Sono iniziate le XXIII Olimpiadi invernali di PyeongChang nella Repubblica di Corea. Da sempre lo sport è stato un elemento molto importante all’interno delle relazioni internazionali. Soprattutto durante gli anni della guerra fredda le Olimpiadi e gli eventi sportivi internazionali in generale hanno giocato delle partite sia sul campo che, in maniera molto più delicata, sul piano della diplomazia.
Infatti lo sport è un elemento di quello che è stato definito “soft power“, ovvero un mezzo che implica la volontà di raggiungere determinati obiettivi politici, diplomatici o economici attraverso l’applicazione di metodi che non richiedono l’uso della forza. Quindi lo sport, così come l’espansione della cultura di un Paese verso l’estero o la forza economica di investimenti di uno Stato al di fuori dei propri confini nazionali, deve essere inteso ben al di là della sua bellezza estetica o della forza adrenalinica.
Gli atleti sono cittadini di uno Stato che per la stragrande maggioranza non hanno nessuna implicazione politica nel loro lavoro e per questo difficilmente sono visti con ostilità dai loro colleghi di altre nazionalità. Sono moltissimi gli esempi che hanno visto lo sport protagonista per cercare di sviluppare in positivo le relazioni diplomatiche tra Paesi. Forse il caso più importante è quello tra gli Stati Uniti d’America di Richard Nixon e la Repubblica Popolare Cinese di Mao Zedong nel 1971. I due team di ping-pong erano a Nagoya, in Giappone, per il 31° Internazionale di Ping-Pong quando il team americano venne invitato dalla delegazione cinese (gli atleti erano tra i pochissimi cittadini cinesi che potevano lasciare il Paese durante quegli anni) a visitare il Paese comunista. Gli atleti americani precedettero il Presidente USA Richard Nixon di qualche mese nel visitare Pechino. Anni dopo questo fragilissimo passaggio che portò all’apertura delle relazioni tra gli USA e lo Stato comunista venne chiamato “Diplomazia del Ping-Pong”. Questo è solo uno dei numerosissimi incontri che lo sport e la diplomazia hanno avuto nella storia.
Ma le Olimpiadi in Corea del Sud sono state anche un grande elemento di sviluppo politico interno. Tra il 17 settembre e il 2 ottobre 1988 si tennero i XXIV Giochi Olimpici in un clima di transizione politica di enorme portata dal regime autoritario e spesso sanguinoso a un regime democratico. Se l’idea di ospitare le Olimpiadi fu di Park Chung-hee, autocrate coreano che iniziò il processo di sviluppo economico del Paese durante gli anni ’70 nonché padre di Park Geun-hye prima presidentessa della Repubblica di Corea per cui è stato chiesto l’impeachment nel 2016, il suo assassinio nel 1979 gli impedì di portare a termine questo progetto. Il suo successore Chun Doo-hwan, proveniente dai ranghi miliari, portò a termine la candidatura del Paese e riuscì a vincere battendo la città giapponese di Nagoya nel 1981.
L’allora presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Jan Antonio Samarach, pose una condizione molto forte sullo svolgimento delle Olimpiadi nella Repubblica di Corea, ovvero che se i disordini interni fossero continuati i Giochi del 1988 sarebbero stati spostati in un’altra sede. Il riferimento era ovviamente alle proteste studentesche del maggio 1980 a Gwangju che avevano portato alla repressione violenta da parte delle forze armate inviate dal governo centrale. La città a sud-est della penisola si trasformò in un bagno di sangue con la morte di 144 civili secondo le fonti governative, ma che in verità altre stime hanno aumentato, affermando che circa 2000 studenti scomparirono durante quei giorni violentissimi.
Le Olimpiadi del 1988 e le prime elezioni “libere” tenutesi il 16 dicembre 1987 che videro la vittoria di Roh Tae-woo, il generale sul campo durante il massacro di Gwangju, portarono il Paese verso una solida transizione democratica. In questo contesto ci fu uno dei primi tentativi di avvicinamento tra Corea del Sud e Corea del Nord attraverso le Olimpiadi. Infatti, sia il Comitato Olimpico Internazionale che il governo sudcoreano provarono a coinvolgere la Corea del Nord nella partecipazione congiunta delle due Coree alle Olimpiadi, ma questo venne rifiutato da Pyongyang (frutto anche della Nordpolitik attuata da Roh che cercava di isolare la controparte nordcoreana cercando di stabilire relazioni politico-diplomatiche con gli storici alleati di Kim Il-Sung URSS e Cina in primis).
