L’inverno rigido della crisi energetica

@gazprom - CC Licence

La notizia è ormai ufficiale: l’inverno che arriva porterà con sé bollette salate. I prezzi del gas stanno aumentando a dismisura, si vocifera che la Russia abbia “chiuso i rubinetti”. Ma cos’è successo davvero?

Innanzitutto, quando parliamo di “gas” ci riferiamo al gas naturale liquefatto (gnl), una miscela di idrocarburi composta prevalentemente da metano. Si tratta di una risorsa estremamente versatile: viene utilizzata come carburante per i trasporti, ma soprattutto per la produzione di energia termica ad uso industriale e civile. L’Italia non produce gnl, bensì, lo importa, come la maggioranza dei Paesi europei

I principali esportatori sono la Russia, l’Algeria, la Libia, e infine l’Olanda e la Norvegia. La Russia è saldamente in testa in questa classifica. L’azienda Gazprom, che detiene il monopolio sui gasdotti dalla Russia per l’esportazione di gas in Europa, da sola supplisce al 35% della richiesta europea.

Proprio Gazprom si è trovata di recente nel mirino di media e politici europei, a causa dell’aumento del prezzo del gas, che ha toccato il 600%, mentre la domanda di gas presso il colosso russo è aumentata a dismisura. Ciò segue un trend di forte aumento dei prezzi che possiamo ricondurre a diverse dinamiche globali.

I prezzi salgono: la domanda in crescita

I Paesi asiatici e alcuni Paesi dell’America Latina hanno ripreso la domanda di gnl, superata la fase di rallentamento dovuto alla crisi economica scatenata dalla pandemia di Covid-19. La Cina, in particolare, nell’ultimo anno ha aumentato la domanda di gas del 16%, una percentuale che gli analisti dicono in crescita. Questo aumento è dovuto alla scarsa resa dei giacimenti carboniferi e dell’industria relativa all’estrazione del carbone nell’area sud-ovest del Paese. 

Inoltre, la Cina sta cercando di diversificare il più possibile il suo consumo energetico, riducendo al minimo la dipendenza dal carbone, in un tentativo di attuare politiche più sostenibili e di migliorare la qualità dell’aria (e della vita) in molte zone del Paese. Si tratta dunque di un cambio strutturale, non stagionale, che è destinato a portare grandi cambiamenti nel mercato globale del gnl.

A ciò dobbiamo aggiungere l’aumento della domanda anche in Europa. Il lungo inverno del 2020-2021 ha impoverito le scorte europee di gnl, imponendone il riapprovvigionamento. In aggiunta, le politiche comunitarie orientate a una maggiore sostenibilità dell’industria energetica hanno aumentato sensibilmente i prezzi delle emissioni di gas serra, favorendo dunque la maggiore richiesta di gas nella generazione elettrica (come il gnl) rispetto a quella del carbone. 

Il quadro è dunque chiaro: l’aumento di prezzi è dovuto alla legge della domanda e dell’offerta. In queste circostanze, tutti gli occhi sono puntati sulla Russia, colosso dell’export di gnl in Eurasia, e in particolare sull’azienda Gazprom.

Lo scontro Gazprom-UE e i contratti con l’Europa

In questo fragile equilibrio globale, la tensione fra il colosso russo Gazprom e l’Unione Europea si è acuita in vista del prossimo inverno. Nonostante le accuse mosse dai principali media outlet italiani ed europei e da diversi politici, tuttavia, la Russia non ha “tagliato il gas” ai Paesi europei. La questione è piuttosto complessa, coinvolge diversi fattori, primo fra i quali il tipo di accordi vigenti fra Russia e vari Paesi UE.

Molti Paesi dell’Unione Europea importano gas russo basandosi sul cosiddetto “mercato spot”, ossia un tipo di accordo che si basa sulle necessità contingenti, opposto a un tipo di contratto a lungo termine che in un mercato globalizzato risulterebbe molto più stabile. 

L’UE privilegia questo tipo di accordi per motivazioni sostanzialmente politiche. Accordi a lungo termine renderebbero più evidente la dipendenza energetica europea dalla Russia, rendendolo un soggetto politicamente più debole. Inoltre, Bruxelles considera gli accordi a lungo termine un potenziale rischio per la concorrenza commerciale e un rischio di frammentazione del mercato interno. Commentando l’attuale situazione, Putin ha rimproverato all’UE proprio il passaggio a questo tipo di accordi, risalente a qualche anno fa.

Gazprom ha dichiarato di stare rispettando gli accordi presi con i singoli Stati in merito alla fornitura di gas. La versione del colosso russo è stata confermata dalle principali aziende di fornitura energetica europee (Eni, Uniper, OMV e RWE). 

