi dall’economia, ma che di essa dovessero servirsi in modo razionale ed è a lui che vanno attribuite le previsioni in materia inserite all’inizio della terza parte dell’opera. È interessante notare come di fronte alla difficoltà di creare un’Unione politica, il progetto di integrazione europea fu avviato proprio gettando delle fondamenta di carattere economico con la firma del Trattato CECA nel 1951 e dei Trattati di Roma del 1957.
L’impegno di Spinelli per la costruzione di un’Europa unita continuò anche dopo la liberazione dal confino e la fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1976, prima ancora della prima elezione diretta del Parlamento europeo del 1979, divenne europarlamentare con la delegazione italiana. Propose con fermezza le sue convinzioni, tanto da presentare all’assemblea un progetto di riforma costituzionale che venne approvato a maggioranza assoluta il 14 febbraio 1984, ma in seguito bocciato per l’opposizione del Regno Unito.
Le Lettere politiche di Luigi Einaudi
Un altro attore fondamentale per lo sviluppo dell’europeismo italiano è Luigi Einaudi, che ipotizzava, prima ancora di Spinelli e Rossi, la nascita degli Stati Uniti d’Europa «in attesa di veder nascere in un momento ulteriore dell’incivilimento umano gli Stati Uniti del mondo».
Lo faceva in una serie di articoli pubblicati con lo pseudonimo di Junius sul Corriere della Sera, in seguito raccolti come Lettere politiche. Nella numero sette del 5 gennaio 1918, intitolata La Società delle Nazioni è un ideale possibile?, in particolare, veniva analizzata l’organizzazione creata dopo la Prima Guerra Mondiale come soluzione per le problematiche che erano state all’origine del grande conflitto.
Anche Einaudi prendeva a modello l’esperienza americana, in particolare paragonando le esperienze delle Costituzioni del 1781 e del 1787. Si legge nell’articolo: «sotto la prima, la unione nuovissima minacciò ben presto di dissolversi; sotto la seconda gli Stati Uniti divennero giganti». Con la Costituzione del 1781 veniva lasciata ad ognuno dei 13 Stati «la sua sovranità, la sua libertà ed indipendenza ed ogni potere, giurisdizione e diritto non espressamente delegati al governo federale». Al centro del dibattito vi era dunque il margine di sovranità e indipendenza da lasciare ad ogni Stato.
All’interno del suo articolo, Einaudi individua gli elementi che rendono possibile definire uno Stato «sovrano», e tra questi fa riferimento a «un esercito proprio». Proprio agli inizi del percorso di integrazione europea, venne proposto un progetto di costruzione della Comunità europea di difesa (CED), voluto dalla Francia per frenare la rinascita della potenza tedesca, proprio come era stato fatto per l’industria carbosiderurgica. Lo stesso progetto, però, fu bloccato dall’Assemblea Nazionale francese nell’agosto 1954.
L’evoluzione altalenante della partecipazione dell’Italia al processo di integrazione europea
Nonostante le forti premesse del pensiero europeista italiano, lo sviluppo della partecipazione italiana alla crescita delle Comunità europee non è stato sempre lineare. Momenti di importante partecipazione nei quali l’Italia ha dato un grande contribuito all’evoluzione delle Comunità, si sono alternati a periodi di grande sfiducia.
Le presidenze italiane
L’Italia ha detenuto la presidenza semestrale di turno in periodi che hanno determinato in maniera definitiva il profilo dell’integrazione regionale. Nonostante non fosse la prima volta che il nostro Paese ricoprisse tale ruolo, il turno del primo semestre del 1985 ha rappresentato una fase cruciale. Presidente del Consiglio era allora Bettino Craxi e Giulio Andreotti il suo Ministero degli Esteri. Si trattava della seconda volta nella storia repubblicana italiana che non veniva nominato presidente del Consiglio un esponente della Democrazia Cristiana, principale partito politico italiano dalla fine della Seconda guerra mondiale. La presidenza italiana si apriva, inoltre, dopo le importanti elezioni europee del 1984, nelle quali per la prima volta su base nazionale la DC non si affermava come primo partito, ma veniva superata dal Partito comunista italiano. Si trattò di un evento tanto epocale che quelle elezioni sarebbero state definite del «sorpasso».
La presidenza italiana del gennaio-giugno 1985 si rivelò inoltre importante perché sul piano delle negoziazioni tra gli Stati membri vi era il testo dell’Atto unico europeo, che sarebbe poi stato firmato il 17 febbraio 1986 e che avrebbe rappresentato la prima importante modifica ai Trattati di Roma del 1957.
