Il prossimo 8 maggio in Sudafrica si voterà per le seste elezioni generali dopo la fine del regime di apartheid. Alla fine di queste votazioni l’intero Parlamento, il presidente e i governi delle 9 province saranno rinnovati. Dopo lo scandalo che ha travolto l’ANC e il declino della leadership di Jacob Zuma, queste elezioni 2019 potrebbero riservare sorprese per i 3 partiti principali del Paese, che andiamo ora a vedere più da vicino.
Come abbiamo visto il Sudafrica è un Paese a rappresentanza proporzionale e si vota con liste bloccate, quindi per i partiti e non direttamente per i candidati, e il leader della forza di maggioranza sarà il nuovo presidente. Questo rende ancora più importante guardare ai partiti che animano la politica sudafricana, perché è a essi che verranno indirizzati i voti.
L’African National Congress (ANC)
L’ANC è il principale partito del Paese dalla transizione del 1994. Fin da allora ha sempre mantenuto una larghissima maggioranza nei governi locali e nel Parlamento, di cui ha ottenuto regolarmente oltre il 60% dei seggi. Nelle scorse elezioni del 2015 il partito ha raggiunto il 62% dei consensi, che per via della legge elettorale sudafricana si sono tradotti in 249 seggi sui 400 dell’Assemblea Nazionale.
L’ANC ha una storia lunga e complessa, che inizia nel 1912 con la creazione del South African Native National Congress (SANNC), partito che aveva l’intenzione di riunire la popolazione nera della colonia inglese del Sudafrica e guidare la sua lotta contro le ingiustizie del regime di allora. Il partito cambiò presto il nome in ANC e continuò a battersi contro le discriminazioni politiche ed economiche anche dopo la fine del dominio straniero.
Dal 1948 in poi il suo bersaglio diventò il regime di apartheid del Sudafrica indipendente, affrontato anche con le armi dal suo ramo militare, la Umkhonto we Sizwe fondata da Nelson Mandela dopo il massacro di Sharpeville del 1960. Il partito fu dichiarato illegale e agì in clandestinità e in esilio per tutta la Guerra Fredda, fino alla transizione democratica sudafricana degli anni Novanta.
A queste elezioni quindi l’ANC si presenta per confermare ancora una volta la sua storica maggioranza, ma anche e soprattutto per legittimare la nuova leadership di Cyril Ramaphosa e inaugurare un nuovo corso dopo la fine catastrofica della presidenza di Jacob Zuma. L’ex presidente è accusato di corruzione e di aver creato una rete di patronage, oltre che di aver fallito nelle politiche economiche. Negli anni tra il 2009 e il 2018 infatti il Paese ha rallentato drasticamente la sua crescita economica, oltre che ridurre le politiche di welfare.
Zuma e la sua corrente sono però ancora molto influenti all’interno del partito e hanno un grande consenso tra la popolazione rurale povera grazie alle loro politiche populiste, alle loro reti clientelari e al fatto che con il tempo sono ascesi alle alte cariche dell’ANC. Ramaphosa non potrà realizzare la sua agenda senza combattere anche dentro il partito, visto che qualsiasi riforma andrà trattata con il “vecchio” establishment dell’ANC, di cui anche l’attuale presidente è stato membro.
Ramaphosa ha quindi bisogno di dimostrare che le riforme che ha intrapreso fino a ora e quelle che ha annunciato sono in grado di convincere l’elettorato ad affidarsi ancora all’ANC. Se Ramaphosa otterrà un buon risultato la corrente di Zuma sarà indebolita, mentre se la sua azione non sarà abbastanza incisiva il partito potrebbe guardare nuovamente con favore ai vecchi personaggi populisti, politicamente screditati ma con un forte ascendente sulla popolazione.
Per molti analisti la soglia oltre la quale Ramaphosa potrà celebrare un successo è quella del 60%; sotto di essa sarà vulnerabile al “gioco del trono” interno al partito.
L’ANC oggi si dichiara un partito socialdemocratico, espressione della nazione che ha superato il regime di segregazione. Non a caso, ancora oggi il cuore dell’agenda politica dell’ANC è, almeno sulla carta, la lotta alle differenze socioeconomiche causate dal colonialismo e dall’apartheid nell’ultimo secolo.
Il discorso sulla diseguaglianza che esiste tra quelle che una volta si definivano “razze” è infatti oggi un tema centrale della politica sudafricana, vista la profondissima frattura economica tra la maggioranza nera della popolazione (80%), quella bianca (9%) e le altre comunità, soprattutto quella asiatica.
Il Sudafrica è oggi infatti uno tra i Paesi più diseguali del mondo e la comunità bianca è in media decisamente più ricca di quella nera, con le altre nel mezzo. Diseguaglianza, razza e appartenenza sono quindi volontariamente mescolate nel discorso politico sudafricano, e determinano fortemente il comportamento di voto degli elettori.
L’ANC nasce come partito multiculturale, impegnato nello smantellamento della segregazione. Oggi il partito si presenta come difensore della popolazione nera impoverita, spesso con toni populisti, e la sua lotta politica contro l’apartheid gli procura ancora un grande prestigio tra la popolazione più anziana che il regime lo ha vissuto. Per questo, anche al di là della politica attuale, è difficile pensare che l’emorragia di consensi possa essere tale da perdere la maggioranza assoluta.
