Ricorda 1870: la nascita di Lenin

Il 2020 segna il 150° anniversario della nascita di Vladimir Il’ic Lenin. In questo articolo ripercorriamo la sua vita e lo sviluppo del suo impegno politico fino alla Rivoluzione d’ottobre, fornendo una panoramica generale del suo pensiero politico.

Le origini

Vladimir Lenin, pseudonimo di Vladimir Il’ic Ul’yanov, nacque il 22 aprile 1870 a Ul’yanovsk (al tempo Simbirsk, poi ribattezzata così in suo onore), una città sul fiume Volga a 800 chilometri a sud-est di Mosca. Degli antenati di Lenin si hanno poche tracce, ma la sua famiglia era verosimilmente di etnia mista (probabilmente tartari e calmucchi) e origini umili. Il padre Il’ya, tuttavia, riuscì a emanciparsi e a studiare fisica e matematica, finendo per dirigere un istituto scolastico. Era un liberale conservatore che non entrò mai nei circoli dell’intelligenciya progressista e rivoluzionaria. Lenin, diligente e metodico, studiò legge all’Università di Kazan’, senza sviluppare un particolare interesse per la politica, concentrandosi sulla cultura classica e la letteratura.

Una svolta fondamentale nella vita di Lenin fu l’arresto e l’impiccagione del fratello Aleksandr nel 1887. Studente universitario a San Pietroburgo (al tempo Petrograd), Aleksandr era ben inserito nei circoli rivoluzionari della città, soprattutto all’interno di un piccolo gruppo di cospiratori, definito “la sezione terroristica di Narodnaya Volya (organizzazione rivoluzionaria il cui nome significa “volontà popolare”), il cui scopo principale era attentare alla vita dello zar Alessandro II. Il gruppo di Aleksandr fu però arrestato dalla polizia prima di riuscire nel proprio intento, a causa della debolezza della propria formazione. Lo zar fu comunque assassinato di lì a breve, il 13 marzo 1887, da un altro gruppo di cospiratori di Narodnaja Volya. Al processo, Aleksandr si autoproclamò capo della sua fazione, finendo giustiziato nel maggio dello stesso anno.

Sarebbe estremamente riduttivo ricondurre esclusivamente alla sorte del fratello l’inizio dell’impegno rivoluzionario di Lenin. La figura di Lenin non è stata un fulmine a ciel sereno nella storia della Russia e del mondo, o una sorta di messianico sconvolgimento inaspettato dello status quo. Al contrario, Lenin e la rivoluzione socialista sono un prodotto della storia russa, saldamente intrecciati allo sviluppo storico-sociale del Paese. Nella Russia zarista e semifeudale, sempre più collegata con l’Occidente in fermento, non mancavano le ragioni che spingevano i giovani intellettuali a lottare contro l’ordine costituito: basti pensare alla presenza di circoli rivoluzionari e gruppi terroristici a San Pietroburgo sin dalla seconda metà dell’Ottocento, ai forti legami e scambi tra i gruppi socialisti russi ed europei, allo stesso attentato allo zar e a innumerevoli istanze sovversive precedenti.

Tuttavia, bisogna riconoscere nella tragica fine del fratello Aleksandr una svolta decisiva nella vita di Lenin: in seguito a questo evento, si avvicinò gradualmente ma rapidamente a posizioni marxiste, si trasferì a San Pietroburgo nel 1893 e prese contatti con i gruppi socialisti in Francia e in Svizzera. Fondamentali furono lo studio del filosofo materialista Chernyshevskiy e il contatto con Plekhanov, influente pensatore marxista esiliato in Germania. Nel 1897, Lenin fu arrestato insieme a un gruppo di attivisti e attiviste e condannato a un esilio di tre anni in Siberia, durante il quale si concentrò sulla produzione di scritti politici. Dal 1900 al 1905 visse a Monaco, Londra e Ginevra, in stretto contatto con i socialisti locali e gli esiliati russi.

Nel frattempo, si era consolidato in Russia il Partito Operaio Socialdemocratico (POSR), che ben presto vide lo sviluppo di uno scisma interno fra i bolscevichi – più radicali in merito alla rivoluzione e a una leadership del partito forte e totalitaria –  e i menscevichi –  favorevoli a un’alleanza fra la borghesia liberale e il proletariato e a un minor controllo del partito sulle azioni dei propri membri. Lenin era un ostinato sostenitore dei primi, sebbene le due fazioni non fossero affatto compatte e vi fossero divergenze di pensiero all’interno delle diverse correnti.

Lenin tornò in patria all’incendiarsi della Rivoluzione russa del 1905, repressa nel sangue dallo zar Nicola II. Anche se lo scopo di destituire l’impero zarista e sostituirlo con una monarchia costituzionale non fu raggiunto, i rivoluzionari ottennero una serie di riforme in senso liberale, tra cui la formazione della Duma di Stato e una nuova Costituzione. Il 1905, tuttavia, segnò un ulteriore distacco tra bolscevichi e menscevichi, stimolando in Lenin riflessioni sulle direzioni future. Lenin tornò in Europa, dove restò fino all’aprile del 1917, quando rientrò in Russia con le sue Tesi d’aprile – una denuncia delle istanze liberal-socialiste e dell’operato del governo provvisorio – e si pose alla guida della Rivoluzione d’ottobre.

