Il progetto cinese della Nuova Via della Seta ha diviso l’Unione europea. Alcuni Paesi sostengono una posizione più dura nei confronti del “rivale sistemico”, come Francia e Germania, mentre altri sono aperti a instaurare stretti legami politici e di investimento con Pechino. Tra questi Paesi vi troviamo l’Ungheria, la Grecia e, malgrado alcune incoerenze, l’Italia. La situazione politica ed economica del nostro Paese ha creato le condizioni per rompere i ranghi con i Paesi del G7 e dell’UE, scettici nei confronti della BRI, preoccupati per la mancanza di trasparenza e del potenziale controllo cinese sulle infrastrutture e nei settori chiave.
Le frizioni nel Governo italiano
Dal 2013, anno del lancio della BRI, la posizione dell’Italia non è stata lineare e coerente, ma piuttosto l’esito degli umori della politica del Paese, priva di una strategia specifica.
Se il Governo Gentiloni ha preferito una presenza interessata ma discreta, la coalizione M5S – Lega ha intrapreso una politica favorevole alla Cina. La Lega di Salvini dubbiosa del rafforzamento delle relazioni tra Cina e Italia chiede garanzie concrete, temendo una svendita di tecnologie sensibili o infrastrutture cruciali per Pechino. Il Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio, al contrario, assieme all’ormai ex-sottosegretario di Stato italiano per lo sviluppo economico (Mise), Michele Geraci, responsabile del “Task Force China”, hanno portato il Paese alla firma di un Memorandum of Understanding (MoU) nel contesto della Nuova Via della Seta.
Dallo scorso marzo l’Italia è formalmente parte del progetto infrastrutturale di Pechino. Malgrado il governo italiano abbia rassicurato le controparti che il documento di larga intesa sancisce unicamente la volontà di una maggiore cooperazione, la notizia ha ricevuto molte critiche.
La stessa Italia che, qualche mese prima proponeva al fianco di Francia e Germania un nuovo meccanismo di screening degli investimenti per garantire la sicurezza dei settori strategici dell’Europa, porge la propria mano alla Cina e ai suoi investimenti. L’Italia rischia la stabilità dell’UE, di cui è essa stessa fondatrice, nel nome dell’incremento dei rapporti commerciali.
Italia e Cina: il deficit commerciale
“Cina e Italia sono partner importanti per il commercio e gli investimenti“, ha affermato il presidente cinese Xi Jinping.
Eppure la Cina commercia relativamente poco con l’Italia. Infatti, l’Italia è la terza più grande economia dell’eurozona ma rappresenta un partner commerciale e di investimento cinese meno importante rispetto ad altri Paesi membri. La volontà di recuperare la situazione politica italiana crea le condizioni per rompere i ranghi con i Paesi del G7 e dell’UE e sostenere il progetto cinese.
Anche includendo le fusioni e acquisizioni (M&A, Mergers and Acquisitions) e altre forme di investimento, l’Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi UE in termini di investimenti cinesi – secondo il tracker degli investimenti globali della Cina gestito dal think tank American Enterprise Institute.
I due Paesi non sono partner commerciali stretti: le esportazioni di merci italiane in Cina lo scorso anno sono ammontate a 13 miliardi di euro, pari al 6,5% delle sue esportazioni. Molto poco rispetto ai 94 miliardi di euro della Germania, il 17% delle esportazioni tedesche.
Malgrado la penisola italiana, nel cuore del Mar Mediterraneo, oggi sia il punto d’incontro tra la cintura economica e quella marittima della BRI, l’indice bilaterale di connettività marittima, prodotto dalla Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo, mostra che Belgio e Spagna sono molto meglio collegati alla Cina.
Perché l’Italia ha detto sì all’accordo: opportunità commerciali
Il presidente cinese Xi Jinping, con la firma del MoU Italia – Cina, ha fatto riferimento in particolare al miglioramento della connettività tra Italia e Cina e alla “costruzione di porti” al fine di creare una “nuova era della Via della Seta” in settori come il trasporto marittimo. Questi includono i porti settentrionali italiani di Trieste e Genova.
Gli italiani sembrano concordare sul fatto che l’interesse della Cina contribuirebbe allo sviluppo del commercio e degli investimenti. La maggior parte ha affermato che i nuovi accordi Belt and Road sono stati una “grande opportunità economica” – secondo un recente sondaggio di EMG Acqua.