La Democratic Alliance (DA)
La DA è il partito principale dell’opposizione al governo ANC, che nel sistema sudafricano si traduce nello status di “opposizione ufficiale”. Il partito è fortemente centrista e liberale, ed è impegnato sia in politiche di welfare di stampo più socialdemocratico che in altre più marcatamente pro-business.
Il partito nasce ufficialmente nel 2000 ma è l’erede politico del Partito Progressista, il gruppo liberale anti-apartheid che incarnava la sinistra del Sudafrica segregazionista. Da allora è cresciuto molto e oggi ottiene più del 22% dei consensi a livello nazionale, specialmente nelle grandi città di cui spesso esprime i sindaci.
Oggi raccoglie i voti di una popolazione principalmente urbana, mediamente più anziana e istruita rispetto alla media. In un Paese diseguale come il Sudafrica è questo a rendere la DA il partito di riferimento della comunità bianca, ma a differenza del 2000, oggi la maggioranza dei suoi consensi viene dalle comunità nera e asiatica che hanno visto migliorare il proprio stile di vita dopo il 1994.
L’attuale leader del partito è Mmusi Maimane, che incarna l’anima conservatrice del partito centrista. Il leader dell’opposizione, classe 1980 originario di Soweto, è infatti anche un pastore e una figura importante della Liberty Church sudafricana, e prima di dedicarsi alla politica lavorava nel settore delle consulenze.
La carriera politica di Maimane inizia ufficialmente con la sua corsa a sindaco di Johannesburg nel 2011, che ha perso, ma gli ha garantito una rapida carriera nel partito. Il giovane brillante è stato molto apprezzato dall’establishment della DA e nei suoi anni da capo dell’opposizione nel municipio di Johannesburg è asceso fino a divenire il primo segretario nero della DA a soli 34 anni.
Oggi guida il suo partito alle elezioni 2019 con un programma incentrato sulla lotta alla corruzione e il rilancio dell’economia e dello stato sociale. Il manifesto del partito è un atto di accusa all’ANC, con l’obiettivo di eroderne il consenso. Sebbene non abbia grandi possibilità di successo al livello nazionale, questa strategia potrebbe essere ricompensata a livello locale.
Gli Economic Freedom Fighters (EFF)
L’EFF rappresenta la seconda forza di opposizione del Sudafrica, anche se il suo 6,35% dei voti conquistati nel 2014 lo rende meno influente della DA all’interno dell’Assemblea Nazionale. Il partito esprime una sinistra radicale, di ispirazione marxista-leninista e antimperialista, con forti richiami al socialismo africano di Thomas Sankara.
L’EFF accusa i suoi rivali ANC e DA di aver aggravato le disuguaglianze sociali del Sudafrica con le loro politiche liberali pro-business; queste avrebbero avvantaggiato solo pochi individui a scapito della popolazione più povera, che oggi sarebbe la forza lavoro a basso costo e senza diritti delle grandi compagnie che cercano affari nel Paese.
Dal punto di vista dell’identità l’EFF è un partito che fa esplicitamente riferimento alla comunità nera giovane e impoverita. Non è un caso che sia uno dei principali promotori di una riforma agraria radicale, che acceleri l’espropriazione di terre ai latifondisti bianchi per redistribuirle ai piccoli agricoltori locali, atteggiamento che ha attirato molte critiche al partito.
Il leader del gruppo è Julius Malema, che ha lasciato l’ANC nel 2012 proprio per fondare l’EFF, da lui definito l’erede dell’agenda radicale che il partito di governo ha abbandonato. Sotto la sua guida, oltre alla controversa posizione sulla riforma della terra, il partito ha sviluppato un manifesto basato sul supporto ai lavoratori, sul miglioramento dei servizi sociali e sull’azione positiva contro le diseguaglianze economiche.
Cosa attendersi dal voto?
I tre partiti che abbiamo visto sono i principali sfidanti di queste elezioni, anche se ufficialmente prenderanno parte 48 sigle politiche, una cifra record. Nessuna di queste sembra però in grado di riservare sorprese, nemmeno la quarta forza politica del Paese, l’Inkatha Freedom Party (IFP) che ormai è in declino costante dal 1994.
La dominanza dell’ANC non sembra in discussione, ma è in crescita il numero dei sudafricani che non hanno fiducia nel partito e nell’attuale situazione politica ed economica. Non è un caso, quindi, che entrambe le opposizioni abbiano calibrato le loro campagne elettorali proprio per erodere consensi al gigante in difficoltà.
Sebbene grandi sconvolgimenti non sembrino all’orizzonte, AD e EFF potrebbero rafforzare molto la loro posizione, e questo eserciterà una pressione non indifferente su un Ramaphosa già stretto nella morsa del suo stesso partito.
Fonti e Approfondimenti:
African National Congress – Sito Ufficiale
Democratic Alliance – Sito Ufficiale
Economic Freedom Fighters – Sito Ufficiale
BBC – Cyril Ramaphosa – South African union leader, mine boss, president
BBC – Mmusi Maimane, the man who vows to end ANC rule
BBC – Julius Malema – South Africa’s radical agenda setter
Council of Foreign Relations – Despite Challenges, South Africa’s ANC Likely to Remain in Power
Pew Research Center – In South Africa, racial divisions and pessimism about democracy loom over elections
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