Il pensiero marxista-leninista

Nelle Tesi d’aprile, Lenin cercò di condensare le proprie posizioni sulla realizzazione della rivoluzione in dieci direttive. I principi fondamentali riguardavano il rifiuto categorico della guerra e dell’imperialismo, i quali frammentano e dividono il proletariato globale. Quest’ultimo doveva invece essere coeso oltre i confini nazionali e concentrarsi non sulla guerra imperialista, ma sulla guerra civile contro le classi oppressive. Lenin, inoltre, condannava la maggioranza socialista del POSR alleata con la borghesia (e dunque ipocrita), e rifiutava l’istituzione di una repubblica parlamentare in seguito alla destituzione dello zar, incoraggiando invece l’istituzione di una repubblica dei soviet (“consigli”) di proletari e contadini. Questa repubblica avrebbe dovuto avere pieno controllo di un’unica banca nazionale che sostituisse la miriade di banche esistenti, e delle terre espropriate, nazionalizzate e restituite al popolo. Nelle Tesi erano menzionate anche l’abolizione dell’esercito e delle forze dell’ordine, e la ripianificazione dell’apparato burocratico.

Le posizioni promosse da Lenin erano di matrice marxista. Tuttavia, Lenin sviluppò ulteriori punti che si discostano leggermente dalle posizioni marxiste tradizionali, alla base di quello che verrà poi definito marxismo-leninismo.

Già nel 1902, in Che fare? – una delle sue più importanti opere politiche – Lenin rifiutava l’idea che il proletariato fosse necessariamente e spontaneamente orientato alla rivoluzione, concetto chiave del marxismo tradizionale. Il capitalismo, secondo Lenin, poteva predisporre i lavoratori ad accettare le istanze socialiste, ma non li rendeva necessariamente consapevoli della propria condizione sociale e di classe. Perciò, Lenin sosteneva l’assoluta necessità di un partito forte che potesse indirizzare il proletariato verso la rivoluzione e il ribaltamento dello status quo capitalista. Il partito doveva essere l’avanguardia del proletariato: un organo centralizzato che fungesse da mentore, guida pratica e, soprattutto, ideologica. Alla base di queste istanze autoritarie vi era una totale sfiducia nell’idea di rivoluzione spontanea e nell’inevitabilità della rivoluzione. La storia, se “lasciata a sé stessa”, non avrebbe portato necessariamente e inevitabilmente alla creazione di una società socialista: bisognava crearla con le proprie forze.

Contrariamente ai menscevichi, Lenin sosteneva la necessità di un’“egemonia” proletaria nella fase postrivoluzionaria. Rifiutava la rivoluzione borghese, in quanto la borghesia è una classe “intrinsecamente conservatrice e reazionaria”, e l’alleanza fra borghesi e proletari ai fini di portare avanti una rivoluzione democratica. Al contrario, Lenin supportava una “dittatura del proletariato”, che doveva essere il principale promotore della rivoluzione e il gruppo sociale a capo dello status quo postrivoluzionario.

Il centro nevralgico a capo di questo nuovo ordine sarebbe stato il Partito Comunista, così chiamato per distinguerlo dalle altre fazioni socialiste da cui Lenin si discostava. Lenin intendeva il partito nell’ottica del “centralismo democratico”: un’élite di intellettuali radicali che avrebbe guidato le masse verso la dittatura del proletariato. Il partito avrebbe dovuto adottare un approccio scientifico alla lettura della storia e della società in chiave marxista, impegnarsi a sostituire la società capitalista con quella socialista e continuare a farlo anche dopo aver ottenuto i pieni poteri – poteri da ottenere con ogni mezzo possibile, inclusa la violenza.

La guerra all’imperialismo è un altro punto chiave dell’ideologia leninista. Non solamente a causa dell’intrinseca azione divisiva dell’ideologia imperialista nei confronti della classe proletaria globale. Nel suo libro L’imperialismo, la fase suprema del capitalismo del 1916, Lenin sosteneva che le pratiche imperialiste impediscono la rivoluzione proletaria in senso assoluto. Nei Paesi capitalisti e imperialisti più avanzati, come il Regno Unito, lo sfruttamento si era spostato dalla madrepatria alle colonie. Le élite capitaliste ottenevano profitti enormi da materie prime a basso prezzo, con i quali riuscivano ad attuare riforme che miglioravano leggermente le condizioni del proletariato in patria e, dunque, a “corromperlo” e a sedare le sue istanze rivoluzionarie. Ecco perché, secondo Lenin, era necessario rifiutare la guerra in senso nazionale, sovranista e imperialista, concentrandosi invece sulla lotta di classe internazionale.

