Dopo l’indipendenza dall’impero Asburgico, il destino della Croazia è stato legato inesorabilmente a quello della Jugoslavia. Dalla creazione del Regno SHS, alla resistenza contro l’invasione nazista, fino al momento della dissoluzione della Federazione, la Croazia è stata una degli attori principali della storia jugoslava. Dalla fine del conflitto degli anni ’90, l’obiettivo del Paese è stato il raggiungimento dei requisiti politici ed economici necessari per l’adesione all’Unione Europea.
Popolazione: 4,292,095 abitanti
Superficie: 56,594 kmq
Densità di popolazione: 74.5 ab./kmq
Capitale: Zagabria
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Gruppi nazionali: croati 90%; serbi 4.4%; altri 4.4%; non specificato 0.8%
Religioni diffuse: cattolici 86.3%; ortodossi 4.4%; altri 1.5%; non specificato 2.5%; atei 3.8%
Lingua ufficiale: croato 95.6%
Altre lingue: serbo 1.2 %; altro 3%; non specificato 0.2%
Posizione rispetto all’UE: Paese membro dal 2013
Storia politica
L’insediamento delle prime popolazioni slave nel territorio dell’attuale Croazia risale al VI secolo. Nel X secolo, dopo un primo periodo di indipendenza, la Croazia cadde prima sotto il dominio ungherese e poi sotto quello asburgico. La Dalmazia (una delle cinque regioni storiche croate) rimase sotto Venezia fino al 1797, per poi passare anch’essa sotto l’Austria.
L’unificazione del territorio croato avvenne solo dopo la fine della prima guerra mondiale, nel 1918, con la Costituzione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (Regno SHS). In questa fase storica iniziarono le divergenze tra Croati e Serbi, in particolare riguardo al modello amministrativo da adottare nel Regno. Infatti, mentre i Croati erano promotori di un modello decentrato (già invocato più volte nel periodo di dominazione asburgica), i Serbi erano grandi seguaci del centralismo amministrativo francese.
Le tensioni tra i due gruppi crebbero a tal punto da far cadere il Regno dopo l’assassinio, nel 1928, di Stjpan Radić, leader del Partito contadino croato, seguita dall’instaurazione di una dittatura monarchica sotto la guida di re Aleksandar. La Croazia divenne quindi parte del neonato Regno di Jugoslavia. Furono proprio i nazionalisti croati filofascisti (ustaša) ad uccidere il Re nel 1934.
L’autonomia della Croazia all’interno della Jugoslavia, ottenuta nel 1939, fu ulteriormente ampliata quando, nel 1941, il territorio jugoslavo fu invaso dalle truppe naziste e la Croazia fu dichiarata regno indipendente, con alla guida un Savoia e con un governo controllato dagli ustaša di Ante Pavelić. Quest’ultimo durante la guerra si macchiò di gravi eccidi di massa colpendo serbi, ebrei e comunisti, con il sostegno della Chiesa cattolica. La resistenza antifascista guidata da Tito riuscì a liberare la Jugoslavia dall’invasore e, nel 1944, con la liberazione di Zagabria, la seconda guerra mondiale finiva ufficialmente nel Paese.
Negli anni ’60, le richieste di maggiore decentramento furono riprese da una nuova generazione di leader comunisti, alla quale si affiancò un’ondata di nazionalismo che Tito represse con la forza. Dopo una prima fase di graduale liberalizzazione intellettuale, con la nuova Costituzione federale del 1974 si giunse all’attribuzione alle unità federali della competenza in materia di gestione del commercio e della valuta pregiata. Lo Stato e il Partito mantennero, però, un ruolo centrale, impedendo lo sviluppo di un sistema democratico plurale.
Nel 1990, alla vigilia della dissoluzione della Jugoslavia, si tennero le prime elezioni libere, che videro nuovamente l’affermarsi di un solo partito: la Comunità democratica croata (HDZ), di Franjo Tudman. Eletto Presidente della Repubblica con ampi poteri esecutivi, Tudman diventerà una figura chiave della storia politica croata. Dopo essere stata proclamata indipendente il 25 giugno 1991, a seguito dell’esito favorevole del referendum, la Croazia fu successivamente colpita da numerose insurrezioni da parte della minoranza serba, dovute ai richiami nazionalistici e al ridimensionamento dei diritti dei serbi. In questa fase merita di essere ricordata la Battaglia di Vukovar, un assedio di 87 giorni da parte delle forze armate federali sostenute da gruppi paramilitari serbi, che culminerà in un massacro di civili e militari croati.
Come sappiamo, il conflitto nei Balcani ebbe origine in Slovenia e questi primi scontri, ancora limitati, privarono la Croazia del controllo di un terzo del proprio territorio. Tuttavia, nel 1992, essa ottenne il riconoscimento internazionale ed entrò a far parte dell’ONU, insieme a Slovenia e Bosnia-Erzegovina.
Sotto la guida di Tudman, la Croazia tentò di ridefinire i propri confini a scapito della Bosnia-Erzegovina, accordandosi con Milosevic e sostenendo apertamente il separatismo dei croato-bosniaci dell’Erzegovina, che si stavano macchiando di gravi azioni di pulizia etnica a danni della comunità musulmana. Costretta dagli Stati Uniti ad allearsi con i musulmani di Izetbegović, la Croazia poté contare sul sostegno americano che le permise di sferrare gli ultimi attacchi decisivi per riconquistare buona parte dei territori controllati dai serbi, eccetto la Slavonia orientale.
