L’Accordo di Escazú: verso una democrazia ambientale in America latina

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Di Angelica Dal Pin

Il 22 aprile 2021, in occasione del cosiddetto Earth Day, è entrato in vigore uno degli strumenti giuridici più attesi e innovativi in tema ambientale: l’Accordo di Escazú. 

Denominato “Accordo regionale sull’accesso alle informazioni, la partecipazione pubblica e l’accesso alla giustizia nelle questioni ambientali in America latina e Caraibi”, ha preso il nome della città della Costa Rica in cui è stato adottato il 4 marzo 2018.  Oltre agli obiettivi esplicitati dal nome completo, questo patto prevede anche dei passaggi finora inediti, come il diritto di protezione di cui dovrebbero godere gli attivisti ambientali.

Esso rappresenta il primo trattato ambientale vincolante dell’area centro e sudamericana. Inoltre, è l’unico adottato sulla base delle disposizioni previste dalla Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo sostenibile (Rio+20) e quindi ispirato ai Principi della Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo del 1992

L’impegno verso la sua adozione si inserisce nel contesto di trasparenza e coinvolgimento delle parti sociali promosso anche in occasione dell’Accordo di Parigi, con l’esplicita finalità di adeguamento delle politiche ambientali agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. 

L’Accordo tra adozione ed entrata in vigore

L’accordo è stato aperto alla firma di tutti i 33 Stati centro e sudamericani della CEPAL e, in data 22 gennaio 2021, ha raggiunto la soglia delle 11 ratifiche necessarie per l’entrata in vigore, prevista dopo 90 giorni dalla prima, in base all’articolo 22. 

Ciò è stato possibile grazie alle approvazioni formali di Messico e Argentina, entrambe approvate all’unanimità, in una giornata definita dalla Segretaria esecutiva della CEPAL, Alicia Bárcena, come “Día histórico!”

Proprio la ratifica riveste un’importanza centrale quanto alla forza che un accordo regionale può acquisire nei confronti di una determinata area geografica o tematica. 

Con questo atto giuridico uno Stato esprime il proprio consenso definitivo a essere vincolato da un trattato, con la conseguenza che ne deve rispettare e mettere in pratica le disposizioni. 

La firma apposta al trattato (che consegue all’adozione dello stesso, ossia l’approvazione del suo testo definitivo), manifesta invece l’interesse di uno Stato a divenire parte dell’accordo, ma non lo vincola al rispetto dello stesso.

Di conseguenza, un maggiore numero di firme, ma soprattutto di ratifiche, incrementa la possibilità del trattato di incidere sulle politiche degli Stati dai quali viene adottato.

 

Gli strumenti per l’implementazione degli obiettivi

Nella prima riunione di aggiornamento degli Stati partecipanti, tenutasi nel 2019 in Costa Rica, i rappresentanti dei Paesi firmatari hanno discusso su vari punti riguardanti la prospettiva di entrata in vigore dell’accordo. 

A questo scopo è stata suggerita da alcune delegazioni, e accolta dalla segreteria della CEPAL, la creazione di un database ufficiale delle esperienze legislative di ratifica e implementazione del trattato, al fine di fornire modelli utili agli Stati non ancora parte.

Per quanto riguarda il potenziamento dell’accesso alla giustizia previsto dal Trattato, è stata segnalata la necessità di formare una classe di operatori giuridici specializzata in tema ambientale. A questo proposito è stata promossa la creazione di conferenze di settore dedicate agli operatori del diritto e i Paesi sono stati invitati alla revisione del proprio ordinamento al fine di creare questa specializzazione giudiziaria, ad oggi mancante.

È stata poi promossa la creazione di registri pubblici di rendicontazione delle attività ambientali rischiose, per garantire la massima trasparenza a livello imprenditoriale e a livello finanziario, anche in connessione agli indennizzi derivanti da eventuale contenzioso (già adottati nell’ambito della omologa Convenzione di Aarhus). 

Al fine di promuovere l’accordo, è stata ribadita la necessità di trovare mezzi inclusivi di educazione ambientale. A questo proposito alcune delegazioni hanno presentato modelli divulgativi elaborati al fine di ottenere una comunicazione efficace, per esempio, con le comunità indigene. Essi prevedono formazioni mirate e l’utilizzo delle lingue native per una migliore veicolazione delle conoscenze.  

In collegamento con il tema educativo, è stato anche stabilito il coinvolgimento della gioventù, sia attraverso canali istituzionali di partecipazione, sia attraverso l’utilizzo e il potenziamento delle nuove tecnologie, a finalità attrattiva e divulgativa.