Dal momento in cui Lenin salì al potere, nell’ottobre 1917, i punti principali della sua politica estera rimasero fondamentalmente due: impedire la formazione di un fronte imperialista unito contro la Russia sovietica e incoraggiare le rivoluzioni proletarie all’estero.

Il Comintern: ritorna il comunismo internazionalista

È con questo spirito che Lenin, profondamente deluso dal fallimento della Prima e della Seconda Internazionale, si propose di rifondare la Terza Internazionale comunista o Comintern (dal russo kommunisticheskiy Internacional, abbreviato Komintern), il cui primo congresso si tenne a Mosca nel 1919. L’obiettivo dell’internazionalismo socialista era di contrapporsi al cosmopolitismo e all’individualismo borghese, offrendo un’alternativa che incoraggiasse il movimento operaio a formare un fronte compatto e solidale a livello transnazionale.

Pur appoggiando la lotta per l’indipendenza nazionale combattuta da ogni nazionalità oppressa – soprattutto dalle colonie sfruttate dai Paesi imperialisti – Lenin sosteneva la necessità di trascendere lo Stato nazionale. Rimanere entro il suo limite concettuale significava ancorarsi a un passato arcaico e sistematicamente oppressivo. Lenin intendeva anche liberare il movimento operaio europeo dai falsi entusiasmi del “pantano socialpatriottico” per creare una nuova coscienza internazionalista.

In quest’ottica, la Rivoluzione russa era solo il preludio del destino comune rivoluzionario europeo: la Russia sovietica sarebbe stata il quartier generale politico da cui pianificare, dirigere e coordinare le lotte operaie e proletarie di tutto il mondo, una sorta di leader del Comintern.

Il distacco da Stalin, la morte e l’eredità leninista

Nel 1921, il governo dei soviet aveva già instaurato un efficiente apparato repressivo contro ogni espressione di dissenso, considerate da Lenin una minaccia alla dittatura del proletariato. Molti studiosi concordano che, in questo modo, Lenin fu l’apripista per la rigida e violenta dittatura staliniana. Stalin infatti aveva cominciato la sua ascesa politica, fino a essere nominato segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS) nel 1922. Allora, Lenin si era già accorto che la situazione era ben diversa dall’immagine di socialismo che si era prefigurato nel 1917: la corruzione dilagante dei quadri di partito andava di pari passo con l’inefficienza del sistema burocratico e l’apparato repressivo era ormai volto esclusivamente a concentrare il potere nelle mani di Stalin.

Nei suoi ultimi anni di vita, Lenin tentò invano di invertire le tendenze ormai palesemente antitetiche alla sua idea di socialismo. Le sue condizioni di salute già precarie, tuttavia, peggiorarono drammaticamente nel 1922, squalificandolo dal dibattito politico e causandone la morte prematura il 21 gennaio del 1924.

La Terza Internazionale fu sciolta da Stalin nel 1943, durante le trattative con Churchill e Roosevelt. La causa sostanziale del suo fallimento fu l’opprimente preponderanza del PCUS che, con l’irrigidirsi del regime stalinista, soffocò lo sviluppo del movimento comunista e operaio sovietico e internazionale. La tesi stalinista del “socialismo in un solo Paese”, volta a giustificare il proprio regime totalitario, neutralizzò definitivamente le basi del Comintern.

Ciononostante, il marxismo-leninismo giocò un ruolo fondamentale nella storia del Novecento e fu la base ideologica di molti regimi successivi di matrice comunista, come l’attuale Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica di Cuba, ma anche di molte successive ideologie di ispirazione internazionalista volte a superare i confini nazionali per riunire le società in lotte globali.

Nella Russia post-sovietica, rimane la salma di Lenin nel grande mausoleo in stile classicista-socialista nella Piazza Rossa di Mosca. La figura di Lenin non è stata completamente coinvolta nel processo di destalinizzazione iniziato da Nikita Khrushchev e portato avanti fino ad oggi. Al contrario, mentre la figura di Stalin e la sua sanguinosa dittatura sono state oggetto di riflessione storica, Lenin è visto come elemento essenziale del glorioso passato russo e dell’emancipazione dei suoi popoli. In particolare, dal 2000 Vladimir Putin ha incoraggiato il culto della figura di Lenin come elemento collante del popolo russo.

 

Fonti e approfondimenti

Isaac Deutscher. Lenin, frammento di una vita. Laterza 1970

W. John Morgan. Marxism–Leninism: The Ideology of Twentieth-CenturyCommunism. In: James D. Wright (editor-in-chief), International Encyclopedia of theSocial & Behavioral Sciences, 2nd edition, Vol 14. Oxford: Elsevier, 2015

James D. White. Lenin: The Practice and Theory of Revolution. European History in Perspective. Basingstoke, England: Palgrave, 2001

Richard Fleming, Lenin’s Conception of Socialism: Learning from the early experiences of the world’s first socialist revolution, Forward, Vol. 9, No. 1, Spring/Summer 1989.

Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_

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