Europa27: i Paesi nordici

I Paesi nordici hanno rapporti diversi nei confronti dell'Unione Europea
Nathan Hughes Hamilton - Flickr (CC BY 2.0)

NathLa tornata elettorale europea del prossimo 26 maggio in Svezia, Danimarca e Finlandia vedrà coinvolti circa 15 milioni di elettori. La regione nordica raggruppa un nucleo più grande di Paesi, ognuno con rapporti diversi nei confronti dell’Unione Europea. Questo insieme va da Paesi completamente estranei all’UE (Groenlandia e Isole Faroe), a membri della European Economic Area  (Norvegia e Islanda) e Paesi membri dell’UE (Danimarca, Svezia e Finlandia).

Nonostante lo status di membri UE, non mancano tra i tre Paesi importanti differenze che vanno dal livello di integrazione all’approccio nei confronti del dibattito politico europeo. Possiamo vedere, infatti, come si passi da un Paese con tre opt-out come la Danimarca, a uno come la Svezia che non ha adottato l’euro, a uno totalmente integrato come la Finlandia. Inoltre, importanti spunti possono essere presi dal modo in cui, nei tre Paesi, i partiti politici tradizionali stanno reagendo ai nuovi partiti. 

Svezia

Nonostante i costanti successi dell’economia del Paese – quasi sempre al di sopra della media UE – la Svezia vive un dibattito interno molto acceso in altri ambiti, soprattutto in quello dell’immigrazione. Nel 2015, è stato il primo Paese per accoglienza di migranti, ricevendo il più alto tasso di migranti pro-capite al mondo. Integrazione e accoglienza hanno dominato il dibattito pubblico degli ultimi anni, comportando la crescita dei consensi per formazioni di estrema destra come i Democratici Svedesi.

Questi ultimi, con la loro affermazione come terza forza politica, hanno sconvolto il tradizionale bipolarismo che ha da sempre caratterizzato il Paese. L’attuale governo di minoranza socialdemocratico-verde di Stefan Löfven si regge grazie alla non sfiducia dei Liberali, dei Centristi e della Sinistra. All’opposizione, i partiti di centrodestra non intendono portare avanti collaborazioni con i Democratici Svedesi che comportino un arrivo al governo di questi ultimi. In questa dinamica – in cui, senza la forza di estrema destra, i partiti di centrodestra non hanno numeri tali da poter governare – le alternative all’opposizione, per i Moderati e i Cristiano-Democratici, rimangono poche.

Le previsioni sul voto per il Parlamento Europeo del prossimo 26 maggio fotografano la situazione nazionale sopra descritta. I Socialdemocratici (S&D), stando ai sondaggi, con il 23% si riconfermerebbero come prima forza politica. I Democratici Svedesi (ECR), avvicinandosi al 18%, supererebbero i Moderati: un successo, considerando il 9% raccolto alle scorse elezioni europee.

A seguire, i Moderati (PPE), con il 16% si attesterebbero terzi e perderebbero lo status di maggior partito di opposizione. I Cristiano-Democratici (PPE), in miglioramento rispetto al 6% del 2014, si attesterebbero questa volta al 10%; mentre peggiorerebbero i Verdi (TG/EFA), passando dal 15% della scorsa tornata al 9% previsto quest’anno. Per quanto riguarda Sinistra (GUE/NGL), Liberali (ALDE) e Centristi (ALDE), invece, sarebbero riconfermati i consensi tra 4% e 8% del 2014.

Danimarca

Dopo il Regno Unito, la Danimarca è il Paese UE con più opt-out. Infatti non partecipa all’Unione Monetaria, alla Politica di sicurezza e di difesa comune e ha particolari deroghe nell’ambito del settore Giustizia  e Affari Interni. Lo scetticismo danese nei confronti di determinate politiche europee è ben visibile nell’opinione della maggioranza della popolazione – all’interno della quale, per esempio, solo il 30% vorrebbe passare all’euro.