Quello che è avvenuto poco più di un mese fa, ovvero l’apertura di Pyongyang alla partecipazione alle Olimpiadi insieme alla controparte sudcoreana non è una novità, ma un segnale molto importante. La Corea del Nord e la Corea del Sud hanno infatti marciato insieme nella giornata d’inaugurazione dei Giochi Olimpici in altre tre occasioni prima di quest’ultima. La prima volta risale al 2000 durante le Olimpiadi di Sydney; la seconda volta nel 2004 durante le Olimpiadi di Atene; la terza nel 2006 durante le Olimpiadi Invernali ospitate dall’Italia a Torino. Dopo dodici anni la bandiera della Penisola coreana è sventolata nuovamente a PyeongChang il 9 febbraio 2018.
Questo riavvicinamento non è casuale, né sono casuali gli anni in cui le due Coree hanno raggiunto un accordo per partecipare in maniera congiunta ai giochi Olimpici. Infatti, queste date ricalcano perfettamente le politiche intraprese dai presidenti sudcoreani di riavvicinamento alla Corea del Nord attraverso quello che viene chiamato “engagement“, ovvero l’utilizzo di politiche che aiutino il dialogo tra le due parti e che non implichino l’utilizzo del pugno di ferro come mezzo per ottenere i risultati voluti.
Kim Dae-jung, Presidente della Repubblica di Corea tra il 1998 e il 2003, fu il primo Presidente progressista nel Paese e la sua politica, chiamata “Sunshine Policy“, fu il primo tentativo di apertura attraverso l’engagement verso Pyongyang e Kim Jong-il. Nel 2000 la sua politica verso il nord lo portò al summit a Pyongyang e il primo, storico, incontro tra i due capi di Stato, Kim Dai-jung da una parte e Kim Jong-il dall’altra.
Il successore di Kim Dal-jung fu Roh Moo-hyun, stretto alleato del predecessore e anche lui progressista. Egli continuò sulla strada della Sunshine Policy e le relazioni tra i due Paesi si intensificarono fortemente. Un’altra visita del Presidente sudcoreano a Pyongyang avvenne nel 2007 e diede avvio al secondo summit inter-coreano. Le Olimpiadi di Atene nel 2004 e Torino nel 2006 quindi possono essere viste come una forte volontà tra i due Paesi di mantenere aperto un dialogo che potesse portare dei frutti molto al di là delle medaglie guadagnate dagli atleti.
Dopo la presidenza Roh, molto travagliata dal punto di vista interno che portò all’accusa di corruzione infondata e che lo spinse nel 2009 a suicidarsi, per dieci anni la Corea del Sud è stata governata da leader conservatori. Solo dopo un’altra accusa di impeachment nei confronti della precedente Presidenza, questa volta approvata dall’organo giudiziario, la Corea del Sud ha nuovamente scelto la via progressista nel 9 maggio 2017 eleggendo Moon Jae-in. Le sue idee politiche lo hanno portato a riesumare la politica di engagement nei confronti della Corea del Nord e a prendere le distanze dal Presidente USA Donald Trump.
Il team di hokey della Corea ha partecipato all’amichevole contro la Svezia pochi giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi e nonostante qualche malumore da parte di alcuni giocatori della Corea del Sud lasciati fuori per far spazio a quelli del Nord, la sensazione è stata quella di un team composto da atleti il quale obiettivo era vincere insieme contro l’avversario svedese. Ancora una volta quindi la grande potenza dello sport ha dato la possibilità di sviluppare nuove modalità di relazioni in un panorama molto complicato quale quello della penisola asiatica.
Dopo la cerimonia di apertura della Olimpiadi Moon Jae-in e la sorella di Kim Jong-un, attuale leader nordcoreano, hanno avuto un incontro attraverso il quale è stato recapitato il messaggio da parte di Pyongyang di voler invitare il Presidente Moon nella capitale del Nord. L’engagement promesso e attuato dal Presidente progressista sembra aver avuto molta più fortuna degli ultimi dieci anni di Presidenza sudcoreana focalizzata sul containment e sulla fortissima alleanza, spesso in una relazione di subordinazione, tra la Repubblica di Corea e gli Stati Uniti d’America.
Fonti e Approfondimenti:
https://www.38north.org/2018/02/aoneill020818/?mc_cid=d4dc147f79&mc_eid=4ad735f266