Attualmente all’interno del Parlamento europeo troviamo due gruppi che basano i loro programmi su idee esplicitamente euroscettiche. In forme e intensità diverse, il gruppo Identità e Democrazia (Identity and Democracy – ID) e il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (European Conservatives and Reformists – ECR) rappresentano l’ala destra dell’Assemblea di Strasburgo, portando avanti una dura battaglia nei confronti delle istituzioni europee.
Una delle caratteristiche di queste forze politiche è la forte eterogeneità. Pur essendo tutte molto critiche nei confronti dell’UE esse spesso hanno origini diverse e programmi difficilmente conciliabili. Questo fenomeno ha portato quasi sempre a una loro frammentazione all’interno del PE e a forti tensioni all’interno dei loro gruppi.
Nascita dell’euroscetticismo nel Parlamento europeo
Sebbene si pensi all’euroscetticismo come a un movimento affermatosi in Europa a seguire della crisi finanziaria iniziata nel 2008, i gruppi fortemente critici nei confronti dell’operato delle istituzioni europee non costituiscono una novità all’interno del PE, avendo essi una tradizione almeno ventennale.
Uno dei primi gruppi a criticare apertamente il funzionamento dell’UE fu l’Unione per l’Europa delle Nazioni. Nata nel 1999, raccoglieva parlamentari provenienti dalla famiglia nazional-conservatrice di destra. L’UEN era erede dell’Unione per l’Europa, gruppo europeo nato nel 1995 e unione di partiti che appartenevano alla famiglia conservatrice e democratico-cristiana. Un altro gruppo nato con l’idea di criticare aspramente le politiche comunitarie e i gruppi politici europeisti è stato Indipendenza e Democrazia. Nato nel 2004, ne facevano parte forze nazionaliste e regionaliste, tra cui l’UKIP britannico e la Lega Nord.
Difficoltà organizzative
Una delle caratteristiche principali di queste forze all’interno dell’Assemblea di Strasburgo è la loro difficoltà nell’organizzarsi in un unico gruppo. Questo perché i partiti che condividono il sentimento di scetticismo nei confronti dell’UE, delle sue istituzioni e del suo funzionamento spesso appartengono a famiglie politiche diverse e difficilmente riescono a trovare un accordo che possa soddisfare le pretese di tutti.
Nel 2009 i due gruppi riuscirono a unirsi in una sola forza, dando vita all’Europa della Libertà e della Democrazia (Europe of Freeedom and Democracy – EFD) raccogliendo così in un’unica fazione tutti i partiti della destra euroscettica e populista del PE. Questa pace tra le diverse facce delle forze critiche nei confronti dell’UE durò solo una legislatura. Dopo il voto del 2014, infatti, vennero a riformarsi due gruppi ben distinti: l’EFD e il gruppo Europa delle Nazioni e delle Libertà (Europe of Nations and Freedom – ENF), nato nel 2015 dopo quasi un anno di negoziati, cui si unirono la Lega e il Front National di Marine Le Pen.
Esempio della forte eterogeneità di questi gruppi è la presenza al loro interno di partiti politici nazionali che non sempre rispecchiano l’idea del partito nazionalista e sovranista di destra. L’esempio più importante in questo caso è il Movimento 5 Stelle che nel 2014 ha avuto molte difficoltà a cercare una collocazione all’interno di uno dei gruppi del PE. Alla fine di numerosi negoziati il M5S è entrato a far parte di EFDD, ma la convivenza all’interno del gruppo è stata travagliata, soprattutto a causa dei numerosi scontri con l’UKIP di Nigel Farage. Il rapporto è stato così conflittuale da portare il M5S molto vicino alla rottura (nel 2017, quando il passaggio all’ALDE venne bloccato solo dal “no” dei vertici del gruppo liberale) e poi allo scioglimento del gruppo con l’avvio della nuova legislatura.
Origine del tutto diversa quella del gruppo dei Conservatori e Riformisti, nato nel 2009 come costola del PPE dalla volontà del Partito Conservatore britannico di prendere le distanze dai popolari, prendendo una strada più critica nei confronti dell’UE. I piani iniziali di David Cameron, al tempo leader dei Conservatori britannici, prevedevano la nascita di un gruppo “euro-realista” più che euroscettico, con posizioni non più in linea con il programma del PPE ma neanche con posizioni così estreme da avvicinarlo ai gruppi della destra nazionalista.
Le elezioni del 2019
Data la crescita esponenziale dei partiti euroscettici di destra in diversi Stati membri, primo tra tutti la Lega di Matteo Salvini, molti analisti vedevano le elezioni europee del 2019 come un punto di svolta. Si è effettivamente pensato che le forze molto critiche nei confronti dell’establishment europeo sarebbero potute crescere tanto da minare gli storici equilibri del Parlamento europeo, arrivando addirittura a prospettare uno scenario in cui il PPE, per trovare una maggioranza, avrebbe dovuto cercare l’appoggio della destra euroscettica.
