Il 5 luglio scorso l’Algeria ha celebrato il sessantesimo anniversario della propria indipendenza. Nel 1962, dopo una sanguinosa guerra durata otto anni, il Fronte di liberazione nazionale algerino (FNL) pose fine al dominio coloniale francese, iniziato nel 1830 con la conquista della Reggenza di Algeri, allora sotto il controllo dell’esercito Ottomano.
Le ferite della guerra sono ancora aperte e alcune dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron, negli ultimi anni, hanno portato a strascichi diplomatici di non poco conto. Tuttavia, al di là della retorica nazionalista anticoloniale, della volontà storica di ergersi a Paese non allineato e dell’avvicinamento dai primi anni Duemila alla Russia, come eredità dei rapporti con l’Unione sovietica, i legami di Algeri con Parigi, soprattutto economici, ma anche politici e culturali, rimangono forti.
L’Algérie française
L’Algeria, possedimento francese dal 1830 al 1962, viene considerato un laboratorio del colonialismo. Il modello coloniale francese assimilazionista fu soggetto, infatti, a continue riletture e interpretazioni a seguito delle trasformazioni della politica coloniale di Parigi. Per assimilazionismo si intende un modello che, da un lato, presuppone l’uguaglianza tra cittadini, ma che al contempo rivendica la missione civilizzatrice occidentale e la sua superiorità rispetto alle culture autoctone. Questa contraddizione emerge se viene considerata l’esistenza di uno statuto di diritto musulmano e l’Indigenat, una legislazione specifica per gli indigeni. Furono poi adoperati al bisogno alcuni concetti dell’indirect rule britannico. Questo modello coloniale prevedeva un sistema di governo decentrato che si avvaleva delle autorità locali preesistenti. Nella pratica esso venne utilizzato prevalentemente con valenza autoritaria e repressiva.
Secondo un censimento del 1906, il 13% della popolazione algerina era rappresentato da coloni. Inoltre, fino alla fine della Quarta repubblica francese (1946-1958), circolavano tra i governi idee neo-coloniali basate sul concetto di Eurafrica, secondo cui l’Europa avrebbe proseguito il suo processo di integrazione europea solo se avesse adempiuto alla civilizzazione dell’Africa. Per questi motivi il processo di decolonizzazione fu particolarmente violento in Algeria: si trattava dell’unica colonia di popolamento dell’impero francese.
La guerra d’indipendenza algerina
Sull’onda del processo di decolonizzazione iniziato con la fine della Seconda guerra mondiale e la sconfitta della Francia nella Guerra d’Indocina (1946-1954) si verificarono i primi moti algerini, nel 1954. Il conflitto subì un’escalation con l’insurrezione generale del FLN nel 1955 e la battaglia di Algeri del 1957 (poi narrata nell’omonimo film del 1966 di Gillo Pontecorvo, censurato in Francia fino al 1971), a cui seguì una forte repressione da parte dell’esercito francese.
Nel 1960, in seguito ad altre rivolte, intervenne il presidente della appena nata Quinta Repubblica, il generale Charles De Gaulle, indicendo un referendum sull’autodeterminazione dell’Algeria nel 1961. La vittoria del “sì” all’autodeterminazione algerina, con il 75% dei voti, portò ad un colpo di stato attuato dai militari francesi in Algeria, contrari alle negoziazioni di De Gaulle e al governo provvisorio algerino. Il colpo di stato del 21-22 aprile 1961 fallì, a causa del celebre appello televisivo dell’allora popolare presidente De Gaulle a boicottare l’autorità militare, e i generali si organizzarono nell’OAS (Organisation armée secrète), un’organizzazione paramilitare clandestina.
«Un potere insurrezionale si è installato in Algeria in seguito ad un pronunciamento militare… Vieto ad ogni francese e, soprattutto, a ogni soldato di eseguire alcuno dei loro ordini». Charles De Gaulle, 23 aprile 1961.
Nel frattempo i negoziati tra Francia e FLN produssero degli accordi, noti come Accordi di Evian, per il cessate il fuoco e il riconoscimento della sovranità e l’autodeterminazione dell’Algeria. Gli accordi furono ratificati con il referendum del 1 luglio 1962, che con voto quasi unanime portò all’indipendenza del Paese. Fu posto così fine a un conflitto che, secondo le stime di Le Monde Diplomatique, elaborate tramite dati incrociati di Forze armate francesi, autorità algerine e associazioni umanitarie, portò alla morte tra i 300.000 e il milione di civili algerini.
