Non tutti lasciano l’Africa: migranti e rifugiati in Kenia

@LoSpiegone

Il Kenia è considerato un Paese di origine, destinazione e transito di flussi migratori.

Quando si parla di flussi in entrata ci si riferisce anche al fenomeno dei rifugiati, particolarmente sentito in Kenia, sia dalla popolazione che dal governo centrale, soprattutto in relazione ai due grandi campi presenti nel Paese: Kakuma e Dadaab.

Nel caso dei rifugiati, non si verificano problematiche riguardo la reperibilità dei dati, in quanto il governo keniota collabora nella gestione del fenomeno con l’UNHCR, che aggiorna costantemente i proprio archivi statistici. Per quanto riguarda invece gli stock migratori, i dati disaggregati disponibili risalgono a pubblicazioni del 2012 derivanti dal precedente censimento, datato 2009 (i censimenti avvengono ogni 10 anni, il prossimo sarà quindi quest’anno).

I flussi in arrivo

I flussi in arrivo sono composti da migranti irregolari, migranti che si è soliti definire economici e richiedenti asilo, tutti prevalentemente provenienti da Stati limitrofi.

Secondo dati del 2015, gli immigrati in Kenia costituiscono circa il 2% della popolazione, un terzo dei quali sono rifugiati o richiedenti asilo. I restanti due terzi arrivano in Kenia alla ricerca di occupazione o per ampliare le proprie opportunità nel campo dell’istruzione – il Kenia ospita infatti alcune tra le università più prestigiose della regione.

La maggior parte degli stranieri residenti in Kenia, l’84%, provengono da altri Paesi dell’Africa, in particolare, il 60% di questi viene da Stati dall’Africa orientale. Principalmente, gli stranieri in Kenia sono di origine tanzaniana, ugandese e sudanese, ma si trovano in più basse quantità anche ruandesi e burundesi.

Essendo un Paese di transito, sono state rilevate in Kenia due strade di traffico di esseri umani: una a nord-est, che dal confine con la Somalia scende passando per Garissa e una a ovest, che attraversa il confine tra Kenia e Uganda, al valico di frontiera Busia-Malaba.

Quando si parla di traffico di esseri umani (in inglese trafficking), si intende un fenomeno in cui il trafficante si interessa sia al viaggio del migrante, sia al suo sfruttamento nel Paese di destinazione. Il traffico si differenzia dalla tratta di esseri umani (in inglese smuggling) – di cui si sente molto parlare per i fenomeni che riguardano il Mediterraneo – in quanto in quest’ultimo si ha interesse soltanto per il trasposto dei migranti da un luogo all’altro, indipendentemente dalle condizioni del viaggio. Nel caso dello smuggling non vi è nessun interesse riguardo l’arrivo, che si intende come eventuale.

I rifugiati

Fino al 2006 il Kenia non disponeva di una specifica legislazione sui rifugiati, anzi, il governo aveva delegato all’UNHCR la quasi totalità delle mansioni riguardanti la gestione del fenomeno. Con il Refugee Act del 2006 e la Refugee Regulation del 2009, il governo keniota, tramite la creazione del Dipartimento per gli Affari dei Rifugiati (DRA), si è assunto la responsabilità di concedere lo status di rifugiato ai richiedenti ritenuti idonei.

Secondo il Refugee Act, sono rifugiati coloro che rientrano nella definizione presente nella convenzione di Ginevra del 1951 e coloro che provengono da Paesi che hanno subito un’aggressione esterna, un’occupazione, che sono sotto dominazione straniera o che hanno visto accadere eventi che hanno “seriamente disturbato l’ordine pubblico”.

In aggiunta, il ministero competente può definire gruppi di rifugiati prima facie: in questo caso, il semplice fatto di appartenere a un determinato gruppo permette al richiedente di ottenere lo status di rifugiato. Delineare gruppi di rifugiati prima facie è una pratica utilizzata dai Paesi che ricevono grandi flussi, in quanto accorcia considerevolmente le procedure classiche che prevedono l’analisi particolare di ogni caso singolo.

Per coloro che non appartengono a gruppi di rifugiati prima facie, il Kenia ha disposto un percorso che prevede come primo step la presentazione del proprio caso al Commissario del DRA – è irrilevante se l’entrata nel Paese sia avvenuta in modo legale o illegale. La richiesta deve essere esaminata dal Commissario entro 90 giorni, e in caso di necessità di verifica sono disponibili ulteriori 90 giorni per le attività di inchiesta. Entro 14 giorni dal momento della decisione del Commissario, questa deve essere notificata al richiedente, in caso di negazione con allegate le sue motivazioni.

