La gestione della cosa pubblica sembra essere in buone mani quando affidata a esperti e uomini di palazzo. Tuttavia, può accadere che agenti esterni, dalla mentalità più pragmatica e meno avvezza al potere, riescano a influire sulle decisioni dei funzionari e dei governanti. A volte, può essere il mercante, con la sua mentalità orientata all’efficienza e alla pratica, a influenzare le decisioni del burocrate.
La Nuova Lega Anseatica (Hansa 2.0) sembra voler portare la mentalità mercantile nei palazzi di Bruxelles per dirigere le politiche dell’UE. E per ora, lo ha fatto con successo.
Nata nel febbraio 2018, l’Hansa 2.0 prende vita dall’accordo tra otto ministri delle Finanze di altrettanti Paesi dell’UE: Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Finlandia, Lituania, Estonia, Lettonia e Irlanda. Non è un’alleanza ufficiale né una coalizione istituzionalizzata. Si tratta di un gruppo di lavoro, un circolo di discussione tra rappresentanti ufficiali di Stati che condividono le stesse visioni in ambito economico.
Il suo nome è stato creato dalla stampa, ma i partecipanti l’hanno adottato in quanto stabilisce un rapporto di parentela con la Lega Anseatica (Hansa) che tra il XII e il XVII secolo controllava, seppur informalmente, il Mare del Nord. Simili caratteristiche sono proprie anche dell’Hansa 2.0, che ha attratto le antipatie del presidente francese Macron e ha suscitato la simpatia della cancelliera tedesca Merkel.
Gli obiettivi della Lega odierna sono ristretti all’ambito monetario e fiscale. Sostiene la politica del pugno di ferro con i Paesi membri dell’Europa meridionale le cui economie arrancano, suggerisce una riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità e l’unione bancaria nel continente, ma allo stesso tempo osteggia progetti di ulteriore integrazione politica nell’UE. L’effettiva rilevanza della Nuova Lega Anseatica è difficile da valutare al momento. Tuttavia, nell’equilibrio interno all’UE ricoprirà un ruolo cruciale proprio grazie alla struttura informale e “flat” che aveva portato al successo l’Hansa originale.
La “neo-medievalizzazione” dell’Europa
La Lega Anseatica originale era un’alleanza tra le gilde commerciali delle maggiori città della Germania nord-occidentale del XII secolo, nel cuore del Sacro Romano Impero. Incastonata nel complesso apparato burocratico del territorio imperiale, la Lega riuscì a sfruttare le capacità dei mercanti di creare un moderno network che controllasse i traffici commerciali della zona, in particolare nel Mare del Nord, verso Inghilterra e Paesi Bassi. I partecipanti si riunivano in sporadiche diete per discutere e iniziare conflitti commerciali o militari contro invasori e pirati nelle loro tratte marittime.
Riuscirono a guadagnare l’esclusività nel commercio dell’area ed esercitavano un potere informale più sentito di quello dell’imperatore. La Lega attrasse l’antipatia di sovrani come lo zar e la corona britannica, che nel XVII secolo dichiararono guerra alla Lega Anseatica e la espulsero dalle loro città. Questo segnò il declino e la morte del gruppo. Tuttavia, rimane viva nella memoria delle odierne città tedesche l’efficacia di questa alleanza, che non si fondava su istituzioni o governatori, ma sulla ricchezza dei mercanti e sulle loro conoscenze.
La sua caratteristica di andare oltre i confini nazionali ha fatto pensare a molti alla Lega come antesignana dell’Unione europea. Nonostante la discutibilità del paragone, si trattava di un modello di governance molto influente in quello che era il suo maggiore interesse, ossia gli scambi commerciali. Questa specializzazione in un solo settore e la sua mancanza di una struttura ufficiale ne sono state sia la fortuna che la condanna, poiché l’Hansa non seppe contrastare il rafforzamento degli Stati nazionali. Probabilmente è più corretto affermare che la Lega Anseatica fosse ciò che l’Unione europea sarebbe dovuta diventare: un’alleanza fondata su trattati commerciali che non implica alcuna appartenenza politica.