L’Algeria indipendente
Esempio di lotta anticoloniale e pilastro del Movimento dei Paesi non allineati, l’Algeria ha cercato sempre di non ricadere in alcun schieramento. Né ai tempi della Guerra Fredda né oggi. Da una parte, infatti, diversi sono stati gli accordi per la cooperazione economica siglati con il fronte Occidentale (nel 1976 l’Accordo Comunità Economica Europea-Algeria, nel 1995 la Dichiarazione di Barcellona e nel 2008 l’Unione del Mediterraneo), che però hanno avuto un impatto limitato sulla liberalizzazione del commercio. Dall’altra parte, i rapporti con l’Unione sovietica si limitarono al supporto diplomatico in nome dell’anti-imperialismo e alla cooperazione in ambito militare.
Anche oggi, il governo di Abdelmajid Tebboune cerca di mantenere un equilibrio nelle alleanze, cooperando con l’Occidente, ma anche con la Russia e la Cina. Il 2 marzo si è astenuto dal condannare l’invasione russa dell’Ucraina all’assemblea ONU, ma allo stesso tempo sta aumentando le proprie forniture di idrocarburi all’Europa. Lo scorso 11 aprile, l’Algeria ha infatti rimpiazzato la Russia come primo fornitore di gas per l’Italia, come risultato della dichiarazione d’intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia firmata ad Algeri dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l’omologo nordafricano Ramtane Lamamra.
I moderni rapporti con la Francia
Nonostante la continua ridefinizione del proprio margine di manovra a livello internazionale, l’Algeria continua ad avere forti legami con l’ex potenza coloniale. Dal 1999 al 2013, il Paese è stato il principale partner economico africano per Parigi e il terzo mercato per gli export francesi al di fuori dell’area OECD, dopo Cina e Russia. Nel 2019 è stato il secondo partner commerciale dopo Pechino. Nonostante negli ultimi anni la Francia abbia perso quote di mercato rispetto ad altri Paesi, tra cui l’Italia, rimane il più grande datore di lavoro straniero in Algeria, soprattutto nel settore finanziario, marittimo e dei trasporti. Parigi e Algeri cooperano anche nei settori scientifico, tecnico e culturale. Il legame tra i due Paesi è inoltre rafforzato dalla consistente comunità algerina presente in Francia.
Tuttavia, i due Paesi non riescono ancora a giungere a una riconciliazione attraverso una memoria storica condivisa. Il primo mandato del Presidente Macron si era aperto con segnali incoraggianti, definendo la colonizzazione un crimine. Ma, successivamente, nell’autunno 2021, diverse dichiarazioni sulla guerra di indipendenza algerina e le scuse agli harkis, gli algerini lealisti che furono “traditi” al termine del conflitto, hanno rialzato la tensione. Solo una visita in Algeria, a dicembre dello stesso anno, ha portato a una nuova distensione dei rapporti.
L’uscita dall’isolamento dell’Algeria
Per decenni l’Algeria è stata vista come uno dei più isolati e imperscrutabili Paesi del Nord Africa e come indissolubilmente legata alla Francia. Tuttavia, oggi, il governo sembra essere decisamente attivo in politica estera, come mai prima d’ora, in un contesto regionale caratterizzato dal difficile rapporto con il vicino Marocco, legato soprattutto alla questione del Sahara occidentale.
Il governo algerino sembra essere conscio dell’opportunità offerta dal nuovo contesto internazionale. Le grandi risorse di petrolio e gas hanno suscitato l’interesse di numerosi attori e il Paese vuole massimizzare la rendita attraverso la società statale degli idrocarburi, Sonatrach, espandendo la produzione, rinegoziando i prezzi e stipulando nuovi accordi. Il governo ha già rafforzato i programmi di previdenza sociale, introdotto nuovi sussidi per alcuni beni di consumo e bloccato aumenti delle tasse. L’economia, colpita dalla pandemia di Covid-19, si sta riprendendo lentamente, ma per garantire la stabilità macroeconomica del Paese sarà necessario avviare politiche per la diversificazione delle fonti di reddito.
Fonti e approfondimenti
Gozzi, Gustavo. 2021. “Eredità coloniale e costruzione dell’Europa. Una questione irrisolta: il «rimosso» della coscienza europea“. Il Mulino.
Emiliani, Marcella. 2012. “Medio Oriente. Una storia dal 1918 al 1991”. Edizioni Laterza.
Walsh, Alex, “Algeria-Europe economic integration: Where are we now and where do we go?”, Middle East Institute, 17/03/2020.
Ministère De L’Europe et De Affaires Etrangères. Algeria.
Farrand, Andrew G, “Algeria has been isolated for years. Now it’s making a shaky return to the world stage”, Atlantic Council, 29/6/2022.
Editing a cura di Niki Figus
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