Il 21 marzo 1960 la polizia sudaficana aprì il fuoco su una folla di manifestanti nel sobborgo di Sharpeville, una township a circa 50 kilomentri a sud di Johannesburg. Alla fine della giornata si contarono 69 morti e almeno 186 feriti, in quello che è l’episodio più sanguinoso del periodo dell’apartheid in Sudafrica.
Questa strage è un momento storicizzante per il Paese, uno di quelli che crea un prima e un dopo nettamente diversi. Raccontare questa storia non solo aiuta a capire cos’era il Sudafrica segregazionista nel 1960, ma anche quali sentimenti profondi hanno animato la lotta contro il regime di minoranza bianca da quel 21 marzo in poi.
Il contesto
Il regime di apartheid (separazione) fu introdotto in Sudafrica nel 1948 dal Partito Nazionale sulla base di un assunto semplice: i diversi gruppi etnici del Paese avrebbero potuto perseguire al meglio le rispettive parabole di sviluppo vivendo separatamente. La verità è che questa separazione su base razziale era una vera e propria opera di ingegneria sociale per fare in modo che la minoranza bianca della popolazione mantenesse il potere, mentre la maggioranza nera sarebbe servita da serbatoio di manodopera per l’industrializzazione del Paese.
Quando la segregazione dell’apartheid iniziò a essere implementata nella società sudafricana, uno dei primi campi in cui fu evidente fu quello dell’urbanistica. A partire dal 1950, con l’emanazione del Group Areas Act (GAA), i diversi gruppi della popolazione furono obbligati a risiedere in aree appositamente designate, con conseguente distruzione delle comunità miste e trasferimento forzoso della popolazione nera.
Visto l’enorme squilibrio economico e politico tra i vari gruppi, le aree riservate alla popolazione nera erano ai margini delle città, le cosiddette township, e si svilupparono come entità a parte, anche per via del generale disinteresse delle autorità. Questi sobborghi divennero presto aree depresse e sovraffollate, caratterizzate da insediamenti informali e carenze infrastrutturali della rete idrica, elettrica e fognaria. La povertà imposta ai residenti dalla segregazione nel mercato del lavoro, poi, non fece che acuire i problemi sociali di questi ghetti, favorendo anche l’affermarsi del crimine organizzato.
Le leggi sulla circolazione
La township di Sharpeville, al contrario di altri insediamenti, durante gli anni Cinquanta non era ancora stata coinvolta nel movimento contro la segregazione. Le cose cambiarono però nel 1960, quando il Pan-Africanist Congress (PAC) portò le sue istanze nella township, raccogliendo un largo consenso. Il PAC era un gruppo dell’African National Congress (ANC) e all’epoca era particolarmente attivo contro le nuove Pass Laws, le leggi che regolavano la circolazione tra le diverse aree segregate.
Fin dalla creazione delle prime colonie europee in Sudafrica alla fine del Settecento erano state implementate delle regole stringenti riguardo la circolazione della popolazione nera, che furono riprese e adattate dal regime dell’apartheid. A partire dal 1952 fu reso obbligatorio per tutti gli uomini neri con più di 16 anni di portare sempre con sé il cosiddetto passbook, una sorta di passaporto interno sudafricano, che veniva usato per monitorarne gli spostamenti.
Il documento conteneva tutte le informazioni anagrafiche del possessore, comprese foto e impronte digitali, oltre che informazioni sul suo impiego e sul suo datore di lavoro. In base a queste informazioni l’accesso ad alcune aree poteva essere negato o limitato, tanto che i passbook divennero uno dei simboli più odiati della segregazione. Anno dopo anno le Pass Laws vennero inasprite, aumentando le restrizioni al movimento, tanto che nel 1960 queste leggi divennero il bersaglio principale del movimento contro la segregazione.
I fatti
Il PAC aveva scelto il 21 marzo come data per una mobilitazione nazionale per richiedere l’abolizione delle Pass Laws, che aveva ricevuto un largo appoggio nelle township del Paese. L’intento dei manifestanti era quello di marciare verso le stazioni di polizia locali, disfarsi dei propri documenti per il passaggio e chiedere di essere arrestati. La protesta doveva essere un atto pacifico e simbolico di violazione delle leggi di cui si chiedeva l’abolizione.
