Il 24 agosto, il ministro degli Esteri algerino, Ramtane Lamamra, ha annunciato la rottura dei rapporti tra Algeri e Rabat. La decisione è arrivata dopo quasi un anno di tensioni continue tra i due Paesi maghrebini. Le ragioni elencate nella comunicazione ufficiale sono varie e descrivono il regno marocchino come un’entità ostile nei confronti dell’Algeria. Il ministro Lamamra, infatti, ha sostenuto che «il Marocco non ha mai smesso di compiere atti ostili nei confronti dell’Algeria, fin dai tempi della nostra indipendenza (1962)». A metà ottobre, il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune ha invece comunicato di voler rifiutare, al momento, ogni mediazione diplomatica con il vicino. L’esasperazione dei recenti contrasti tra Marocco e Algeria è sintomo di un clima di ostilità e diffidenza reciproca che ha caratterizzato la storia delle relazioni tra i due Paesi fin dalle rispettive indipendenze.
La complicata storia delle relazioni tra Algeria e Marocco
Durante il Secondo dopo guerra, agli albori del periodo storico noto come “decolonizzazione” (1947-1999), i rapporti tra Marocco e Algeria sono stati tutt’altro che tesi. Accomunati dall’imperialismo subìto nella forma della dominazione coloniale francese, i due Stati maghrebini si sono spalleggiati per anni nel far fronte al nemico comune. Negli anni ’50, il Parti du peuple algerien (Partito del popolo algerino – PPA) e il Partito Istiqlal (formazione politica marocchina di stampo nazionalista e conservatore) coordinarono le loro azioni contro le forze francesi. Allo stesso modo, collaborarono il Front de libération nationale (Fronte di liberazione nazionale – FLN), il suo braccio armato Armée de libération nationale (Armata di liberazione nazionale – ALN) e la resistenza marocchina. L’ottenimento dell’indipendenza da parte del Marocco, nel 1956, non intaccò la solidarietà tra i due movimenti di liberazione e il neonato regno continuò ad accogliere rifugiati algerini, a fornire armi e denaro al FLN e ad addestrare i guerriglieri. Addirittura, in piena guerra d’indipendenza algerina, Rabat respinse una proposta della Francia che vedeva lo smantellamento delle basi dell’FLN in Marocco in cambio delle città di confine di Tindouf e Bechar, su cui il regno rivendicava la sovranità ma che, ai tempi, erano sotto l’amministrazione dell’Algeria coloniale.
Proprio la questione dei confini costituì la prima frattura tra i due Stati. Nel 1961, l’allora sovrano marocchino Hassan II firmò un accordo con il governo provvisorio algerino nel quale entrambe le parti riconoscevano l’esistenza di una disputa di confine (riguardo Tindouf e Bechar), ma si impegnavano a risolverla solo una volta che anche l’Algeria avesse ottenuto l’indipendenza, poi raggiunta un anno dopo. Nel 1963, l’allora ministro degli Esteri algerino Abdelaziz Bouteflika (destinato a diventare presidente d’Algeria nel 1999), dichiarò che «il Paese è uno e indivisibile» e che l’accordo del 1961 era «un compromesso politico di circostanza, privo di valenza giuridica e dettato dalle logiche della lotta anti-coloniale». Il regno marocchino non gradì la decisione algerina e fece pressioni sul confine fino allo scoppio della cosiddetta Guerra delle sabbie, durata meno di un mese ma definita uno spartiacque nella storia delle relazioni tra Algeria e Marocco: l’aggressione marocchina fu condannata da gran parte della comunità internazionale e diversi Paesi di orientamento socialista (come Cina, Egitto e Cuba) inviarono aiuti militari ad Algeri, scavando un solco ideologico ancora più profondo tra il regno alawita, vicino agli Stati Uniti e ai Paesi Europei, e l’Algeria, una repubblica democratica d’ispirazione socialista. Nonostante nel 1969 il contenzioso fu risolto per via negoziale, con la firma di un accordo di amicizia tra re Hassan II e il presidente algerino Houari Boumédiène in cui veniva stabilito lo sfruttamento congiunto delle risorse minerarie nell’area contesa, il conflitto del 1963 ha rotto l’asse indipendentista e anticoloniale che aveva legato i due attori maghrebini per quasi un decennio di lotta contro il dominio francese.
Pochi anni dopo, nel 1975, la situazione si deteriorò ulteriormente: l’Algeria criticò duramente gli Accordi di Madrid, siglati da Marocco, Spagna e Mauritania e sancenti la fine del dominio spagnolo sul Sahara occidentale e la divisione dell’ex colonia tra i due Stati arabi. Algeri, preoccupata all’idea di un Marocco in controllo di tutti gli accessi all’oceano Atlantico, definì l’accordo una mossa imperialista. Quella che poi divenne, nei decenni, la lotta di liberazione del popolo sahrawi, fu sostenuta attivamente dall’Algeria fin dalla prima ora. Ancora oggi, il legame tra Fronte Polisario e Algeri è motivo di attrito tra i due Stati maghrebini.
