Con Alberto Fernández il peronismo torna ufficialmente alla Casa Rosada

Alberto Fernandez
@LoSpiegone

Sono circa le 12,00 del 10 dicembre quando Alberto Fernández esce dalla sua casa di Puerto Madero – quartiere bene della Ciudad Autónoma de Buenos Aires – per avviarsi in macchina verso il Congreso de la Nación Argentina, dove avviene il passaggio di consegne con l’ormai ex presidente Mauricio Macri. Prima di arrivare al Congreso, però, il nuovo presidente Alberto Fernández ha già compiuto un atto che marca la distanza con la passata presidenza, quasi a rivendicare la matrice populista del peronismo: a guidare la sua auto, infatti, è lui in prima persona. Il gesto, oltre a voler riaffermare la vicinanza del nuovo presidente al popolo, è un’azione simbolica per definire l’autonomia con la quale Fernández promette di governare per i prossimi 4 anni, nonostante l’ingombrante presenza della sua vice Cristina Kirchner, già presidente dal 2007 al 2015 e ancora molto popolare tra i sostenitori della coalizione di governo.

Dopo la consegna da parte di Macri della fascia e del bastone presidenziale, Alberto Fernández comincia il suo primo discorso da presidente eletto.

 

Il primo discorso presidenziale

Dopo aver ricordato all’Assemblea Legislativa come, il 10 dicembre di 36 anni fa, Raúl Alfonsín diventava il primo presidente della ritrovata democrazia argentina, Alberto Fernández ha iniziato il suo primo discorso da inquilino della Casa Rosada. L’attacco, prevedibilmente, è stato in pieno stile peronista: “Vengo a convocar a la unidad de toda la Argentina en pos de la construcción de un nuevo contrato social”. Ovvero, finora siamo stati divisi tanto come peronisti, quanto come popolo ed è questa la ragione delle difficoltà nelle quali ci troviamo adesso. Quindi, rimbocchiamoci le maniche e stipuliamo un nuovo patto sociale che ci faccia superare le divergenze e gli errori della passata amministrazione. Passata amministrazione alla quale Alberto ha dedicato la seconda parte della premessa, elencando i numeri impietosi con i quali Macri ha lasciato la Casa Rosada: “Oggi la disoccupazione interessa quasi il 30 percento dei giovani e, con numeri ancora più alti, le giovani donne. Ci sono più di 1 milione e 200 mila giovani che non studiano e non lavorano”. E ancora: “L’inflazione che abbiamo è la più alta degli ultimi 28 anni. Dal 1991 l’Argentina non aveva un’inflazione superiore al 50%. Il livello di disoccupazione è il più alto dal 2006. Il valore del dollaro è passato da 9 a 63 pesos in soli quattro anni. L’Argentina non smette di rimpicciolire la sua economia. Il PIL del 2019 è il più basso degli ultimi dieci anni. La povertà attuale è ai livelli più alti dal 2008. Siamo tornati indietro di dieci anni nella lotta per ridurre la povertà. […] La quantità di imprese registrate è equivalente a quella del 2007: siamo retrocessi di 12 anni. Venti mila imprese hanno dovuto chiudere negli ultimi 4 anni. Di queste, 4229 erano imprese industriali”. Le misure da adottare per risolvere la situazione, però, non sono molto chiare. O almeno non lo sono nelle parole utilizzate dal nuovo presidente argentino: “Implementeremo una serie di misure economiche e sociali di distinta natura, convocheremo i lavoratori, gli industriali, i rappresentanti dei differenti settori per la messa in moto degli accordi basilari di solidarietà causati dall’emergenza, per tornare ad accendere i motori della nostra economia”. Tuttavia, annunci concreti non sono stati fatti. Non sono state elencate misure per restituire dignità alle pensioni, né tantomeno aumenti salariali come maniera di affrontare l’inflazione e la perdita del potere di acquisto delle persone. Alberto Fernández non ha menzionato nemmeno come risolvere il problema dell’impennata dei prezzi, limitandosi ad annunciare la convocazione di una riunione del Plan Integral Argentina Contra el Hambre alla quale avevano già partecipato impresari, sindacalisti e figure di ambiti distinti. Nonostante la questione del popolo affamato abbia attraversato molti passaggi del discorso, per i lavoratori non sono stati fatti proclami se non quello, vago, su come il movimento operaio organizzato sarà la colonna vertebrale dell’accordo sociale. A proposito del debito con l’FMI, invece, Alberto Fernández ha segnalato come Macri abbia lasciato il Paese in una situazione di default virtuale; tuttavia, il nuovo presidente argentino ha dichiarato di voler mantenere una buona relazione con il Fondo Monetario, al quale ha però ricordato come “non possono esserci pagamenti del debito sostenibili se il Paese non cresce”.

 

Punto forte del discorso, sul quale il nuovo presidente è tornato più volte, è stato l’annuncio della riforma della giustizia e la condanna, sotto gli occhi del giudice della Corte Suprema Ricardo Lorenzetti, delle “persecuzioni indebite e gli arresti arbitrari” ai danni di ex funzionari del kirchnerismo.