La struttura della Nuova Lega Anseatica è molto simile a quella originaria: decentrata, informale, orizzontale. L’analogia con la vecchia Lega, con le dovute correzioni, è evidente: un gruppo di ministri delle Finanze di Paesi nordici che si incontra in maniera disimpegnata nei ristoranti di Bruxelles, proprio accanto alle istituzioni dell’UE. L’influenza del gruppo è considerevole, se teniamo conto delle recenti riforme applicate al MES di cui l’Olanda in primis si è fatta promotrice.
L’efficacia di questo modello, che va al di là dei confini nazionali, ha portato a indicarlo come chiave del futuro dell’Unione europea, nel processo di “neo-medievalizzazione” che sta attraversando: strutture trasversali, transnazionali, come ai tempi della Vecchia Lega. Modelli snelli, non istituzionalizzati che mantengono forte influenza sulle politiche comuni dell’intera Unione.
Nel Medioevo c’erano le corporazioni, la Chiesa e gli Stati nazionali a convivere nel continente. Oggi, sembra che la nascita di progetti e organizzazioni transnazionali possa supplire alle mancanze di un complesso sistema burocratico come quello dell’UE allo stesso modo in cui l’alleanza delle gilde commerciali nel XII secolo voleva ovviare alla lentezza dell’Impero nel rispondere alle loro esigenze.
Brexit e la Nuova Lega Anseatica
La Nuova Lega Anseatica è nata in risposta alla Brexit, data la necessità dei suoi membri di trovare un sostituto al loro storico alleato nel continente. Prima di allora, l’equilibrio politico nell’Unione europea si appoggiava su tre pilastri: Londra, Parigi e Berlino, le tre maggiori economie dell’Eurozona.
Di queste, il Regno Unito era portavoce del neoliberismo radicale e dell’individualismo tipici della cultura anglosassone, opponendosi all’integrazione politica tra gli Stati dell’Unione e favorendo il libero mercato. Al contrario, la Francia, soprattutto sotto la presidenza di Emmanuel Macron, è stata paladina del progetto europeo ed è arrivata a implementare politiche economiche protezioniste. Nel mezzo, la Germania, più vicina al Regno Unito in termini ideologici, sfruttava questa polarità per appoggiare misure che le fossero più favorevoli, da una parte e dall’altra. Sotto l’ala protettrice di Londra si allineavano Stati minori e meno influenti che tuttavia sostenevano l’approccio liberista; primi fra tutti, i Paesi Bassi.
Con l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, l’equilibrio si è rotto e ora poggia sul tandem franco-tedesco. Per i Paesi satellite del Regno Unito questo costituisce un ostacolo ai loro progetti economici. Parigi detta la linea dell’UE, spostando il baricentro del potere più a sud, e la Germania si oppone in maniera poco convinta per mantenere i rapporti diplomatici. Emblema del nuovo equilibrio a due è il trattato di Aquisgrana.
L’idea della Nuova Lega Anseatica nasce dal desiderio di controbilanciare il peso di Parigi. I Paesi Bassi non possiedono il potere britannico, ma in coalizione con altri Paesi minori la loro influenza cresce. Gli otto membri della Lega quindi collaborano per evitare un accentramento del potere a sud, all’Eliseo, e portano avanti gli stessi ideali in ambito economico e monetario; riassunti in un testo fondativo informale redatto al loro primo incontro.
Proprio nella riforma del MES si è avuta conferma dell’influenza dell’Hansa 2.0. Infatti, sono stati i Paesi nordici ad appoggiare queste modifiche attraverso un documento presentato all’Eurogruppo l’8 novembre 2018. Il tutto per velocizzare il percorso verso un’unione bancaria, di cui i membri dell’Hansa sono convinti sostenitori.
Tuttavia, nonostante questo successo (non completato, visto il dibattito in Italia e l’inevitabile rinvio dell’attuazione della riforma), è difficile prevedere allo stato attuale un’impronta determinante di questo gruppo sulla futura politica europea. Questo per una questione di numeri: la popolazione dei Paesi dell’Hansa 2.0 ammonta al 10% di quella totale del continente, ancora troppo poco per essere significativa. Ma da un punto di vista geopolitico, potrebbe essere la chiave per il futuro dell’UE.
La Nuova Lega Anseatica si pone come l’erede del Regno Unito, di cui ambisce a prendere il posto come terzo polo negli equilibri dell’Unione. Non ne è felice la Francia, che ambisce a proseguire il percorso di integrazione europea, ma ne è entusiasta la Germania, che desidera la nascita del terzo polo per arginare Parigi. Berlino vuole mettere le mani sulla Lega e portarla sotto la propria sfera di influenza, cosa che non gli era possibile con il Regno Unito. Così facendo, il baricentro dell’UE si sposterebbe verso nord, cosa per nulla negativa per i Paesi Bassi e l’Hansa 2.0.