A ciò bisogna aggiungere che, stando ai comunicati stampa di ambo le parti, Gazprom non ha ricevuto da parte delle principali compagnie energetiche europee richieste ufficiali di aumento dei flussi di gas importato. In sostanza, dunque, non è stata richiesta l’immissione di maggiori flussi sui mercati spot europei. 

Infine, vanno considerati anche i limiti della stessa Gazprom. Vi è innanzitutto la necessità di sopperire alla richiesta di fornitura interna. La produzione di gnl in Russia è, poi, ulteriormente limitata da manutenzioni programmate e da un incidente nel sito gasiero di Novyj Urengoj, che ha ridotto di un terzo i flussi del gasdotto verso Europa, in particolare la Germania.

Nord Stream 2 e le pressioni politiche

Ultimo punto cardine della vicenda Russia-UE nel panorama della crisi energetica globale è la questione relativa al gasdotto Nord Stream 2 (NS2). Si tratta di un gasdotto di recente fabbricazione, ormai pronto ad essere avviato, ma che da anni è al centro di un acceso dibattito sul piano diplomatico e geopolitico. Il gasdotto, infatti, porterebbe il gas russo in Europa aggirando il territorio ucraino, bielorusso e polacco, e non pagando dunque le tasse di transito. 

La tensione fra Europa e Russia in seguito all’annessione della Crimea al territorio russo nel 2015 rende più difficile, a livello diplomatico, l’accettazione degli accordi da parte dell’UE. In particolare, i Paesi dell’Europa Centro-orientale si sono fortemente opposti al progetto. A ciò si aggiunge un discorso legale a livello comunitario sulla deriva monopolistica del NS2 – di cui Gazprom risulta l’unico azionista (shareholder) – e pressioni diplomatiche da parte degli Stati Uniti per posticipare l’avviamento del gasdotto.

Tuttavia, la Germania di Angela Merkel ha portato avanti un dialogo parallelo, respingendo più volte le critiche dei partner dell’Europa Centro-orientale e sottolineando la natura commerciale del progetto, nonché la libertà delle compagnie energetiche. Una visione pienamente condivisa da Mosca, che non nega l’interesse economico dietro il rafforzamento di un collegamento diretto con il suo primo mercato di esportazione dell’energia. 

Gli interessi economici sembrano prevalere sulle posizioni politiche, e gli ultimi ostacoli alla messa in opera di NS2 sono sostanzialmente di tipo burocratico. La Russia spera che questa crisi energetica dia la spinta definitiva a superarli.

Il Green New Deal europeo e le narrazioni contrastanti

Riguardo al Green New Deal europeo sulla transizione energetica, i risvolti di questa crisi energetica e dei dialoghi diplomatici fra Russia e UE sono ambigui. Da un lato, la posticipazione dell’avviamento del Nord Stream 2 e le prospettive di scarsità di risorse energetiche hanno spinto vari Paesi, come la Germania, ad aumentare la produzione (e dunque l’utilizzo) di combustibili fossili, in contrasto con le direttive ambientali comunitarie. Dall’altro lato, alla luce della crisi energetica che un mercato di gnl globalizzato può creare, la transizione ecologica auspicata dal Green New Deal sembra ancora più impellente. Bisognerà aspettare le considerazioni e le azioni dei singoli Stati membri e della Commissione europea in merito.

A livello pratico, è chiaro che la domanda crescente e l’urgente necessità di gnl lasciano meno spazio di manovra alle misure diplomatiche dell’UE, costretta a prioritizzare gli scambi commerciali a prescindere dal partner fornitore e dalle posizioni politiche dell’UE in merito allo stato partner. La Russia è il Paese che sembra beneficiare maggiormente delle circostanze, almeno a breve termine. La sua posizione di partner indispensabile è evidente sia al mercato europeo che al mercato cinese, e la cosiddetta “svolta a Est” prosegue lungo il suo corso.

Vediamo, dunque, come la questione energetica presenti risvolti politici ed economici che spesso viaggiano su piani paralleli. Una narrativa intransigente ed eminentemente ideologica non è sufficiente a dispiegare i fattori e le implicazioni di una situazione che non coinvolge solamente Russia e UE, ma gli equilibri energetici e diplomatici del mondo intero.

 

Fonti e approfondimenti

Mackenzie, Wood, The Future of China’s Gas Demand, Forbes, Settembre 2021 

Giuli, Marco, Il gas che manca: prospettive e implicazioni, AffarInternazionali, settembre 2021 

Golubkova, Katya e Soldatkin, Vladimir, Analysis: Russia’s Gazprom feels the heat over Europe’s red-hot gas prices, Reuters, settembre 2021

 

Editing a cura di Elena Noventa

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