Scrivere su Fukushima: la gestione del “triplo disastro” del 2011

Tsunami
@Jun Teramoto - Flickr - CC BY-SA 2.0

11 marzo 2011. Ore 14.46. Un terremoto di magnitudo 9.0 colpisce la regione del Tōhoku, nel Giappone orientale, seguito a ruota da uno tsunami. La violenza delle onde, alte in media 15 metri, fa collassare le barriere protettive della centrale nucleare Fukushima-Daiichi. La perdita di corrente, l’allagamento e il mancato funzionamento dei meccanismi di raffreddamento ad acqua provocano la fusione del nocciolo di tre reattori.  Ciò porta al rilascio nell’aria e nell’oceano di materiale radioattivo e a una serie di esplosioni di idrogeno che impediscono di agire prontamente sul resto della struttura.

Successivamente, il Paese dichiarerà un incidente nucleare di livello 7 della scala INES (International Nuclear Event Scale), come a Chernobyl nel 1986. Si conteranno oltre ventimila tra morti e dispersi e quattrocentomila sfollati –  circa la metà a causa dell’incidente nucleare – che andranno ad accelerare il trend di spopolamento delle zone colpite.

Cominciamo oggi un progetto che ci porterà ad analizzare questo disastro, chiamato anche “3.11” – in assonanza con il 9/11 statunitense – che ha rappresentato la più grande catastrofe ad aver colpito il Giappone dal dopoguerra. Iniziamo occupandoci della gestione della crisi, analizzando la risposta al disastro naturale e all’incidente nucleare.

Il disastro naturale

L’arcipelago giapponese si situa sul punto di incontro tra quattro placche tettoniche – filippina, euro-asiatica, nord-americana e del Pacifico, una delle cinture sismiche più attive al mondo. Data l’elevata frequenza di fenomeni sismici violenti, le autorità giapponesi dispongono di meccanismi di prevenzione infrastrutturali-abitativi e di sistemi di allerta per assicurare un’efficace gestione delle crisi:

  • gli standard infrastrutturali giapponesi sono tra i più stringenti al mondo;
  • l’Agenzia Meteorologica Giapponese (JMA) gestisce il primo sistema di allerta preventiva per terremoti a livello mondiale, che permette di raggiungere i cittadini tramite radio, televisione e cellulari;
  • la popolazione costiera è regolarmente sottoposta a esercitazioni di evacuazione.

Il governo ha introdotto molte di queste misure a seguito del Grande terremoto di Hanshin, che ha colpito la zona di Kobe nel 1995 e ha evidenziato numerosi limiti di gestione delle autorità giapponesi. In quell’episodio, l’impossibilità di raccogliere informazioni circa l’entità del disastro ha completamente paralizzato la risposta del governo centrale. Inoltre, tale evento ha sollevato il problema degli standard di costruzione, poiché la maggior parte delle vittime è rimasta schiacciata dalle proprie abitazioni.

La gestione di terremoto e tsunami

Allerta, preparazione e conoscenza sono i tre elementi che hanno caratterizzato la risposta governativa al disastro naturale nel 2011. La JMA ha lanciato l’allarme tsunami a soli tre minuti dal sisma, permettendo al 96% dei cittadini di evacuare dalla zona di inondazione. La prima riunione del Governo, guidato dall’allora Primo Ministro Naoto Kan, si è tenuta a 30 minuti dal sisma. A un’ora dallo tsunami, Kan ha dichiarato lo stato di “disastro su larga scala” per il Tōhoku, schierando le Forze di autodifesa giapponesi per le operazioni di ricerca e soccorso. In tre giorni il governo ha mobilitato la metà delle forze armate giapponesi – circa centomila truppe.

Non sono tuttavia mancate problematiche e criticità. Poiché la JMA ha sottostimato l’entità dello tsunami nel suo segnale d’allarme, molti cittadini hanno scelto di rifugiarsi al secondo piano delle loro abitazioni anziché sfollare.  L’allerta, inoltre, non ha raggiunto adeguatamente tutta la popolazione, perché molti degli altoparlanti deputati a propagare il segnale erano fuori uso a causa del sisma.

L’incidente nucleare

Se è vero che nessuno poteva essere pronto a un disastro di tale portata, è difficile negare che la mancanza di preparazione nella centrale di Fukushima sia stata frutto di superficialità. TEPCO – società che gestisce la centrale – e le compagnie di lobby del nucleare avevano infatti difeso per anni il mito dell’assoluta sicurezza dello stabilimento, ignorando vari campanelli d’allarme. Tra questi, il terremoto del Chūetsu del 2007 – che aveva bloccato il funzionamento della centrale Kashiwazaki-Kariwa – oltre ai numerosi avvertimenti della comunità scientifica in merito al rischio tsunami nella centrale. Il giorno dell’incidente gli operai avevano a disposizione linee guida risalenti al 1994.

Neanche il governo disponeva di un piano di azione coordinato per un evento di tale portata, con competenze frammentate a livello nazionale e locale, perché si riteneva che semplicemente non potesse accadere. Nel 2010, la NISA (Nuclear Industry Safety Agency) aveva infatti ritenuto esagerata la proposta di un’esercitazione di evacuazione basata sul doppio scenario terremoto-disastro nucleare.

La gestione dell’incidente nucleare

La mancanza di comunicazione, sia a livello governativo sia nei confronti dei cittadini, ha determinato una risposta confusa e disorganizzata. In primis, ciò è successo perché i vertici di TEPCO non si trovavano alla centrale. Ciò ha reso frammentata la comunicazione tra compagnia, governo e NISA circa l’effettiva situazione alla centrale.  La natura compartimentata della burocrazia giapponese ha impedito una condivisione delle informazioni in tempo reale. I dati di previsione del sistema SPEEDI – che permette di prevedere la diffusione di materiale radioattivo dopo un incidente nucleare –in possesso di alcuni Ministeri da inizio emergenza, sono stati condivisi con il Primo Ministro soltanto il 23 marzo.

Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza a due ore dall’accaduto, ritardando le già complesse operazioni di evacuazione degli abitanti vicini alla centrale. Il raggio di evacuazione è stato ampliato da 2 a 20-30 km dalla centrale nel giro di poche ore e i cittadini non sono stati adeguatamente informati in merito all’accaduto. Soltanto chi è stato contattato direttamente da parenti o amici che lavoravano per TEPCO era a conoscenza dell’entità del disastro. Si è determinato un vuoto di informazione nei confronti della popolazione. La NISA ha dichiarato la vera entità del disastro – livello 7 –  un mese dopo l’incidente. Soltanto in agosto, l’agenzia ha rivelato che il livello di materiale radioattivo rilasciato corrispondeva a ben 168 volte quello di Hiroshima.

Le responsabilità

Per chiarire le responsabilità dell’incidente sono intervenuti l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) e vari panel di investigazione indipendenti, tra cui il Comitato investigativo indipendente sull’incidente nucleare (NAIIC), nominato dal Parlamento giapponese.

Dai report emerge che l’incidente nucleare è stato un disastro industriale causato dall’uomo, che non solo poteva, ma doveva essere previsto e prevenuto. La NAIIC ha parlato di un disastro “Made in Japan”, attribuendo la responsabilità non ai singoli coinvolti nella gestione del disastro, quanto al sistema burocratico e governativo nel suo complesso. La NAIIC ritiene che l’essenza del problema vada rintracciata nella tradizionale obbedienza dei giapponesi alle autorità e nell’eccessiva compartimentazione dei burocrati.

Nonostante ciò, nel settembre 2019, la Corte distrettuale di Tokyo ha assolto tre dirigenti TEPCO accusati di negligenza colposa per l’incidente nucleare. È quindi probabile che nessuno verrà giudicato penalmente responsabile dell’accaduto. Allo stesso tempo, più di centomila sfollati nucleari hanno avviato procedimenti civili nei confronti di TEPCO e numerose Corti distrettuali hanno stabilito risarcimenti per milioni di dollari, sottolineando le responsabilità della compagnia.

L’eredità di Fukushima

Nonostante la centrale sia stata chiusa definitivamente nel 2013, ancora oggi vi sono numerose problematiche sotto diversi profili. Dal punto di vista tecnico-ambientale:

  • la centrale deve essere dismessa;
  • l’acqua contaminata utilizzata per raffreddare i reattori – 1.37 milioni di tonnellate entro la fine del 2020 – deve essere smaltita. Nel 2019, l’ex Ministro dell’Ambiente Harada ha dichiarato che l’unica soluzione sarebbe stata “versarla nell’oceano”, ma non vi sono notizie se ciò sia realmente avvenuto;
  • si sta esaurendo lo spazio di stoccaggio per il terreno contaminato dalle radiazioni, che è contenuto in sacchi neri ai piedi della centrale.

Sotto il profilo socioeconomico:

  • il costo del disastro è stimato tra $188 e $736 miliardi. Nel 2016, il governo giapponese ha dichiarato per la prima volta che le spese della ricostruzione saranno anche in capo ai contribuenti giapponesi;
  • quasi 50.000 cittadini evacuati per il disastro nucleare devono ancora tornare nelle proprie case. In alcune prefetture, oltre il 90% degli abitanti non vi ha ancora fatto ritorno.

Ma l’eredità più grande del triplo disastro del 2011 è la perdita di fiducia nei confronti del governo e delle autorità giapponesi, riemersa in maniera preponderante nel contesto della pandemia Covid-19. Nonostante nei fatti il Giappone sia uno dei Paesi ad aver gestito meglio l’emergenza, informazioni scarse, dichiarazioni ufficiali tardive e azioni intraprese soltanto a seguito del rinvio delle Olimpiadi di Tokyo hanno minato la fiducia dei cittadini nell’operato del governo, già segnata dall’esperienza del 2011. Ciò dimostra che la gestione dell’incidente nucleare di Fukushima rappresenta una macchia ancora presente per il Paese e che sarà difficile cancellare.

Fonti e approfondimenti

Brown, Azby & Bonner, Sean, What the Fukushima meltdowns taught us about how to respond to coronavirus, Bulletin of the Atomic Scientists, 13 marzo 2020

Funabashi, Yoichi & Kitazawa, Kay, Fukushima in review: A complex disaster, a disastrous response, Bulletin of the Atomic Scientists, 1 marzo 2012

International Atomic Energy Association, The Fukushima Daiichi Accident, Report by the Director General, 31 agosto 2015

Reiko, Hasegawa, Disaster Evacuation from Japan’s 2011 Tsunami Disaster and the Fukushima Nuclear Accident, Institut du développement durable et des relations internationals, 2013

Samuels, Richard J., 3.11 Disaster and Change in Japan, Cornell University Press, 2013

Suzuki, Itoko & Kaneko, Yuko, Japan’s Disaster Governance How was the 3.11 Crisis Managed?, Springer, New York, 2013

The Fukushima Nuclear Accident Independent Investigation Commission (NAIIC), National Diet of Japan, 2012

The Japan Times, Coronavirus response shows Japan still ‘paralyzed’ in crises, top Fukushima investigator says, 12 marzo 2020

In copertina Flickr, @Jun Teramoto

 

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