La Danimarca non risulta estranea al populismo: l’esperienza del Partito  Popolare Danese, e il ruolo che esso ha avuto nel sistema di alleanze tra partiti di destra a partire dal 2001, ne sono una dimostrazione. Negli ultimi anni, il Partito Popolare Danese ha raggiunto i suoi migliori risultati elettorali, risultando primo partito alle elezioni europee del 2014 e secondo partito nelle elezioni generali del 2015.

Nonostante ciò, come nell’esperienza svedese, si è formato un governo di minoranza liberal-conservatore presieduto da Lars Løkke Rasmussen, tenuto in piedi proprio dall’alleanza con il Partito Popolare Danese. Il tema dell’integrazione risulta, ancora una volta, fondamentale: delle particolari dinamiche hanno fatto sì che tutti i partiti maggiori – compresi i Socialdemocratici – si spostassero su posizioni molto conservatrici.

La trasformazione dei Socialdemocratici, rispetto al periodo 2011-2015 in cui erano al governo con Helle Thorning-Schmidt, si sta sviluppando in un’ottica di spostamento a sinistra delle proposte economiche e a destra di quelle a proposito di immigrazione. Sul versante dell’euroscetticismo, è importante sottolineare come l’evoluzione caotica della Brexit abbia subordinato il tema “Danexit” nell’agenda di molti partiti anti-establishment, Popolari compresi.

Venendo ai sondaggi, sembra che i Socialdemocratici (S&D), con la nuova segretaria Mette Frederiksen e con il passaggio a proposte più radicali, potranno raggiungere il primo posto nelle elezioni europee di maggio, con il 27%. Il Partito Popolare Danese (ACRE) invece dovrebbe perdere buona parte dei consensi raccolti nel 2014, e attestarsi intorno al 14%. Venste (ALDE), il partito liberal-conservatore attualmente al governo, si attesta a secondo partito, con il 18%; mentre i social-liberali di Radikale Venstre (ALDE) si attesterebbero al 9%.

Finlandia

Lo scorso 14 aprile si sono svolte le elezioni generali, e attualmente non è ancora chiaro chi formerà un governo. Tra le probabili combinazioni, quella composta da sinistra, socialdemocratici, popolari e verdi  è per ora l’unica (più o meno) esplicitamente annunciata. Le forze politiche intenzionate a unirsi in coalizione hanno espressamente dichiarato di non volere la partecipazione dei nazionalisti di Peruss, da poco entrati nel gruppo europeo European Alliance of People and Nations guidato da Matteo Salvini.

Data la situazione, è sicuramente auspicabile un risultato per le europee che non sia troppo dissimile da quello del voto nazionale. I Socialdemocratici (S&D), Peruss (EAPN) e Coalizione Nazionale (PPE) si attestano tutti tra 16% e il 18%, mentre il Partito di Centro (ALDE) e la Lega Verde (Greens/EFA) tra 12% e 14%.

Allargando lo sguardo al post-elezioni europee, la Finlandia giocherà un ruolo ben più importante di quello di uno Stato con soli 13 seggi al Parlamento Europeo. A causa della Brexit, la presidenza finlandese del Consiglio Europeo è stata anticipata di sei mesi: avrà dunque inizio il prossimo 1 luglio e dovrà presiedere su fondamentali dossier – come la nomina della nuova Commissione, il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, la gestione delle migrazioni e il controllo delle frontiere, la questione del rispetto dello Stato di diritto in Polonia e Ungheria e (ovviamente) la Brexit.

Fonti e approfondimenti

Euractiv, “EU country briefing: Denmark”, 28 marzo 2019 https://www.euractiv.com/section/eu-elections-2019/news/eu-country-briefing-denmark/

Euractiv, “EU country briefing: Sweden”, 11 marzo 2019 https://www.euractiv.com/section/eu-elections-2019/news/eu-country-briefing-sweden/

Teija Tiilikainen, FINLAND’S PARLIAMENTARY ELECTIONS WILL BARELY ROCK ITS EU PRESIDENCY, Friends of Europe, 10 aprile 2019 https://www.friendsofeurope.org/publication/finlands-parliamentary-elections-will-barely-rock-its-eu-presidency

Matilda Af Hällström, 2019: the Nordic region at the European crossroads https://www.academia.edu/38049556/2019_the_Nordic_Region_at_the_European_Crossroads

 

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