Europa27: i Paesi del Sudest europeo

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il 26 maggio gli elettori dei Paesi del Sudest europeo membri dell’Unione Europea, ossia Bulgaria, Croazia, Grecia, Romania e Slovenia, saranno chiamati alle urne per eleggere i nuovi rappresentanti del Parlamento Europeo. Trattandosi di cinque Paesi, l’obiettivo di questo articolo è offrire un colpo d’occhio su un’area dell’UE spesso dimenticata, concentrandosi sui partiti e sulle tematiche principali.

Bulgaria

La Bulgaria, Stato membro dal 2007, dovrà eleggere 17 europarlamentari. Secondo gli ultimi sondaggi, i seggi saranno distribuiti essenzialmente tra tre partiti politici.

Il primo partito, con una stima di 8 seggi, è GERB – Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria (affiliato a EPP), una formazione populista-centrista nata nel 2006 sotto la leadership del carismatico sindaco di Sofia, Boiko Borissov. Essa si fonda su principi quali l’anti-corruzione, l’aumento dei redditi, una riduzione dell’IVA e l’introduzione di una flat tax. Il partito si proclama di centro-destra e mira a presentarsi ai cittadini bulgari con qualcosa che somiglia molto a un contratto di governo, basato su tre valori fondamentali: libertà economica, concorrenza in un ambiente con chiare regole e responsabilità, partecipazione statale minima.

La seconda formazione politica, con una previsione di 7 europarlamentari eletti, è la Coalizione per la Bulgaria (affiliato a S&D), guidata dal Partito socialista bulgaro (BSP). Successore del Partito comunista bulgaro, il BSP è portatore delle tradizionali istanze social-democratiche.

L’ultimo partito, con 2 seggi stimati, è il Movimento per i diritti e le libertà (affiliato all’ALDE), formatosi nel 1990 per rappresentare gli interessi e i diritti della minoranza turca musulmana in Bulgaria, soprattutto per quanto riguarda la cittadinanza, l’educazione e l’integrazione sociale.

In generale, uno dei punti più importanti delle prossime elezioni europee è quello dell’affluenza. Infatti, gli scandali che hanno travolto GERB, partito di maggioranza nel Parlamento bulgaro, potrebbero incidere molto sull’affluenza e quindi sull’effettiva vittoria del primo partito del Paese.

Croazia

Ultimo Stato membro a fare il suo ingresso nel 2013, alla Croazia spettano 11 seggi nel Parlamento Europeo. Al suo secondo voto europeo dopo quello del 2014, il Paese vede la prevalenza dei partiti tradizionali HDZ (5 seggi stimati) e SDP (3 seggi stimati), legati rispettivamente a EPP e S&D, mentre il partito liberale e  i partiti anti-sistema si mantengono ai margini della competizione elettorale.

In breve, l’Unione democratica croata – HDZ è stata fondata nel 1989 ed è il partito più grande del Paese, sia per struttura che per iscritti. Non a caso, detiene la maggioranza nel Parlamento nazionale dalle prime elezioni dall’indipendenza dalla Federazione jugoslava a ora, così come anche a livello regionale e locale. I suoi valori sono fortemente legati all’etica cristiana. Invece, il Partito social-democratico della Croazia – SDP è una formazione di centro-sinistra fondata nel 1990 dalla scissione dell’ala social-democratica dalla Lega dei comunisti della Croazia. Essa è la più grande forza di centro-sinistra del Paese e mira a difendere gli interessi della classe media e dei lavoratori, così come dei gruppi sociali più svantaggiati.

Seppur in netta minoranza, i nuovi partiti che entreranno nel PE con 1 seggio ciascuno non sono da sottovalutare. Da un lato troviamo due formazioni di area centro-sinistra: la una nuova coalizione chiamata Amsterdam coalition, composta da varie piccole formazioni politiche di sinistra, e la lista indipendente Most (entrambi vicini all’ALDE). Dall’altro, un emergente partito anti-sistema ed euroscettico legato al Movimento 5 Stelle, chiamato Zivi Zid (letteralmente “Scudo umano”). Nonostante gli osservatori prevedano che questo gruppo guadagni solo un seggio, sarà un soggetto da valutare con attenzione, soprattutto perché ci si aspetta un’affluenza ancora molto bassa (nel 2014 ha votato solo 1/4 della popolazione).