 

La protezione degli attivisti ambientali

La componente veramente innovativa di questo accordo è rappresentata dall’articolo 9, nel quale si menziona per la prima volta la necessità di proteggere i difensori e gli attivisti per l’ambiente, in relazione alle attività di promozione delle libertà e delle prerogative individuali previste dall’accordo stesso.

I dati riportati da Global Witness mostrano come l’area centro e sudamericana, insieme a quella asiatica, sia una delle più pericolose per gli attivisti e specialmente per le attiviste, soprattutto se appartenenti alle comunità indigene. 

A questo scopo è stata proposta la creazione di una piattaforma condivisa e gestita in collaborazione con le ONG e gli istituti che si occupano del tema (tra gli altri, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e Global Witness). 

In essa saranno contenuti i più recenti aggiornamenti di normativa internazionale e nazionale in tema ambientale, l’elenco dei servizi e delle risorse a disposizione degli attivisti per il loro lavoro di divulgazione, un sistema di segnalazione e il dettaglio delle procedure da seguire in caso di aggressione o minaccia.

 

Le prime tappe dell’Accordo di Escazú

La prima riunione degli Stati partecipanti ha posto anche le basi per l’istituzione della Conferenza delle Parti e del Comitato di appoggio al compimento dell’accordo, strumenti essenziali ai fini della partecipazione pubblica e statale. 

Inoltre, per il monitoraggio dei processi di ratifica e di implementazione è stata suggerita l’adozione di un indice di democrazia ambientale basato su indicatori standard elaborati dalle organizzazioni partner come Fundeps (Fundación para el Desarrollo de Políticas Sustentables).

Nella seconda riunione, patrocinata dallo Stato di Antigua e Barbuda e svoltasi da remoto per via del contesto sanitario del 2020, la maggior parte degli interventi si è invece concentrata sulla sfera dei diritti umani. 

La risposta alle nuove sfide e alle minacce derivanti dalla pandemia, come sottolineato dai partecipanti, dovrà essere basata anche su una visione inclusiva, solidale e cooperativa delle questioni di sviluppo sostenibile.

Tra la data di adozione e l’entrata in vigore, inoltre, sono stati promossi alcuni programmi derivati e dei partenariati strategici, come il programma rinforzato CEPAL-OECO. Esso mira a instaurare una collaborazione diretta tra la CEPAL e gli Stati orientali dei Caraibi per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 attraverso un piano triennale rinnovabile. 

L’Unione europea ha invece dichiarato il suo supporto attraverso la promozione di Euroclima+, un progetto di cooperazione tra Unione europea e America latina per affrontare il tema del cambiamento climatico.

 

Verso una democrazia ambientale: possibili criticità

Nonostante l’importante partecipazione e il sentito clima di cooperazione e multilateralismo, non si può ignorare il peso delle firme e delle ratifiche ancora mancanti. Stati chiave come Brasile, Perú, Colombia e Costa Rica stessa non hanno ad oggi ratificato l’accordo, mentre Venezuela, Cuba e Cile non l’hanno proprio firmato. 

In alcuni di questi Paesi, come il Venezuela, l’instabilità politica non sempre consente il regolare svolgimento delle prerogative politiche e parlamentari e le pressanti esigenze di ordine pubblico ed economico (come inflazione, scarsità di beni primari e corruzione) si pongono in contrasto con la ponderazione di un accordo vincolante di tale portata.

In altri Paesi, specialmente quelli in cui le posizioni governative attuali favoriscono lo sviluppo economico alla protezione dell’ambiente, come il Brasile, l’esame dell’accordo, sottoposto a sottocommissioni parlamentari, non ha ancora portato a una votazione in plenaria. 

Cile e Costa Rica, di fatto promotori delle negoziazioni, hanno sospeso il processo di firma e ratifica, adducendo preoccupazioni economiche, soprattutto riguardo all’incertezza sulle risorse finanziarie necessarie all’implementazione dell’accordo e ad alcune disposizioni riguardanti il contenzioso e le eventuali sanzioni. 

Secondo i contrari, l’Accordo di Escazú comporterebbe per i governi un’intollerabile cessione della sovranità statale in favore delle logiche internazionali e di terzo settore. 

L’articolo 4 prevede per gli Stati l’obbligo di adottare misure, legislative o amministrative, per l’implementazione diretta dell’accordo. L’articolo 23, inoltre, non consente l’apposizione di riserve, che normalmente vengono utilizzate dagli Stati per manifestare la volontà di non essere vincolati da una specifica previsione di un trattato internazionale. 

