di Gregorio Profiti
L’11 maggio, la giornalista Shireen Abu Akleh veniva uccisa da un soldato israeliano in un campo profughi a Jenin, nei territori palestinesi occupati. Il 26 maggio, Al Jazeera, l’emittente televisiva qatariota per la quale lavorava, ha comunicato che deferirà il caso alla Corte Penale Internazionale. In accordo con il diritto internazionale, l’uccisione dell’inviata palestinese con passaporto statunitense costituirebbe infatti una manifesta violazione del diritto internazionale e un crimine di guerra.
Negli ultimi 70 anni, il diritto internazionale in relazione alla questione palestinese, soprattutto sotto forma delle numerose risoluzioni ONU, è rimasto inapplicato. Uno dei tentativi più recenti di intervento si è avuto da parte della Corte Penale Internazionale (International Criminal Court o ICC), l’unica corte internazionale permanente che si occupa di giudicare e determinare la responsabilità penale di singoli individui, e non di Stati. Essa ha competenza per giudicare quattro tipologie di crimine: genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimine di aggressione. Lo Statuto di Roma, sul quale si basa l’ICC, concluso nel 1998, non è stato però firmato o ratificato da alcuni Stati, che non ne hanno quindi accettato la giurisdizione. Gli esempi più rilevanti sono USA, Russia, Cina, ma anche Israele e, inizialmente, Palestina.
La corte e la giurisdizione sulla Palestina
Dalla seconda metà degli anni 2000, la Corte si iniziò a interessare della situazione nei territori palestinesi occupati. Un primo tentativo di adire la Corte da parte dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) si è verificato nel 2009. Infatti, vi è la possibilità per gli Stati non membri di accettare la giurisdizione della corte tramite una dichiarazione ad-hoc. È proprio di questa possibilità che si è avvalsa l’Anp chiedendo alla ICC di indagare su i crimini commessi dalle forze israeliane nei territori palestinesi. Questa dichiarazione venne effettuata in seguito all’operazione “Piombo Fuso” – effettuata da parte di Israele nella Striscia di Gaza, che aveva portato alla morte di centinaia di palestinesi e per la quale Israele era stata accusata di crimini di guerra.
La prima richiesta venne però respinta: nel 2012, il Procuratore della corte, Luis Moreno-Ocampo, si espresse in maniera negativa sulla possibilità di aprire delle investigazioni. Il problema era costituito dall’incerto e dibattuto, sia a livello legale che politico, carattere statuale della Palestina; la domanda era quindi se essa potesse essere considerata uno “Stato” e quindi accettare effettivamente la giurisdizione della Corte. Il procuratore specificò che solo una volta risolta tale questione da parte dei competenti organi delle Nazioni Unite o dall’Assemblea degli Stati dell’ICC, sarebbe stato possibile esprimersi su future ed eventuali investigazioni.
Un intervento in tale senso avvenne pochi mesi dopo: nel dicembre 2012, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione in cui riconobbe alla Palestina lo status di “Stato non membro osservatore” nell’organizzazione internazionale. Ciò fu sufficiente per la nuova Procuratrice, Fatou Bensouda, per ritenere risolta la questione in senso positivo.
A seguito di ciò, due anni dopo, nel gennaio 2015, l’Anp presentò una nuova dichiarazione, sottoponendo alla giurisdizione della corte i crimini commessi nei territori palestinesi dal 13 giugno 2014 in poi. In questo modo, la Palestina divenne uno Stato membro della ICC e venne quindi aperta una fase preliminare alle indagini, per valutare se ci fossero tutte le condizioni per aprirle formalmente. Tale esame venne concluso 5 anni dopo dall’Ufficio del Procuratore, che ritenne possibile iniziare un’indagine. Tuttavia, prima di procedere oltre, il Procuratore chiese alla Corte di chiarire e confermare l’estensione territoriale della sua giurisdizione, ovvero quali fossero i territori della Palestina, ai sensi della Corte, su cui fosse possibile esercitare la propria giurisdizione.