Nuove fonti di finanziamento potrebbero essere allettanti per un’economia che non ha ancora recuperato ai livelli pre-crisi di oltre un decennio fa e la cui ripresa economica si è arrestata. Gli investimenti in infrastrutture in Italia sono ancora inferiori del 40% al picco pre-crisi e metà dei comuni segnalano un divario negli investimenti degli ultimi cinque anni, quello maggiore registrato nel trasporto urbano.
Ma i possibili risultati sono tutt’altro che certi.
Perché la Cina ha cercato l’accordo con l’Italia: maggiore credibilità internazionale
L’Italia spera di ottenere dalla Cina gli investimenti necessari e altri benefici economici per rafforzare la sua economia stagnante. Tuttavia, il problema arriva con obiettivi e aspettative cinesi. Oltre alla promozione internazionale della sua politica strategica, la Cina potrebbe voler aumentare la sua influenza sugli Stati membri nell’UE. Grazie all’adesione alla BRI del nostro Paese, terza potenza dell’UE e membro del G7, la Cina ha guadagnato affidabilità e attendibilità agli occhi degli altri Stati membri e a livello internazionale.
L’approccio dell’Italia alla questione è una scommessa perché i legami economici con la Cina attraverso le infrastrutture si sono già dimostrati un’attività piuttosto pericolosa. Non è una coincidenza che la BRI stia prendendo di mira Paesi a bassa crescita economica e prometta grandi benefici ai governi in difficoltà.
Conte bis, nuovo approccio alla BRI?
L’approccio italiano al contesto della BRI rischia di cambiare nuovamente col nuovo governo Conte che vede l’alleanza Pd – M5S. Il Pd è stato molto critico sul MoU; il timore di un riposizionamento dannoso per le relazioni commerciali Cina-Italia, quindi, è forte.
La notizia del Conte bis è arrivata anche in Cina. L’agenzia di stato cinese Xinhua ha dedicato un lungo approfondimento alla situazione politica dell’Italia, volto a “portare stabilità”.
“La scelta di Conte per il suo gabinetto è una chiara indicazione delle priorità del nuovo governo” scrive l’agenzia cinese, che sottolinea poi come “la scelta ministeriale più importante è stata quella di Roberto Gualtieri come ministro delle finanze”. La carta Gualtieri “aiuterà a calmare i mercati” che avrebbero invece reagito male nel caso si fossero trovati di fronte un membro pronto a scontrarsi con l’Unione Europea.
Malgrado fosse lo stesso Di Maio a promuovere la firma del MoU con la Cina, Xinhua definisce lo spostamento di Luigi Di Maio al Ministro degli Affari Esteri “una scelta insolita” dal momento che il 33enne “non si è mai laureato, ha competenze linguistiche molto limitate e ha mostrato scarso interesse per le questioni globali nella sua vita pubblica”. La dichiarazione è stata eliminata poco dopo la pubblicazione.
Conclusioni
La criticità della decisione e l’incoerenza italiana nei confronti di Pechino hanno indebolito la credibilità dell’Italia all’interno dell’UE. Inoltre, le posizioni discordanti interpartitiche hanno dato prova di mancare finora di una valutazione equilibrata e di una strategia della effettiva cooperazione con Pechino.
L’Italia sembra giocare una carta critica e rischiosa che, però, è allo stesso tempo speranzosa. I finanziamenti cinesi possono aiutare l’economia italiana, ma i termini devono essere esaminati e valutati.
Nei prossimi mesi vedremo se questo passo dell’Italia verso la Cina sia l’inizio di una BRI più aperta e trasparente o una diffusione delle pratiche cinesi esistenti che non porti più IDE oltre i livelli attuali.
Fonti e approfondimenti
Xu Xin, “News Analysis: Italy’s PM picks pro-EU ministers, set to bring stability to gov’t“, Xinhua, settembre 2019.
European Commission, “EU-China: a strategic outlook”, 12 marzo 2019.
Federico Petroni, “La Cina “rivale sistemico” è un avvertimento dell’Ue all’Italia”, Limes, 13 marzo 2019.
ANSA, “China/Italy: No to colonisation on Belt and Road – Salvini”, 11 marzo 2019.
Parlamento Europeo, EU framework for FDI screening, Briefing, febbraio 2019
Liu Zhen, “Italy aims to be China’s first G7 partner on belt and road”, SCMP, 22 settembre 2018.
Simone Pieranni, “La Belt and Road divide l’Ue”, Il Manifesto, 12 dicembre 2018.
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