È stata annunciata da Ursula von der Leyen la nuova Commissione europea. Lo ha fatto ieri, consegnando la lista con i nomi posti al vertice della sua nuova squadra. Che se confermata dal voto del Parlamento europeo avrà mandato fino al 2029. Il passo successivo saranno infatti le audizioni di conferma nell’euro camera, che inizieranno non appena tutti i documenti di nomina formali arriveranno a Bruxelles.
Dietro la commissione
La creazione della Commissione non è mai cosa semplice, anzi. È un puzzle di tessere che può essere complicato comporre, ma a Bruxelles di facile in fondo c’è ben poco. Francia e Germania sono tradizionalmente i Paesi più influenti, forti della loro potenza economica e politica. Per questo in genere ottengono quasi sempre posti di primo piano. Tuttavia le ultime elezioni europee sono state tutt’altro che un successo per le forze che governano i due Paesi. Cosa che ha creato qualche grattacapo ai vertici. Macron e Scholz non sono nel loro momento migliore, con il secondo che molto probabilmente il prossimo anno non sarà più il cancelliere.
Ma casi di scontro vengono a crearsi anche a causa dei pessimi rapporti che i leader hanno nei confronti di Bruxelles. Pensiamo all’Ungheria governata da Orban, cui è toccata la delega al benessere degli animali e alla salute. Una possibilissima rappresaglia di von der Leyen e compagnia verso l’euroscettico Primo ministro ungherese.
Le vittorie alla Commissione
Alla Spagna è invece toccato un ruolo di primo piano, con Teresa Ribeira investita dell’incarico di Commissaria alla concorrenza e alla transizione verde. Sostenuta dal premier Pedro Sánchez, con questo portafoglio potrebbe controllare un numero senza precedenti di settori politici chiave. La disparità è evidente. Ma in generale, chi ha vinto e chi ha perso?
Nel leggere l’elenco dei nominati, appare chiaro come i Paesi Baltici abbiano avuto ruoli di grande peso segnando colpi importanti, nonostante storicamente non siano paesi di primo piano. D’altronde sono Paesi “piccoli”, con un peso minore sullo scacchiere internazionale. Ma la guerra in Ucraina e le mire espansionistiche di Putin hanno evidentemente inciso su queste assegnazioni.
L’estone Kaja Kallas è diventata il nuovo capo della politica estera dell’UE, ed è nota per le sue posizioni esplicitamente avverse nei confronti della Russia. La finlandese Henna Virkkunen è stata invece nominata vicepresidente esecutivo per la sovranità, la sicurezza e la democrazia tecnologica. Tornando invece alla penisola iberica, una grande vittoria va a Lisbona, con la portoghese Maria Luís Albuquerque che è stata nominata all’importante portafoglio dei servizi finanziari.
L’Italia nella commissione
Raffaele Fitto, legato a Giorgia Meloni e all’ECR, si è assicurato un ruolo di vicepresidente esecutivo con un portafoglio incentrato sulla coesione e sulle riforme. Ma le cose per lui non sono propriamente in discesa. Fitto dovrà affrontare un’intensa sfida parlamentare, poiché l’opposizione alla sua nomina a un incarico di alto livello è tuttora molto forte e attraversa trasversalmente vari partiti politici di tutto lo spettro parlamentare a Bruxelles.
Nell’affrontare la sua nomina, von der Leyen rispondendo alla stampa ha dichiarato che “l’importanza dell’Italia si riflette nel portafoglio che è stato dato al Paese”, quasi rivendicando la scelta. Ma la politica italiana appare, come il parlamento Ue, frammentata sulla sua nomina. C’è chi parla da destra di un grande risultato e una vittoria per Meloni (da destra) e chi parla di un “pugno di mosche” (dal centrosinistra). Sta di fatto che per la prima volta un esponente della destra non popolare ha ottenuto una nomina di primo piano. Nonostante il mancato sostegno a von der Leyen nella sua ricerca di un secondo mandato e l’essersi tenuti fuori dalla maggioranza composta da Popolari, Socialisti e Liberali, col sostegno dei Verdi.