La ICC si è espressa su tale questione il 15 febbraio 2021. Si tratta di una decisione molto importante, nella quale, riassumendo, la Corte afferma che la Palestina può essere considerata uno Stato membro, avendo regolarmente aderito allo Statuto di Roma, e che quindi la giurisdizione della Corte si estende a tutti i territori occupati dal 1967, cioè Striscia di Gaza e Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est. Tuttavia, come precisato dalla Corte, questo principio è valido solo ai sensi del procedimento davanti alla corte stessa, e non pregiudica in alcun modo una futura definizione dei confini di uno Stato palestinese ai sensi del diritto internazionale. Ciò vuol dire che la decisione della Corte ha valore solamente in tale sede, e non ha effetto invece su eventuali negoziazioni tra Israele e Palestina sulla questione territoriale. Ciononostante, la decisione conserva un forte valore simbolico e politico, provenendo da un organo internazionale importante come la ICC. Il Procuratore ha quindi aperto ufficialmente le indagini sui crimini internazionali commessi sul territorio palestinese, da entrambe le parti.
Il possibile impatto delle investigazioni
Se una parte della comunità internazionale ha accolto con favore questo sviluppo, alcuni sono più scettici sui concreti benefici che le indagini porteranno. Un primo grosso problema è l’estrema lunghezza e complessità caratterizzanti tipicamente le indagini e i processi della ICC. Ciò è evidente guardando il tempo che è stato necessario per portare a termine le indagini preliminari. Tempistiche che potranno essere allungate dalla mancata collaborazione da parte di Israele. Già in questo momento infatti viene denunciata e lamentata , da parte palestinese, la mancata adozione da parte della Corte di provvedimenti concreti e di atti di investigazione attiva. Per esempio, si è parlato di “double standard” confrontando queste indagini con quelle in Ucraina a seguito dell’invasione russa, dove la corte si starebbe muovendo molto più velocemente.
Un’altra speranza era quella che un processo internazionale potesse avere un effetto di deterrenza, cioè prevenire ulteriori violenze e crimini da parte delle forze armate israeliane, ma ciò non è avvenuto.
Inoltre non si è realizzato neanche un effetto di “complementarità positiva”: vi era la possibilità che la minaccia di una giustizia internazionale portasse lo stesso Stato israeliano a investigare e punire i crimini perpetrati dai propri militari internamente e autonomamente. Sarebbe infatti stato nell’interesse di Israele muoversi in questa direzione, in quanto una delle condizioni per cui la ICC può procedere nelle indagini è proprio l’assenza di indagini e processi a livello di diritto nazionale. Purtroppo questo non sembra avvenire: l’esempio principale è sicuramente la politica delle colonie e insediamenti israeliani in territorio occupato, che sono una violazione del diritto internazionale, che lo Stato israeliano ha continuato a finanziare e incentivare nonostante le indagini.
Il processo internazionale difficilmente potrà essere un elemento chiave per risolvere un conflitto così radicato come quello israelo-palestinese. Emblematici sono i casi precedenti, come il Sudan e la Repubblica Centroafricana, dove le violenze sono continuate anche a seguito dell’intervento della Corte. Anzi, è possibile che le indagini della ICC abbiano l’effetto contrario, quello di ostacolare le trattative di pace, che già adesso sono sostanzialmente bloccate. Il rischio è infatti che, da un punto di vista di giustizia di transizione, le indagini possano allontanare e radicalizzare le posizioni negoziali delle due parti, rendendo il raggiungimento della pace ancora ancora più difficile.
Fonti e approfondimenti
Al Jazeera Staff, Why is Al Jazeera taking killed journalist case to the ICC?, 27 maggio 2022.
Baruch P. S., A Green Light for the ICC to Open an Investigation of Israel, Institute for National Security Studies, 2021.
Bisharat G., Why Palestine Should Take Israel to Court in The Hague, 29 gennaio 2013, New York Times.
Bosco D., Palestine in The Hague: Justice, Geopolitics, and the International Criminal Court in Global Governance, Volume 22, Gennaio-Marzo 2016.
Bracka J., A False Messiah? The ICC in Israel/Palestine and the Limits of International Criminal Justice in Vanderbilt Journal of Transnational Law, Volume 54, Marzo 2021.
Editing a cura di Carolina Venco
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