All’Italia sarebbe poi toccata la presidenza di turno nel 1990, quando il presidente del Consiglio era Giulio Andreotti. Anche in quell’occasione era in corso un’altra importante fase del processo di integrazione europea che avrebbe portato di lì a due anni all’introduzione di radicali modifiche nell’assetto istituzionale europeo con la firma del Trattato di Maastricht.
Le questioni economiche come causa dei periodi di tensione
Nel settembre 1992 l’Italia lasciò assieme al Regno Unito lo SME, il Sistema monetario europeo, costituito principalmente dagli Accordi Europei di Cambio (AEC), che prevedevano la fissazione di una parità centrale per i cambi bilaterali degli Stati membri con una possibile banda di oscillazione del ±2,25%.
La difficoltà italiana di rimanere nel sistema si poteva individuare già considerando che per la lira italiana la banda è stata del ±6% dal 13 marzo 1979 fino al 31 dicembre 1989, per poi andarsi ad aggiungere alle altre valute nella banda più ristretta e comportando, di conseguenza, per la parità centrale una leggera svalutazione. Tra le cause individuate per spiegare questa difficoltà possono essere indicate una forte perdita di competitività dovuta all’eccessiva rigidità del tasso di cambio nominale rispetto al marco, ma anche la promozione di politiche fiscali non abbastanza restrittive.
Da lì a pochi anni le valute nazionali sarebbero state però sostituite dalla moneta unica: l’euro. Con grandi sforzi, l’Italia poté essere tra gli undici Stati membri nei quali essa entrò in vigore il 1° gennaio 1999. L’impegno per raggiungere questo risultato fu portato avanti sia dal Governo Prodi iniziato nel maggio 1996, che dal 1° Governo d’Alema durato fino al dicembre 1999.
Gli anni Duemila
Il Terzo Millennio si è aperto con grandi speranze, presto frantumante, per il processo di integrazione europea. Da parte italiana, il forte europeismo è stato espresso dalla presenza di importanti personalità di nazionalità italiana in alcuni momenti cruciali della storia dell’Unione europea. Nel 2004 fu firmato il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, mai entrato in vigore in quanto bocciato dalla vittoria dei «no» nei referendum tenuti in Francia e nei Paesi Bassi. In quell’occasione Romano Prodi era Presidente della Commissione europea, mentre un altro italiano, Giuliano Amato, era vice-presidente della Conferenza intergovernativa all’interno della quale venne discusso il progetto.
Le ultime elezioni europee, tenute nel 2009 e nel 2014, hanno, infine, dimostrato l’interesse del nostro Paese per questo progetto di unione sopranazionale, se non altro maggiore rispetto alla media europea. I dati del tasso di affluenza alle urne dei cittadini italiani evidenziano una maggiore partecipazione rispetto al valore medio relativo alle elezioni nel resto dell’Unione. Per le elezioni del 2009 il dato dell’affluenza in Italia fu del 65,05%, maggiore di venti punti percentuali rispetto al dato medio europeo pari al 43,24%. Cinque anni dopo, nel 2014, il tasso italiano calava al 57,22%, mentre il dato medio europeo si fermava al 42,61%.
Tra pochi mesi l’Italia, assieme agli altri Paesi membri dell’Unione europea, sarà chiamata di nuovo alle urne per rinnovare l’istituzione assembleare europea. Le elezioni europee, pur riguardando l’intera Unione, si tengono nell’ambito nazionale, secondo leggi elettorali definite da ogni Stato membro. Il dibattito politico attuale mostra la centralità di questo importante appuntamento elettorale e sarà molto interessante tener conto di due importanti elementi. Da un lato si potrà verificare se l’ampia partecipazione degli italiani al voto europeo sarà confermata o meno, dall’altro si prenderà atto di quale linea politica e quale sentimento verso l’Unione avranno la meglio.
Fonti e Approfondimenti
Leonardo Rapone, Storia dell’integrazione europea, Roma, Carocci editore, 2 ed., 2015.
Altero Spinelli, Ernesto Rossi, Il Manifesto di Ventotene, Mondadori, 2006.
Junius, Lettere politiche, Bari, Laterza, 1920.
Treccani, Sistema monetario europeo, http://www.treccani.it/enciclopedia/sistema-monetario-europeo_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Il Foglio, “Berlusconi, Prodi e il dibattito sull’euro”, 10/01/2018, https://www.ilfoglio.it/economia/2018/01/10/news/berlusconi-prodi-e-il-dibattito-sulleuro-172379/
Be the first to comment on "L’evoluzione dell’europeismo italiano: da Einaudi ai nostri giorni"