Turkstream: la resistenza di Mosca nel mercato energetico europeo

pipeline
@GerdFahrenhorst, Wikimedia Commons (CC-BY 4.0)

Lanciato pochi mesi dopo lo scoppio della crisi Ucraina per sopperire alla cancellazione del precedente progetto South Stream, il gasdotto turco-russo TurkStream rispecchia, da un lato, l’ambizione di Ankara a diventare una hub dell’energia in Eurasia e, dall’altro, il tentativo di Mosca di mantenere la propria posizione dominante nel mercato europeo. In particolare, l’allacciamento alla rete del vecchio continente ci consente di riflettere sulle implicazioni del progetto infrastrutturale in relazione all’Unione dell’Energia, continuando il nostro percorso lungo “le nuove vie del gas”.

Alle origini del progetto: interessi comuni e distensione politica

Il progetto infrastrutturale Turkstream prende forma alla fine del 2014, quando le compagnie energetiche Gazprom (Russia) e BOTAS Petroleum Pipeline Corporation (Turchia) firmano un memorandum d’intesa volto alla costruzione di un gasdotto che passi attraverso il mar Nero durante una visita del presidente russo Putin ad Ankara. Tuttavia, il progetto subisce subito dopo una battuta d’arresto quando, in seguito all’abbattimento del jet russo Su-24 da parte di due F-16 turchi al confine con la Siria nel 2015, le relazioni turco-russe si congelano per mesi.

Solo durante l’estate del 2016, la situazione diplomatica tra i due Paesi si sblocca grazie alle scuse del presidente turco Erdogan e, già a settembre dello stesso anno, Gazprom riceve i primi permessi di costruzione da parte delle autorità turche. Alla base del progetto si trova, infatti, l’interesse sia di Mosca che di Ankara a rilanciare e dare nuova forma alle proprie relazioni energetiche. Situata in una posizione strategica del continente eurasiatico, la Turchia è il secondo Paese importatore di gas naturale per Mosca – dopo la Germania – e, tradizionalmente, riceveva gli approvvigionamenti russi tramite il gasdotto Blue Stream (un progetto congiunto di Gazprom e dell’italiana Eni) e il Trans-Balcanico che attraversa Ucraina, Moldavia, Romania e Bulgaria.

Tuttavia, con lo scoppio della crisi politica con Kiev dopo l’annessione della Crimea, la Russia di Putin ha deciso di intensificare la propria strategia di “bypassing” nei confronti dell’Ucraina, un disegno del quale anche il Nord Stream 2 fa parte. L’obiettivo principale è quello di diminuire il passaggio delle esportazioni di gas destinate all’Europa attraverso il territorio ucraino tramite la costruzione di nuovi gasdotti. Si tratta, quindi, di una deviazione del transito del gas piuttosto che di un aumento dei volumi di esportazione. Un’offerta sicuramente allettante per un Paese come la Turchia, interessato a sfruttare la propria posizione di collegamento tra Paesi produttori di gas e petrolio e il mercato europeo per trasformarsi in una vera e propria hub dell’energia.

Un vecchio progetto in un contesto nuovo

Il Turkstream è strettamente legato al fallimento di un precedente progetto energetico da parte della Russia, ovvero il gasdotto South Stream, la cui cancellazione fu annunciata proprio quando Gazprom e BOTAS PPC siglarono l’accordo per il lancio della nuova pipeline. Sviluppato congiuntamente da Eni (Italia), Gazprom (Russia), EDF (Francia) e Wintershall (Germania) a partire dal 2007, South Stream mirava a creare una connessione diretta tra Russia e mercati dell’Europa centro-meridionale, eliminando – tramite il passaggio attraverso il fondo del mar Nero – qualsiasi altro Paese dal transito. Il progetto prevedeva un allacciamento alla rete europea tramite la Bulgaria.

Tuttavia, un lungo braccio di ferro con Bruxelles riguardo all’applicazione del Terzo pacchetto dell’energia (come la garanzia di accesso a fornitori terzi) e all’imposizione di sanzioni internazionali contro Mosca in seguito all’annessione della Crimea hanno spinto Putin a preferire la rotta turca a quella diretta, portando a un blocco dei lavori in Bulgaria.

In effetti, il progetto a doppia linea previsto per il TurkStream permette alla Russia di aggirare il transito ucraino in due modi. Da un lato, deviando le esportazioni destinate alla Turchia – in precedenza trasportate attraverso Ucraina e Balcani – sulla nuova linea. Dall’altro, permettendo al gas russo di accedere ai mercati dell’Europa sud-orientale dal confine Turchia-UE tramite un inter-connettore.

La linea 2 e l’accesso al mercato europeo

Il progetto prevede la costruzione di due linee di approvvigionamento, ognuna con una capacità di circa 15.75 milioni di metri cubi di gas all’anno. La linea 1, riservata solamente alle esportazioni verso Ankara, terminerà sulla spiaggia di Kıyıköy sulla costa turca del Mar Nero. Ma mentre la parte offshore della prima linea del gasdotto – che in totale trasporterà circa 31.5 milioni di metri cubi di gas all’anno – è stata completata alla fine di aprile 2018, il percorso della seconda linea è rimasto sconosciuto fino a poche settimane fa.