Dopo il breve riavvicinamento degli anni ‘80, dovuto soprattutto all’istituzione dell’Unione del Maghreb arabo, negli anni ‘90 i rapporti si fecero nuovamente tesi. Preoccupati dalla deriva islamista del Paese, sancita dalla vittoria alle urne del Fronte islamico della salvezza alle elezioni del 1991, gli ufficiali dell’esercito algerino misero in atto un colpo di stato contro il governo eletto dando inizio alla Guerra civile che si trascinò fino al 2002. Infatti, forte del 54% dei voti ottenuti e del sostegno popolare riscosso nel Paese, il Fronte islamico e le altre formazioni radicali del Paese fondarono il Gruppo islamico armato (GIA), un’organizzazione nata con lo scopo di opporre le armi al regime militare e laico dell’esercito. L’ondata di violenze che successivamente fece sprofondare nel terrore l’Algeria, coinvolse anche il Marocco. Il GIA, infatti, non si proponeva solo di abbattere la dittatura militare che gli aveva negato il diritto a formare l’esecutivo di Algeri, ma anche di combattere ogni leader corrotto dei Paesi a maggioranza musulmana, tra cui il Marocco appunto. Tra il 1991 e il 2002, anno della fine della guerra civile, il GIA e i suoi alleati misero in atto diversi attentati, in Algeria ma anche in Marocco. Più volte, entrambi i Paesi si accusarono a vicenda di fornire ai terroristi copertura e armi. I reciproci sospetti, mai sopiti, portarono alla chiusura delle frontiere e all’obbligo del visto per accedere da un Paese all’altro, provvisione rimossa solo nel 2004.
Incendi, terrorismo, spionaggio e Israele: le cause delle recenti tensioni
Nel 2020, in cerca di legittimità internazionale per le pretese del regno sul Sahara occidentale, Mohammed VI ha avviato la normalizzazione dei rapporti con Israele nel contesto degli Accordi di Abramo. Questa scelta politica ha fruttato al Marocco il riconoscimento della sovranità marocchina sul Sahara occidentale da parte dell’allora amministrazione Trump e un giovamento nelle relazioni con lo Stato di Israele – in realtà da decenni positive, vista l’influente e corposa comunità ebraica residente in Marocco e il sentimento anti-iraniano che caratterizza entrambi gli Stati. Proprio in virtù della condivisa rivalità con la Repubblica islamica, il Marocco ha in Israele un potenziale alleato contro l’Algeria, sicuramente tra i Paesi arabi che godono di relazioni migliori con Teheran. L’Algeria, infatti, non godendo di rapporti particolarmente stretti con il Golfo e l’Arabia Saudita, vede in Teheran un partner economico di primo piano, una visione totalmente opposta a quella del Marocco, storicamente più vicino alle potenze occidentali e preoccupato dalla crescente influenza iraniana nella regione.
Ad agosto, durante una visita in Marocco, il primo ministro israeliano Yair Lapid si è espresso sulle relazioni tra Algeria e Iran, sostenendo che «l’Algeria è diventata terra di passaggio per terroristi supportati dall’Iran, che da anni prova a infiltrarsi nei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa […] le relazioni tra Algeria e Iran ci preoccupano e Algeri potrebbe diventare un fattore di instabilità nel Maghreb». Dal canto suo, l’Algeria non ha gradito né la scelta di Rabat di normalizzare i rapporti con Tel Aviv, né le parole del Primo ministro israeliano. Algeri, infatti, rimane tra i principali sponsor, almeno a livello propagandistico, della causa palestinese e continua a considerare Israele uno Stato quasi nemico.
Il sentimento di inimicizia di Algeri nei confronti di Rabat e Tel Aviv è stato alimentato anche dallo scandalo “Pegasus”. Nel luglio del 2021, un’indagine coordinata da 16 giornali internazionali (tra cui anche Le Monde, Ha’aretz e il The Guardian) ha portato alla luce l’utilizzo da parte di regimi autoritari dello spyware Pegasus, un malware concepito per aggirare i sistemi di sicurezza di smartphone e programmato dal gruppo NSO, con sede a Herzliya, in Israele. L’inchiesta ha rivelato che tra gli Stati usufruitori del malware militare c’era anche il Marocco, che oltre a tenere sotto controllo gli apparecchi elettronici di giornalisti locali critici nei confronti della corona ha anche spiato politici e funzionari del governo algerino. Nonostante le smentite giunte da Rabat, l’Algeria ha accusato il Marocco di ingerenze negli affari interni del Paese. La situazione, già difficile nel post scandalo Pegasus, è precipitata definitivamente qualche settimana dopo, quando il rappresentante permanente presso le Nazioni Unite del Marocco, Omar Hilale, ha sostenuto l’autodeterminazione della Cabilia, regione a maggioranza berbera sulla costa mediterranea, durante una riunione dell’organizzazione intergovernativa. La provocazione di Hilale è direttamente collegata alle divergenze riguardo la situazione del Sahara occidentale: nel suo intervento, Hilale ha chiesto ai rappresentanti algerini per quale motivo il loro governo sostenesse l’autodeterminazione del popolo sahrawi, questione già portata all’attenzione delle istituzioni sovranazionali competenti, mentre negava lo stesso diritto ai berberi della Cabilia.