Ovazione dell’Assemblea c’è stata nel momento in cui Alberto Fernández ha annunciato di voler rafforzare e sviluppare il Mercosur, anche con il sostegno del Brasile di Bolsonaro. Bolsonaro che, pur invitato, ha delegato il suo vice Hamilton Mourao per presiedere alla cerimonia.
Immancabile, in chiusura, il riferimento alle Malvinas, contenzioso storico con la Gran Bretagna e argomento buono per tutte le stagioni e tutti i governi: “Insisteremo con il nostro reclamo per la sovranità delle Isole Malvinas. Lo faremo sapendo che ci sostengono i Paesi dell’America latina. L’unica via è la pace e la diplomazia. No c’è più posto per il colonialismo nel XXI secolo”. Assente, invece, ogni riferimento al dibattito sull’aborto. 

Il governo che verrà

Nel frattempo, venerdì scorso è stata resa nota la squadra che comporrà il governo peronista. Due tipi di profili egemonizzano la struttura: da una parte, in incarichi di peso, sono state nominate vecchie conoscenze del peronismo, tra le quali vari ex funzionari di Eduardo Duhalde e Carlos Menem – entrambi in prima fila durante il discorso – e addirittura un’ex governatore di Buenos Aires protagonista delle crisi degli anni Novanta e del 2001; dall’altra parte, a completare la squadra di governo sarà la nuova generazione dei peronisti, a cui verranno assegnati ruoli organizzativi per marcare la distanza ideologica e culturale con il precedente staff macrista.

A presiedere il Gabinetto di Alberto Fernández sarà Santiago Cafiero, personaggio in rapporti strettissimi con il presidente, mentre la sua vice sarà la figlia dell’attuale capo di Indec, Cecilia Todesca. Con loro ci sarà Gustavo Beliz nelle vesti di secretario de Asuntos Estratégicos de la Presidencia de la Nación, già ministro della Giustizia, della Sicurezza e dei Diritti Umani sotto Néstor Kirchner e ministro dell’Interno con Carlos Menem. Ad assumere il ruolo di Segretario Generale della presidenza ci sarà Julio Vitobello, mentre Vilma Ibarra sarà la responsabile della Secretaria Legal y Técnica. 

Per quanto riguarda i ministeri, invece, Martín Guzmán occuperà quello più caldo, ovvero il ministero dell’Economia. Sulle sue spalle peserà la rinegoziazione del debito con l’FMI. Al suo fianco, come ministro dello Sviluppo, Matías Kulfas. Alla Difesa un kirchnerista di ferro come Agustín Rossi, già in questo ruolo con Cristina alla Casa Rosada. A gestire gli Interni, invece, Eduardo “Wado” de Pedro, referente de La Campora. A chiudere le posizioni più importanti saranno Gabriel Katopodis, come ministro delle Opere Pubbliche, e Felipe Solá per gli Esteri. Una curiosità a testimonianza delle forti commistioni tra sport e politica, dopo Macri presidente del Boca Juniors e dell’Argentina:  Lammens, presidente della squadra di calcio San Lorenzo, sarà il nuovo ministro dello Sport e del Turismo.

Conclusioni

Dopo quattro anni di governo macrista, l’Argentina si apre a una nuova era. In realtà, come abbiamo visto, molte delle figure che prenderanno parte al governo peronista sono già ampiamente conosciute nel panorama argentino e hanno già rivestito ruoli importanti in precedenti esperienze politiche. Vero è, però, che il governo di Alberto Fernández dovrà necessariamente prendere le distanze rispetto ai precedenti kirchneristi, almeno inizialmente. Il debito con l’FMI, infatti, dovrà essere rispettato, oltre a dover tenere a mente che la scelta di non candidare Cristina come presidente è funzionale all’unità del movimento. Tuttavia, anche dopo il discorso del nuovo presidente molti punti rimangono ancora da chiarire, così come le misure che il nuovo governo adotterà. Se questo, in campagna elettorale, poteva funzionare, il 48 percento degli argentini che hanno votato il Frente de Todos si aspetta ora delle risposte. Ma non le aspetterà per sempre. 

 

Fonti e approfondimenti

Francesco Betrò, Argentina, l’aborto legale è sacrificabile per vincere le elezioni, Lo Spiegone, 15/07/2019

Francesco Betrò, Verso le elezioni argentine: cosa aspettarsi e perché, Lo Spiegone, 27/10/2019

Francesco Betrò, Verso le elezioni argentine: i numeri dell’economia di Macri, Lo Spiegone, 10/09/2019

Francesco Betrò, L’Altra America: Argentina, Lo Spiegone 27/07/2019

Francesca Rongaroli, L’economia argentina sfiora l’ennesimo default, Lo Spiegone, 3/06/2019

Redazione, El Gabinete de Alberto: uno por uno quiénes son los ministros del nuevo gobierno, El Cronista 10/12/2019

Redazione, El primer discurso de Alberto Fernández Presidente: “Vengo a convocar a la unidad de toda la Argentina”, Infobae, 10/12/2019

Redazione, Fernández denunció la “herencia recibida”, llamó al pacto social y pidió “paciencia”, Izquierdadiario, 10/12/2019

Sandra Russo, El discurso de Alberto Fernández: la ética de las prioridades, Pagina12, 11/12/2019

 

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