Grecia

Sicuramente la Grecia è uno dei Paesi dove l’appuntamento elettorale di maggio, in cui dovrà eleggere 21 eurodeputati, sarà particolarmente delicato. Infatti, gli ultimi dieci anni di austerity, la pesante crisi migratoria e le forti tensioni interne dovute all’accordo con la Macedonia del Nord sulla risoluzione della disputa sul nome, sono tutti fattori che peseranno molto sulla competizione elettorale e che potenzialmente lasciano molto spazio alle destre.

Secondo Politico, rispetto al 2014 le tendenze elettorali dovrebbero cambiare molto. Se nelle ultime europee SYRIZA deteneva la maggioranza con 6 seggi, seguita da Nea Dhimokratia (ND) con 5 seggi, da Alba Dorata con 3 seggi, e da una serie di partiti minori che non superarono i 2 seggi. Attualmente, si prevede che sarà ND a detenere una larga maggioranza (10 seggi), sorpassando SYRIZA (7 seggi) e Alba Dorata (1 seggio). Rispettivamente, ND e Syriza sono affiliati a EPP e GUE/NGL, mentre Alba Dorata agisce come gruppo indipendente non associato a nessun gruppo politico europeo.

Guardando più da vicino i tre partiti principali, ND è forse l’ultimo partito tradizionale della storia politica greca. Fondato nel 1974 da Konstantinos Karamanlis e custode della transizione democratica del Paese dopo la dittatura dei colonnelli, il partito di centro-destra si fa promotore di liberalizzazioni economiche, privatizzazioni e tasse più basse; è , inoltre, fortemente europeista.

SYRIZA, guidata dall’attuale primo ministro Alexis Tsipras, è una coalizione di partiti di sinistra formalmente nata nel 2004 e da allora ha guadagnato molto consenso. Infine, Alba Dorata è una formazione di ispirazione neo-nazista che è rapidamente cresciuta da gruppo extra-parlamentare a terza forza del Paese. Fanalino di coda è la coalizione Movimento per il cambiamento, nata dalle ceneri del partito socialista ellenico (PASOK), crollato dopo le elezioni del 2015.

Nonostante le elezioni in Grecia siano piuttosto imprevedibili e i sondaggi abbiano sbagliato in più di una occasione, questa tornata elettorale non è da sottovalutare in quanto costituisce un test prima dell’appuntamento nazionale del prossimo settembre.

Romania

Tra i cinque Paesi presi in considerazione, la Romania è il Paese che dovrà eleggere più europarlamentari, con un totale di 32 seggi. Entrato a far parte dell’UE insieme alla Bulgaria nel 2007, attualmente la Romania detiene la presidenza del Consiglio dell’UE. Pertanto, questa tornata elettorale sarà, come in Grecia, un appuntamento piuttosto importante.

I sondaggi danno come primo partito per numero di eletti il Partito social democratico – PSD (affiliato a S&D), con 9 seggi. Fondato nel 1992, è il principale partito di centro-sinistra del Paese. Nonostante sia il primo partito e costituisca la maggioranza in Parlamento, le stime danno il PSD in netto calo rispetto alle scorse elezioni politiche nazionali. Invece, il principale partito di centro-destra e di opposizione, il Partito nazional-liberale – PNL, è molto cresciuto nei sondaggi e dovrebbe raggiungere il PSD in un testa a testa, guadagnando almeno 8 seggi.

La sfida tra i due partiti principali è da tenere d’occhio in vista delle elezioni presidenziali che si terranno a fine anno. Il presidente uscente, Klaus Iohannis (indipendente ma sostenuto dal PNL), si ripresenterà alle urne. Il PSD cercherà di consolidare la sua posizione di maggioranza, ponendo fine ai conflitti inter-istituzionali tra governo e presidente, che si sono acuiti da quando Vasilica Viorica Dăncilă è diventata primo ministro.