Infine, nel mese di agosto, l’Algeria ha pubblicamente accusato il vicino marocchino di aver causato gli incendi nel nord del Paese. Decine di persone, infatti, sono morte quest’estate negli incendi che hanno colpito la fascia costiera dell’Algeria. I servizi d’intelligence algerini, però, confermano il sospetto che gli incendi siano stati dolosi, accusando il Marocco di aver tentato di destabilizzare il Paese con il sostegno di Israele e del Movimento per l’autodeterminazione della Cabilia (MAK), formazione politico-militare inserita da Algeri nella lista delle organizzazioni terroristiche. Le accuse, hanno ovviamente portato a un incremento delle misure di sicurezza, specialmente alla frontiera tra i due Paesi, con rallentamenti per l’importante flusso di merci e persone tra i due Stati.
Gli effetti della crisi per gli attori regionali e internazionali
La crisi diplomatica tra Algeria e Marocco, se prolungata, rischia di colpire non solo i due Paesi coinvolti ma una lunga serie di partner economici e politici. Infatti, nonostante l’opzione del conflitto armato sia stata scartata immediatamente da entrambe le parti, la chiusura dei confini e la rottura delle relazioni rende più difficile la collaborazione a livello regionale e internazionale. Su tutti, potrebbe soffrirne la Spagna, che importa dall’Algeria il 30% del suo fabbisogno energetico. Pochi giorni dopo la decisione ufficiale di interrompere i rapporti presa da Algeri, il ministro dell’Energia algerino ha reso noto che il gas sarebbe stato fornito alla Spagna senza però passare per il Marocco, accennando alla successiva comunicazione di mancato rinnovo degli accordi concernenti il MEG (Maghreb–Europe Gas Pipeline). Il gasdotto che collega l’Algeria alla Spagna e al Portogallo tramite il Marocco, rimarrà chiuso da ottobre in poi, data di scadenza dei precedenti accordi, e le esportazioni di gas verso i Paesi europei passeranno per il gasdotto Megdaz, che invece attraversa il Mediterraneo.
Se questa misura colpisce il Marocco, che al momento ottiene 600 milioni di metri cubi di gas dal diritto di transito dell’infrastruttura, è anche vero che colpisce l’Algeria allo stesso modo. La Spagna e in generale l’Europa rappresentano il maggior importatore di gas algerino, un Paese il cui PIL dipende ancora largamente dalla vendita di idrocarburi (più del 95%, secondo l’OCSE – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). La scelta di privarsi di uno dei gasdotti diretti verso il continente europeo potrebbe rivelarsi una mossa azzardata che espone l’Algeria e la sua delicata economia a diversi rischi.
Una crisi diplomatica prolungata tra i due Paesi risulterebbe dannosa anche per la Cina, che nell’ambito della Nuova via della seta ha investito nelle infrastrutture di Marocco e Algeria, contando anche sulla rete autostradale (potenziata da compagnie cinesi) che collega i due Stati maghrebini. Infine, c’è il rischio che le tensioni tra Rabat e Algeri costituiscano un rischio per la stabilità del Maghreb e del Sahel, visto il ruolo svolto da entrambi gli attori regionali nell’ambito della sicurezza – addestramento e supporto delle forze di sicurezza di Mali, Niger e Mauritania – della cooperazione e mediazione politica, come nel caso della delicata situazione della Tunisia o dello scricchiolante processo politico in atto in Libia, nonché della gestione dei flussi migratori, soprattutto diretti verso le Canarie.
Fonti e approfondimenti
Al Jazeera, “Algeria blames groups it links to Morocco, Israel for wildfires”, agosto 2021.
Al Jazeera, “Algeria cuts diplomatic ties with Morocco over hostile actions”, agosto 2021.
Al Monitor, “Algeria blames Morocco, Israel for deadly wildfires”, agosto 2021.
Le Monde, “Pegasus : l’Algérie, « profondément préoccupée », condamne l’utilisation du logiciel par le Maroc”, luglio 2021.
Middle East Eye, “Algeria and Morocco: a troubled history”, agosto 2021.
Editing a cura di Carolina Venco
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