Il richiedente a cui la richiesta è stata negata può ricorrere in appello, e se anche in appello l’esito rimane negativo, egli ha 90 giorni per lasciare il Paese – tempo concessogli per permettergli di valutare le eventuali possibilità di presentazione della richiesta di status di rifugiato in altri Paesi.

Se invece la richiesta viene accettata, al rifugiato viene fornito un documento di identità e si provvede al processo di riunificazione familiare – anche in caso di morte, divorzio o separazione, i membri della famiglia mantengono lo status.

Encampment policy e piani di rimpatrio

Se l’Etiopia si muove da anni sulla linea di una “out of camp” policy, il Kenia al contrario ha una più che ferrea politica di encampment: i rifugiati vengono mandati nei campi, Kakuma e Dadaab, e non possono uscire se non con il permesso del Refugee Camp Officer.

 

Purché già attuata in precedenza, la politica di encampment è diventata baluardo del governo a partire dal 2012 – con l’intensificassi della paura del terrorismo – fino al suo inserimento nel Refugee Act con la modifica del 2014.  A risentirne di più è stata la popolazione somala rifugiata nel Paese: il governo keniota, convinto che i militanti di al-Shabaab venissero radicalizzati e arruolati all’interno del campo di Dadaab, dove la popolazione somala supera il 90% dei risiedenti, organizzò un piano per il rimpatrio.

Le direttive date dal governo sembrano descrivere un vera a propria “caccia ai somali”. Questi erano obbligati a rientrare nei campi nel caso in cui si trovassero all’esterno e i kenioti erano esortati a denunciare coloro che non l’avessero fatto.

La modifica apportata al Refugee Act nel 2014 prevedeva anche un numero massimo di rifugiati che il Paese poteva ospitare, 150 000, numero molto inferiore a quelli che erano già in Kenia. Questo permise al governo di preparare un nuovo piano di rimpatri. I dati del 31 novembre 2018 forniti da UNHCR mostrano che il Kenia ospita 468 731, di cui più di 200 000 a Dadaab, circa 186 000 a Kakuma e 74 000 a Nairobi.

Entrambi i piani, così come la politica di encampment, sono stati più volte dichiarati illegali dall’Alta Corte di Nairobi perché limitano la libertà di movimento del rifugiato e il principio di non-refoulment.

A partire dal 2015, il governo ha anche minacciato più volte di chiudere definitivamente il campo di Dadaab, che al momento ospita 208’550 persone, anche queste volta ottenendo il parere contrario dell’Alta Corte.

Il numero di persone ospitate dal campo è drasticamente diminuito a partire dal 2013 quando, grazie a un accordo tra governo keniota, governo somalo e UNHCR sì è dato inizio a un programma di ritorni volontari assistiti. Secondo UNHCR più di 85’000 persone hanno usufruito del programma.

I flussi in partenza

Anche i flussi in partenza sono determinati da ragioni economiche e si dirigono principalmente verso Gran Bretagna, Tanzania e Stati Uniti, anche se è in crescita la migrazione verso l’Arabia Saudita.

La legislazione keniota definisce il termine diaspora in modo molto ampio, intendendolo come sinonimo di “kenioti all’estero”. Risulta molto difficile stabilire il numero di kenioti residenti all’estero, ma si stima siano intorno ai 3 milioni, la maggior parte dei quali è rimasta nel continente africano. 

Fonti e Approfondimenti:

UNHCR Kenya, https://www.unhcr.org/ke/

UNHCR Kenya, Figures at a glance, https://www.unhcr.org/ke/figures-at-a-glance

UNHCR Statistical Summary, 31 October 2018, https://www.unhcr.org/ke/wp-content/uploads/sites/2/2018/11/Kenya-Statistics-Package-October-2018.pdf

IOM, Migration in Kenya. A Country Profile Publication, 2015, http://publications.iom.int/system/files/pdf/migration_profile_kenya.pdf

Refugee Act, Kenya, 2006, http://kenyalaw.org/kl/fileadmin/pdfdownloads/Acts/RefugeeAct_No13of2006.pdf

 

 

 

 

 

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