Se PSD e PNL competono tradizionalmente per il potere da decenni, queste elezioni europee portano alla luce una nuova formazione politica, ossia l’Alleanza 2020 USR-PLUS. Nata dalla fusione dell’Unione salviamo la Romania e del Movimento Romania insieme; la coalizione è basata sulla lotta alla corruzione, uno dei problemi più gravi del Paese, ed è stimata ad almeno 7 seggi. Gli ultimi due partiti sono entrambi legati ad ALDE, e sono il partito Pro Romania e il partito dei  Liberali e Democratici, con 4 seggi ciascuno.

I sentimenti euroscettici sono abbastanza estranei alle dinamiche politiche romene, come dimostrato anche dall’assenza di partiti anti-sistema dalla competizione elettorale.

Slovenia

La Slovenia è, invece, il Paese che dovrà eleggere meno eurodeputati, con solo 8 seggi a disposizione. Indipendente nel 1991 e Stato membro dal 2004, la scena politica slovena è tradizionalmente frammentata, con nessun partito nettamente dominante, soprattutto dopo la morte dei leader storici dell’esperienza jugoslava.

Tale dinamica si riflette anche sulla competizione elettorale europea, in cui secondo i sondaggi la coalizione di centro-destra vicino all’EPP, formata dal Partito democratico sloveno (SDS) e dal Partito del popolo sloveno (SLS), dovrebbe ottenere 2 seggi, così come i social democratici (affiliati a S&D) e la Lista di Marjan Šarec (in area ALDE). Gli ultimi due seggi dovrebbero essere distribuiti tra i cristiani democratici di Nuova Slovenia (anche quest’ultima vicina a EPP) e Levica (in area GUE/NGL).

Queste previsioni sono in netto contrasto con la tornata elettorale precedente, in cui i partiti associati all’EPP erano in netta maggioranza (5 seggi su 8 totali), mentre gli altri partiti erano riusciti a ottenere o solo 1 seggio oppure erano rimasti esclusi dal PE.

Conclusioni

Come piuttosto evidente dai dati dei sondaggi, i cinque Paesi del Sudest europeo che abbiamo preso in considerazione in questo articolo paiono abbastanza immuni dal populismo europeo, e sembrano assestarsi sulle tradizionali dinamiche che vedono contrapporsi centro-destra e centro-sinistra. Anche in alcuni Paesi come Grecia e Croazia, dove i partiti anti-sistema ed euroscettici sono presenti, essi rimangono in netta minoranza rispetto ai partiti tradizionali.

Tuttavia, ciò non significa che in futuro le cose non possano cambiare, soprattutto dati i problemi che alcuni di questi Stati membri di fresca adesione continuano ad avere, soprattutto in termini di corruzione. Nonostante l’Est Europa venga spesso ridotto solamente al Gruppo di Visegrad (a cui sarà dedicato un articolo a parte), è bene ricordare che non è così e che questi Paesi fanno parte di un contesto politico fondamentale per l’Unione Europea.

Inoltre, l’adesione di Slovenia e Croazia costituisce un esempio di successo dell’integrazione europea ai Balcani occidentali, sebbene le prospettive di allargamento ai cosiddetti WB6 (Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia) paiono sempre più lontane e dipenderanno molto dagli esiti delle prossime elezioni europee.

Fonti e Approfondimenti:

Euractiv, “Poll: Bulgarian centre-right GERB party to get 37% of votes in EU elections”, 29/11/2018, https://www.euractiv.com/section/eu-elections-2019/news/poll-bulgarian-centre-right-gerb-party-to-get-37-of-votes-in-eu-elections/

Euractiv, “EU: country briefing series” https://www.euractiv.com/topics/country-briefing/

Norwegian Centre for Research Data – European Elections Database, https://nsd.no/european_election_database

Politico EU – European Elections 2019, https://www.politico.eu/2019-european-elections/

Politico EU – EU elections snapshot – Greece, 12/04/2018, https://www.politico.eu/newsletter/2019-european-election/politico-greece-playbook-presented-by-european-gaming-and-betting-association-post-bailout-blues-new-democracy-rides-high-tsipras-eus-biggest-reform/

https://balkaninsight.com/2019/02/19/balkan-voters-to-choose-centrist-meps-over-populists-survey/

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