Gli obblighi porterebbero quindi, in nome di istanze ambientali, a vincoli e limitazioni al libero sfruttamento delle risorse e delle materie prime interne, soprattutto nella ricca zona dell’Amazzonia. Secondo i contrari, ciò porterebbe a un peggioramento delle condizioni economiche dei Paesi, in connessione alla difficoltà di promuovere grandi opere statali e alla fuga di potenziali investimenti esteri.

 

L’Accordo di Escazú: uno strumento efficace?

Lo sviluppo economico rappresenta certamente una componente essenziale del carico di lavoro e delle finalità operative dei governi, specialmente in un contesto di emergenza come quello recente. È anche vero tuttavia che questa preoccupazione non può giustificare un indiscriminato sfruttamento delle risorse e la negligenza in tema ambientale. 

Come ha sottolineato il Segretario generale delle Nazioni unite, António Guterres, l’Accordo di Escazú potrebbe rappresentare un valido strumento di ricerca di soluzioni efficaci, che pongano al centro l’essere umano e la natura.

Rispetto ai precedenti documenti internazionali in tema (come la Dichiarazione di Rio), infatti, si tratta di un accordo vincolante

Nel momento della sua entrata in vigore sorge quindi l’obbligo giuridico per gli Stati, tra le altre cose, di garantire l’accesso alle informazioni ambientali entro 30 giorni dalla richiesta, di motivare un eventuale diniego di accesso, di instaurare un meccanismo di revisione e  monitoraggio della trasparenza nei procedimenti ambientali (come un organo di vigilanza), e di elaborare report informativi della situazione ambientale tramite valutazioni indipendenti ogni cinque anni. 

A queste previsioni si accompagna la possibilità di essere citati davanti alla Corte Internazionale di Giustizia in caso di violazioni e inadempimenti su iniziativa di un altro Stato parte. 

Tutte queste previsioni sembrano tendere verso un’intensificazione dell’impegno ambientale dell’area latinoamericana, ma la reale portata di questo accordo sarà correlata all’andamento del processo di ratifica degli Stati non ancora parte, come risultato dell’allargamento della base di consenso necessaria alla sua efficacia su larga scala.

Gli Stati parte, inoltre, dovranno dimostrarsi all’altezza degli impegni intrapresi, spesso contrari alle spinte economiche interne, e dimostrare di approvare anche nella pratica, oltre che sulla carta, gli obiettivi di sviluppo sostenibile e di protezione dei diritti umani previsti dall’accordo. 

 

 

Fonti e approfondimenti

IAL, Ratificato il Trattato di Escazú, l’accordo latinoamericano sul clima e l’ambiente, italiamericalatina.it, 09/11/2020

CEPAL, Acuerdo Regional sobre el Acceso a la Información, la Participación Pública y el Acceso a la Justicia en Asuntos Ambientales en América Latina y el Caribe, cepal.org, 04/03/2018

Moreno Diaz Mary Luz, OCDE y la política ambiental y pesca, El País Costa Rica, elpais.cr, 11/07/2020

CEPAL, Países signatarios del Acuerdo de Escazú realizarán su primera reunión de trabajo el 11 y 12 de octubre en Costa Rica, acuerdodeescazu.cepal.org, 07/10/2019

CEPAL, Asegurar los derechos ambientales de los más vulnerables es fundamental para combatir la desigualdad y alcanzar el desarrollo sostenible, acuerdodeescazu.cepal.org, 15/07/2019

CEPAL, Países signatarios del Acuerdo de Escazú llaman a trabajar en conjunto para defender derechos fundamentales y fomentar un desarrollo sostenible en la región, acuerdodeescazu.cepal.org, 09/12/2020

CEPAL, El Secretario General de las Naciones Unidas destaca el Acuerdo de Escazú en su Informe sobre el Impacto del COVID-19 en América Latina y el Caribe, cepal.org, 03/08/2020

CEPAL, Desarrollo sostenible y asentamientos humanos, cepal.org

FCD, El 2021 comenzerá con la entrada en vigencia del acuerdo de Escazù, ciudadaniaydesarrollo.org

EUROCLIMA+, Apoyando la implementación del Acuerdo de París en América Latina y el Caribe, cepal.org

CEPAL, La CEPAL y la OECO establecen un Programa de Acción Reforzado sobre el Acuerdo de Escazú en el Caribe Oriental, cepal.org, 19/05/2020 

CEPAL, CEPAL celebra pronta entrada en vigor del Acuerdo de Escazú y destaca el compromiso de la región con el desarrollo sostenible y los derechos humanos, cepal.org, 22/01/2021

Colombo Andrea, La protezione dell’Amazzonia brasiliana: una questione di sicurezza nazionale?, Lo Spiegone, 02/05/2021.

 

 

Editing a cura di Giulia Lamponi

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