Alla fine tutte queste previsioni non si sono avverate. Anzi, sono stati pochi i partiti euroscettici che hanno ottenuto un risultato positivo. Tra questi annoveriamo la Lega che, con il 34,3%, si è imposta come primo partito in Italia, ottenendo 28 seggi a Strasburgo. Questo risultato assume un significato ancora più forte se si confronta con i risultati ottenuti nella precedente tornata elettorale: nel 2014, infatti, l’allora Lega Nord registrò solo il 6,1% e 5 seggi. Sempre in Italia, il Movimento 5 Stelle, altro partito da sempre fortemente critico nei confronti delle istituzioni europee, con il 17,1% e 14 seggi si è dimostrato in flessione rispetto al 21% del 2014. Infine, Fratelli d’Italia ha ottenuto l’8,8%, con 5 seggi.
Gli altri partiti che hanno ottenuto un risultato positivo sono il Rassemblement National di Marine Le Pen, primo partito in Francia con il 23,3% (22 seggi), Alternative für Deutschland che in Germania ha conquistato 11 seggi, Diritto e Giustizia che in Polonia ne ha conquistati 26 (45,4%) e il Brexit Party di Nigel Farage che nel Regno Unito ha vinto con il 30,8%, ottenendo 30 seggi a Strasburgo.
Il nuovo gruppo sovranista firmato Salvini-Le Pen
All’interno del Parlamento europeo insediatosi nel luglio del 2019 troviamo due gruppi con programmi esplicitamente euroscettici: Identità e Democrazia e i Conservatori e Riformisti europei. Rispetto al PE uscente, in cui i gruppi euroscettici erano tre, la situazione è leggermente cambiata. Grande assente è, infatti, il gruppo EFD che dopo molti anni di aspre dispute interne – soprattutto tra le due fazioni più numerose, UKIP e M5S – non è stato ricostituito.
Identità e Democrazia è un nuovo gruppo nato dopo le elezioni dalle ceneri del gruppo ENF. L’intenzione di Salvini e Le Pen, fondatori di ID, era quella di creare una famiglia politica in cui raggruppare tutti i partiti sovranisti europei. Questo progetto prevedeva quindi la partecipazione del Fidesz di Orbán, i polacchi di Diritto e Giustizia, il partito di ultradestra spagnolo Vox e il partito brexiter di Farage. Di questi, nessuno ha deciso di abbandonare i propri vecchi gruppi per appoggiare il nuovo progetto sovranista. Unici volti nuovi nel gruppo ID sono i tedesci di AfD che nella legislatura precedente appartenevano al gruppo EFDD. Dopo aver ottenuto il 9,7% alle elezioni del 2019, il gruppo ID è il quinto partito nel PE con 73 seggi.
Il resto degli euroscettici: tra ECR e non iscritti
Per quanto riguarda ECR, invece, la sua conformazione è rimasta pressoché invariata dalla legislatura precedente. Rispetto alla legislatura 2014-2019, in cui il gruppo occupava 70 seggi, i Riformisti e Conservatori hanno registrato un lieve calo ottenendo 62 seggi, ai quali devono essere sottratti i 4 destinati ai Conservatori britannici usciti dal PE dopo la Brexit. Traino del gruppo resta Diritto e Giustizia, partito polacco di Jarosław Kaczyński, che ha rifiutato l’invito di Salvini e Le Pen a unirsi al “gruppone” sovranista per mantenere il proprio ruolo di leader indiscusso all’interno di ECR. Altro motivo che ostacola la formazione di questa alleanza è la propensione a posizioni filorusse dei due fondatori di Identità e Democrazia, considerate inaccettabili da Varsavia.
Infine è necessario citare quei partiti che non essendo riusciti a formare un loro gruppo o non essendo riusciti ad aderire a nessuno dei gruppi già esistenti attualmente siedono tra i banchi dei non iscritti. Uno di questi è il Movimento 5 Stelle, il quale, dopo aver dovuto rinunciare al progetto della creazione di un nuovo gruppo politico euroscettico e populista e dopo aver cercato invano di entrare nel gruppo dei Verdi europei, attualmente non risulta iscritto ad alcun gruppo.
L’importante rafforzamento dei partiti nazionalisti e populisti di destra in Europa non si è tramutato quindi in un’ascesa delle stesse forze anche a livello europeo. Questo non solo perché i voti ottenuti non sono stati sufficienti a sovvertire i tradizionali equilibri del PE, ma anche per l’incapacità da parte di questi partiti nel sapersi organizzare in una voce unica, avendo così la possibilità di ottenere un peso diverso all’interno dell’Assemblea.
Fonti e approfondimenti
Maggini N., “La destra populista ed euroscettica: l’evoluzione della sua affermazione elettorale”, in De Sio L., Emanuele V., Maggini N. (a cura di), Le elezioni europee 2014, Roma, Centro Italiano Studi Elettorali, 2014.
Steven M., “‘Euro-realism’ in the 2014 European Parliament Elections: the European Conservatives and Reformists (ECR) and the democratic deficit”, in Representation, vol. 52, n. 1, 2016.
Parlamento europeo, Risultati delle elezioni europee del 2019.
Mauro A., “Identity & Democracy”, nasce il gruppo sovranista dell’Europarlamento“, in Huffington Post, 12/06/2019.