Questi ultimi costituirebbero il paracadute per la Germania nel caso in cui il progetto europeo fallisse o non andasse come sperato. Non è quindi corretto vedere nel tandem franco-tedesco il futuro dell’Europa. Il futuro potrebbe giocarsi tra L’Aia e Berlino, o meglio, nel ruolo che riuscirà a ritagliarsi la prima nello scacchiere. In particolare, sarà cruciale la sua capacità di affermarsi come terzo pilastro dell’UE senza diventare un mero satellite tedesco.
A contrastare questo tentativo di ingerenza nell’Hansa 2.0 da parte della Germania punta Londra, che invece vede nella Nuova Lega Anseatica il proprio ultimo baluardo sul continente. Il gruppo stesso è figlio dell’ideologia anglosassone e ne stima sia l’approccio in economia che nella difesa: l’Hansa è una convinta sostenitrice della NATO e dell’inutilità di un esercito europeo. In questo si allinea perfettamente all’asse atlantico con Londra e Washington contro i proclami francesi.
E anche Washington rientra nel grande gioco che si svolge in Europa. Da sempre nemica dell’espansione dell’influenza tedesca nel continente, l’amministrazione USA tenterà di mantenere il controllo sull’Aia, Dublino e gli altri partner del gruppo, onde evitare un’eccessiva sottomissione ai dettami tedeschi. La partita per il futuro dell’UE sembra quindi giocarsi in Olanda.
Conclusione
Tutto ciò sembra indicare che non sia sbagliato indicare la “neo-medievalizzazione” come modello del futuro geopolitico. Flessibilità e struttura orizzontale, opposte a burocrazia e organizzazione verticale delle istituzioni, garantiscono maggior margine di manovra e imprevedibilità, oltre che grande efficacia, come dimostra il MES.
Al momento, la Nuova Lega Anseatica non ha i numeri per contare in Europa. Tuttavia, allargandosi a nuovi membri e sfruttando la posizione di centralità che sta assumendo a livello internazionale, assumerà un ruolo chiave nel successo (o fallimento) del progetto dell’Unione europea. La maggiore o minore integrazione tra gli Stati membri passerà attraverso la futura politica economica dell’Unione, in cui il peso della voce dell’Hansa 2.0 è destinato a crescere. Il rischio di un rafforzamento dell’UE a due velocità, con gli Stati del nord che tagliano i rapporti con il fardello dell’Europa meridionale, è alto e sembra rappresentare la visione di alcuni membri della Lega.
Questo potrebbe essere facilitato dall’ondata sovranista sul continente. L’antica Hansa non resse il confronto con Stati nazionali forti e accentrati. Allo stesso modo, il crescente nazionalismo populista nei Paesi del continente potrebbe rappresentare la maggiore minaccia per l’esistenza della Nuova Lega Anseatica. Un motivo in più per isolarsi dal meridione. Al momento, quindi, sembrerebbe che sia la Nuova Lega Anseatica ad avere bisogno dell’Unione europea per potersi rafforzare più di quanto non sia vero il contrario.
Fonti e approfondimenti
Arak, P., “Why it’s time for the Hanseatic League 2.0″, Euobserver, 8 novembre 2018.
ESM. Reform of the ESM – speech by Klaus Regling. Esm.europa.eu, 9 settembre 2019.
Hanseatic Statement on the ESM, 11 novembre 2018.
Khan, M., “The Hanseatic League 2.0”, Financial Times, 7 novembre 2017.
Krotz, U. e Schild, J., “France and Germany will dominate the EU after Brexit – but they won’t go unchallenged”, EUROPP – European Politics and Policy, London School of Economics and Political Science, 28 gennaio 2019.
Lewicki, G., “Hansa 2.0: A return to the Golden Age of trade?”, Polish Economic Institute, gennaio 2019.
Petroni, F., “La Nuova Lega Anseatica”, Limes, 7 maggio 2019.
Pignatelli, M., “La Nuova lega anseatica, voce dei rigoristi del Nord”, Il Sole 24 Ore, 24 maggio 2019.
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