Quella mattina si concentrò a Sharpeville una folla di circa 5.000 persone, che presto diventarono quasi 20.000 mentre la mobilitazione proseguiva nell’arco della mattinata. La situazione degenerò rapidamente una volta che la folla raggiunse il perimetro della stazione di polizia: non appena gli agenti iniziarono a contenere la folla scoppiarono i disordini. A quel punto la polizia aprì il fuoco per disperdere la folla, anche usando mitragliatrici pesanti, senza prima sparare colpi di avvertimento in aria.
Alla fine della giornata si contarono 69 morti e 186 feriti, tra cui almeno 50 tra donne e bambini. Molte delle vittime furono ferite alle spalle. Sharpeville è oggi considerata la peggior strage della storia del movimento anti-apartheid e uno degli episodi più sanguinosi della storia recente del Paese.
Cosa esattamente abbia fatto iniziare la sparatoria non è mai stato chiarito del tutto. La versione ufficiale delle forze dell’ordine parla di concause che hanno portato alcune giovani reclute a perdere la calma e iniziare a sparare sui manifestanti quando questi hanno raggiunto i cancelli della stazione, innescando un precipitare degli eventi terminato con il massacro. A spaventare il personale avrebbe contribuito il fatto che alla stazione erano presenti appena 20 poliziotti, il fatto che i manifestanti stessero lanciando oggetti e i timori innescati da alcuni attentati mortali contro le forze dell’orine avventi nelle settimane precedenti in altre township.
Questa versione, però, non trova molti riscontri effettivi. Secondo molti osservatori i manifestanti erano pacifici e disarmati, al contrario dei poliziotti che erano pesantemente armati e intanto avevano ricevuto molti rinforzi e il supporto di circa 300 militari. La stessa Commissione per la verità e la riconciliazione (TRC), al momento di valutare questo episodio tra i crimini del regime di apartheid, affermerà che la teoria dei militari è assolutamente infondata, e che anzi questo episodio rappresenta una evidente violazione dei diritti umani e un caso di uso eccessivo della forza contro civili disarmati.
Dopo la strage
Il massacro vero e proprio fu l’inizio di una repressione molto più ampia del movimento anti-apartheid. La notizia dell’accaduto fece scoppiare disordini in molte altre township, che vennero duramente repressi. Il governo sudafricano dichiarò immediatamente lo stato di emergenza, sulla base del quale vennero arrestati almeno 11.000 attivisti. Questi fatti di sangue ebbero anche una vasta risonanza sulla stampa internazionale, richiamando in modo scioccante l’attenzione dell’opinione pubblica estera sulla situazione sudafricana.
A quel punto venne anche promulgato l’Unlawful Organizations Act, che metteva fuorilegge i gruppi anti-apartheid come il PAC e l’ANC. Il massacro di Sharpeville è quindi uno snodo cruciale della lotta contro la segregazione in Sudafrica anche per questo motivo: da qui in poi il movimento contro la segregazione fu obbligato ad agire clandestinamente e a ricorrere a strategie sempre più estreme per portare avanti le sue istanze vista la chiusura netta dei canali istituzionali.
L’evento fu fondamentale anche per portare la questione del Sudafrica segregazionista tra le priorità della comunità internazionale, tanto che l’UNESCO ha scelto il 21 marzo (giorno della strage) come data simbolica per la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale. L’evento simbolico si tiene ogni anno fin dalla sua istituzione nel 1966, ed è stato molto importante negli anni dell’apartheid per far conoscere la lotta contro la separazione nel mondo.
Il massacro di Sharpeville mantenne sempre un valore simbolico per il movimento anti-apartheid, tanto che Nelson Mandela nel 1996 decise di firmare la nuova Costituzione proprio sul luogo del massacro.
Fonti e Approfondimenti:
Tom Lodge (2017) Sharpeville. An Apartheid Massacre and its Consequences. Oxford University Press.
Truth and Reconciliation Commission of South Africa Report, Volume 3, Chapter 6 (PDF). 28 October 1998. pp. 531–537
Patricia Johnson-Castle, Group Areas Act of 1950. South Africa History Online https://www.sahistory.org.za/article/group-areas-act-1950
Marissa Evans, Sharpeville massacre. Blackpast https://www.blackpast.org/global-african-history/sharpeville-massacre/
(1975) Mass removals and separate development. Journal of Southern African Studies, 1:2, 215-227
Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_