L’ECR presieduto da Meloni ha poi visto questa estate una serie di defezioni al suo interno, con la nascita del nuovo gruppo conservatore “Patrioti per l’Europa” su impulso di Orban. Al gruppo hanno aderito gli spagnoli di Vox, il Rassemblement National di Le Pen e la Lega per l’Italia, fra gli altri. In un quadro in cui si intravede l’intenzione di Meloni e del suo gruppo di volere un ruolo nella Commissione e raggiungere un risultato da poter rilanciare anche sul piano nazionale in un gioco di equilibri. Non si scontenta l’elettorato con l’appoggio a von der Leyen, si cerca di ottenere comunque influenza; il gioco è stato più o meno questo.
Il caso Fitto in commissione
Fitto non erediterà in ogni caso il ben più importante incarico di Paolo Gentiloni all’Economia, ma vigilerà sulla realizzazione dei Pnrr degli Stati membri, rapportandosi col commissario agli Affari economici Dombrovskis, della Lettonia. Ma da quanto si apprende dai corridoi di Bruxelles, sono tre i commissari che avranno come riferimento proprio Fitto: il greco Tzitzikostas, titolare di Trasporti e Turismo; il cipriota Kadis, che ha la delega alla Pesca e agli Oceani; e il lussemburghese Christophe Hansen, titolare dell’Agricoltura.
Sulla composizione, Iratxe García, leader dei Socialisti, ha dichiarato che è stata “una proposta di luci e ombre”. Ma irritazione è stata espressa proprio per la nomina di Fitto. “L’ECR non faceva parte della piattaforma dei gruppi politici che hanno sostenuto la presidente von der Leyen nella sua designazione a presidente”, il che “ci crea problemi”. García non ha detto che il suo gruppo voterà contro Fitto. Ma in questo puzzle appare evidente anche il lavoro di Tajani e di Forza Italia all’interno del PPE per far avere all’Italia questa nomina, rimandando al gioco di equilibri sopra citato fra piano europeo e nazionale.
Marco Falcone, vicepresidente della delegazione italiana del PPE al Parlamento europeo, di Forza Italia, ha dichiarato che il suo gruppo ha accolto con favore la designazione di Fitto. “La presidente Ursula von der Leyen è stata in grado di fare una scelta di alto profilo e ponderata nei confronti dell’Italia, Paese fondatore e nazione leader dell’UE”.
Partito popolare e la destra meloniana
Quindi il PPE sembra non considerare più l’ECR come un partito da tenere all’esterno del cordone sanitario contro l’estrema destra. Il co-presidente dell’ECR Nicola Procaccini spera che i suoi colleghi non cadano “in pregiudizi ideologici, ma giudichino i candidati sulla base delle loro competenze, abilità ed esperienza”. Nonostante il voto contro il secondo mandato di von der Leyen, il gruppo “rimarrà di mentalità aperta durante questa legislatura”, ha aggiunto.
Nessuno dei Verdi è stato invece nominato per la nuova Commissione, segnalando nelle nomine un ruolo perdente del gruppo. Ciononostante, il leader dei Verdi Terry Rentke ha dichiarato che “vogliono essere parte integrante del processo decisionale nei prossimi cinque anni”. A luglio, i voti dei Verdi erano stati cruciali per garantire il secondo mandato di von der Leyen. Rentke ha detto che i Verdi sono “molto, molto dubbiosi” su Fitto dell’ECR come vicepresidente esecutivo e ha suggerito che potrebbero spingere per “un potenziale rimescolamento” dei portafogli.
Altre voci da sinistra, Elly Schlein compresa, non hanno mostrato particolare entusiasmo per questa Commissione considerata “più conservatrice”.
Fonti e approfondimenti
Hernández-Morales, A., Dallison, P., Moens, B., Guillot, L., What just happened? A beginner’s guide to von der Leyen’s European Commission, Politico, 17/09/2024
Lund Nielsen, M., Ionta, N., Bourgery-Gonse, T., Von der Leyen unveils EU Commission top jobs, with some surprises, Euractiv, 17/09/2024
Lund Nielsen, M., Ionta, N., Wallace, N., Ursula von der Leyen’s Commission of ‘light and dark’ – EU politicians react, Euractiv, 17/09/2024
Moens, B., Hernández-Morales, A., Griera, M., Wax, E., Mathiesen, K., Wheaton, S., The winners and losers of the new European Commission, Politico, 17/09/2024