Nel novembre del 1995, a completamento degli Accordi di Dayton, che posero fine al conflitto in Bosnia-Erzegovina, fu firmato anche l’Accordo di Erdut, secondo il quale la Slavonia orientale, ultima regione in territorio croato controllato dai serbi, sarebbe stata amministrata dall’ONU in un periodo di transizione, per poi tornare sotto il controllo croato, come avvenne il 15 agosto del 1998. L’accordo stabiliva anche che la Croazia dovesse favorire e garantire le condizioni di sicurezza per il ritorno dei profughi serbi nel territorio, ma durante l’era Tudman non è mai accaduto.
Dopo la morte di Tudman nel 1999, la Croazia è entrata in un lungo periodo di transizione finalizzato a far entrare il Paese nell’Unione Europea. Si iniziò quindi a lavorare alacremente alle consistenti riforme di tipo economico e amministrativo, necessarie per l’adesione del Paese alla compagine europea. Inoltre, un altro requisito fondamentale posto dall’UE era la piena collaborazione della Croazia con il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, specialmente per quanto riguardava l’arresto e l’estradizione del super-ricercato Generale Ante Gotovina, la cui prolungata latitanza aveva fatto sorgere numerosi dubbi riguardo alla volontà del governo di arrestare quello che per molti croati rimarrà un eroe popolare della guerra di indipendenza croata. Le tensioni politiche che se sono derivate sono sfociate nel congelamento dei negoziati per l’adesione all’Unione, prevista inizialmente nel 2005.
Dopo l’arresto del Generale (che sarà poi assolto), gli ostacoli sulla strada della piena integrazione sono stati rimossi e la Croazia è entrata ufficialmente a far parte dell’Unione Europea nel 2013. Il Paese, con l’alternarsi delle legislazioni, ha mantenuto una strada fortemente europeista, intraprendendo numerose riforme, come quella della giustizia e della pubblica amministrazione, e sostenendo politiche economiche verso il contenimento dell’elevato debito pubblico croato.
Prospetto economico
Dal punto di vista economico, la Croazia era una delle repubbliche federali più ricche della Jugoslavia. Nonostante ciò, anch’essa ha sofferto in termini economici a causa della guerra seguita alla dissoluzione della Federazione. Tra il 2000 e il 2007, l’economia del Paese ha mostrato segni di miglioramento e di crescita costante del PIL tra il 4% e il 6%, prodotto da una ripresa del turismo e delle spese per consumi. In quel periodo l’inflazione è rimasta sotto controllo e la valuta (la kuna) stabile.
La Croazia ha subìto un improvviso rallentamento economico dovuta alla crisi finanziaria globale del 2008 ed è tuttora in lenta ripresa. La crescita economica è stata stagnante o negativa dal 2009 al 2015 e solo nel 2016 è riuscita a risalire. Alcuni problemi strutturali rimangono, come ad esempio l’alto tasso di disoccupazione, uno sviluppo regionale impari e un clima difficile per gli investimenti. Nel 2016 sono state intrapresi alcuni cambiamenti per migliorare l’ambiente commerciale, semplificando il sistema fiscale per stimolare la crescita dal consumo privato agli investimenti stranieri. Negli anni passati, la Croazia ha lavorato per diventare un attore regionale nel campo dell’energia e ha pianificato di importare gas naturali e di ri-esportarlo nei paesi europei.
Dopo aver aderito all’Unione Europea, la Croazia sarà membro del Meccanismo di Cambio Europeo fino a che non sarà in grado di unirsi all’Unione Economica e Monetaria e di assumere l’Euro come propria valuta.
Componente etnico-religiosa
La Croazia è composta principalmente da croati, anche se sono presenti altre minoranze etniche, tra cui la più numerosa è quella serba. Purtroppo l’attuale distribuzione etnica è frutto delle operazioni di pulizia etnica e dell’alto numero di sfollati che non hanno fatto mai ritorno nelle proprie case. Infatti, nonostante gli Accordi di Erdut prevedessero che i profughi serbi dovessero tornare nel proprio territorio di origine, la combinazione di lentezze intenzionali del governo croato e di timore da parte dei serbi di essere soggetti a nuove violenze ha fatto sì che solo 3.000 serbi su 300.000 fuggiti nel 1995 hanno fatto ritorno in Croazia.
Dal punto di vista religioso, la religione più diffusa è quella cristiana cattolica, con a seguire quella delle minoranze (cristiana ortodossa e musulmana).
Bandiera
La bandiera croata è estremamente legata a simboli della tradizione. Essa infatti richiama i tre colori del pan-slavismo (rosso, bianco, blu), sui quali è posto lo stemma ufficiale croato. Lo stemma consiste in uno scudo a scacchi bianchi e rossi, sopra il quale si trovano altri cinque scudi che vanno a formare una corona su quello principale. I cinque piccoli scudi rappresentano le cinque regioni storiche della Croazia (da sinistra a destra): Croazia, Dubrovnik, Dalmazia, Istria e Slavonia.
Fonti e Approfondimenti
Privitera, Francesco (a cura di). Guida ai paesi dell’Europa centrale orientale e balcanica. Annuario politico-economico 2010. Bologna: Il Mulino (2011).