Il gigante russo dell’energia Gazprom deve, infatti, far fronte alla regolamentazione europea in materia di mercato del gas, la quale prevede disposizioni antimonopolistiche basate sul principio dell’unbundling. Impossibilitata a operare la pipeline direttamente in quanto fornitrice del gas, la compagnia russa deve quindi fare affidamento sulla collaborazione di operatori della rete europea per garantire l’accesso del gas trasportato dalla linea 2 TurkStream sui mercati europei.

Per quanto riguarda il collegamento infrastrutturale alla rete europea, gli analisti hanno ipotizzato varie opzioni, tra cui l’allacciamento alla TAP, ovvero il gasdotto trans-adriatico facente parte del Corridoio meridionale del gas, tramite un ampliamento della sua capacità. Alcuni hanno addirittura intravisto la possibilità di rispolverare il progetto Poseidon, un inter-connettore italo-greco proposto nel lontano 2003 da DEPA (Grecia) e Edison (Italia). Ma le recenti dichiarazioni del ministro russo dell’Energia Alexander Novak hanno, invece, fatto luce sulla preferenza russa per la cosiddetta opzione “South Stream Lite”, basata sull’inversione di flusso dell’esistente inter-connettore Turchia-Bulgaria. L’accesso tramite quest’ultima fa, quindi, prevedere una potenziale estensione degli approvvigionamenti energetici tramite Turkstream verso Serbia, Ungheria, Slovacchia e Austria.

Progetti concorrenti e l’opposizione americana

In effetti, l’estensione verso e nei Balcani rappresenta uno dei punti focali del gasdotto da un punto di vista geostrategico. L’accesso di Turkstream al mercato dell’Europa sudorientale tramite la linea 2 pone, infatti, il gasdotto in competizione con il Corridoio meridionale del gas, progetto emblema della politica di diversificazione energetica dell’Unione europea.  In questo senso, il ruolo di Bulgaria e Romania sarà fondamentale per determinare il mercato di destinazione delle importazioni, siano esse dalla Russia tramite il Turkstream o dall’Azerbaijan tramite l’SGC.

Un ulteriore fattore che ci mostra la divergenza del progetto russo-turco dagli obiettivi dell’Energy Union di Bruxelles è, poi, la sua complementarità con il corridoio baltico Nord Stream 2. Entrambi i progetti – che mirano a bypassare il territorio ucraino – rappresentano il tentativo da parte di Mosca di mantenere un ruolo preponderante nei mercati del gas europei nonostante il congelamento dei rapporti diplomatici con l’UE e, in generale, l’Occidente. Infine, la scadenza a fine anno del contratto di transito tra Russia e Ucraina per il gas diretto verso l’Europa fa ulteriore chiarezza sull’interesse di Gazprom nel vedere entrambi i gasdotti completati e operativi nel più breve tempo possibile.

Tuttavia, quando si tratta di grandi progetti infrastrutturali internazionali, le tempistiche rimangono sempre un punto interrogativo e le dichiarazioni politiche non sempre rispecchiano i tempi di costruzione reali. Ciò che, invece, sembra essere certo è l’opposizione degli Stati Uniti al gasdotto. Così come per il Nord Stream 2, anche il Turkstream ha suscitato malcontento tra gli americani, addirittura spingendo il Congresso a varare un disegno di legge volto a colpire tutti gli investimenti internazionali russi nel settore dell’energia. Un altro esempio che dimostra non soltanto la valenza politica di progetti infrastrutturali energetici, ma anche la difficoltà degli Stati membri dell’Unione europea nel perseguire una politica energetica di diversificazione veramente unitaria e coerente.

Fonti e approfondimenti

Bellomo, Sissi, “L’ombra delle sanzioni Usa sui nuovi gasdotti della Russia“, Il Sole 24 Ore, 13/03/2019.

Cholakov, Peter, “Russia’s proposed TurkStream 2 pipeline sparks Bulgaria, EU energy worries“, Deutsche Welle, 28/02/2019.

Congressional Research Service. 2019. TurkStream: Another Russian Gas Pipeline to Europe

Gotev, Georgi, “Russia says second leg of Turkish Stream will go via Bulgaria, not Greece“, Euractiv, 26/07/2019.

Siddi, Marco. 2018. “Russia’s evolving gas relationship with the European Union. Trade surges despite political crises“. FIIA Briefing Paper 246.

Tagliapietra, Simone, “Beyond Nord Stream 2: a look at Russia’s TurkStream project”, Bruegel, 04/07/2018.

Torrini, Sebastiano, “La Bulgaria crede nel Turkstream e lancia una gara per allacciarsi al gasdotto“, Energia Oltre, 25/12/2018.

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