USA – Corea del Sud: tra propaganda e realtà

corea del sud
Marco Verch Professional Photographer - flickr - CC-BY 2.0

“Ci stanno ripagando una piccola frazione delle spese che stiamo affrontando. Mi piacerebbe continuare a difendere il Giappone, mi piacerebbe continuare a difendere la Corea del Sud, al momento abbiamo 28.000 soldati sulla linea tra il Nord e il Sud della Corea. Ci sta costando una fortuna, che non abbiamo! Siamo una Nazione debitrice!”

Queste sono le affermazioni di Donald J. Trump riguardo all’impegno statunitense nell’area del Pacifico Nord orientale, durante la sua campagna elettorale. Questa affermazione sottolinea ancora una volta quanto il confine tra la propaganda elettorale e la verità dei fatti siano due realtà sempre più lontane tra di loro. La scelta del Pacifico Nord Orientale come luogo della prima visita ufficiale del Segretario alla Difesa statunitense, James Mattis,  non è stata una scelta casuale, ma riafferma esattamente questo dato.

L’obiettivo di Mattis in questo viaggio, che ha visto anche il passaggio attraverso il Giappone di Shinzo Abe, è stato quello di smentire in grande parte quello che l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America aveva affermato qualche mese prima. Questa mossa ha quindi, da una parte, rilassato i suoi interlocutori, il Governo di Seoul e quello di Tokyo, dall’altra è passata in maniera quasi inosservata all’interno della politica statunitense, proprio perché le elezioni sono passate e il mezzo di propaganda per arrivare all’obiettivo, l’elezione alla presidenza, era già stato raggiunto.

Gli USA in Corea del Sud

Le basi militari statunitensi

In Corea del Sud esistono circa 8 basi americane di cui 4 dedicate all’esercito (Camp Casey, Camp Red Cloud, Yongsan e Humphrays), 2 all’aeronautica (Osan e Kunsan) e 2 alla marina (Camp Mujuk e Chinae). Le prime quattro basi sono tutte situate vicino alla capitale coreana, Seoul, la quale si trova a ridosso della Zona Demilitarizzata coreana (ZDC), ovvero una zona che copre il confine tra le due Coree, che si sviluppa lungo il 38° parallelo, lunga 248 km e larga 4 km. In questo modo i due Stati sono divisi da una zona cuscinetto che, nonostante sia una delle zone più militarizzate al mondo, ha l’obiettivo di mantenere la distanza tra i due governi opposti.

Queste basi militari sono state costruite durante la Guerra di Corea, 1950-1953, la quale ha ovviamente ancora oggi delle grandi ripercussioni sul territorio coreano (basti pensare alla divisone netta tra i due Stati). Quello che va sottolineato è che la presenza statunitense, soprattutto di tipo terrestre, è necessaria per Seoul per almeno due ragioni:

  1. Il numero di effettivi della Repubblica di Corea è poco più della metà di quelli di cui dispone la Corea del Nord. In questo modo il contingente statunitense ha una funzione di coordinamento e ingrandimento delle forze che, in caso di guerra terrestre, si troverebbero a fronteggiare l’esercito di Pyongyang
  2. La vicinanza con la ZDC permetterebbe alle truppe statunitensi di riuscire a contrastare la forza dell’esercito del Nord riuscendo a fare da “scudo” alla capitale del Sud. Infatti Seoul è a meno di 100 km dal confine e questo provoca all’interno della popolazione una sensazione di continua allerta.

Ma le forze americane in Corea del Sud sono fondamentali agli USA stessi per diverse ragioni. Portando qui le motivazioni principali:

  • La questione geografica. La Corea del Sud è un alleato storico degli Stati Uniti e la sua posizione geografica è quantomai indispensabile alla potenza Occidentale proprio per la sua vicinanza con i due grandi oppositori “ideologici”, la Cina da una parte e la Corea del Nord dall’altra.
  • La questione di dottrina militare per cui combattere il nemico lontano dai propri confini e, anzi, vicino ai confini del nemico stesso è un vantaggio. In questo modo il nemico sarà necessariamente attratto dalle forze vicino ai suoi confini, deviando così dalla possibilità di attaccare direttamente il cuore della fazione opposta.

Il THAAD e il nucleare

La questione del nucleare è sicuramente la grande questione delle relazioni tra USA, Cina e Corea del Nord. Lo sviluppo di Pyongyang per la materia nucleare ha allarmato tutti gli analisti statunitensi, nonché l’intera Nazione coreana. Già in precedenza abbiamo parlato di come funziona il sistema antimissilistico THAAD. Quello che è necessario affermare in questo momento è la necessità, ancora una volta, della visita di Mettis in Corea del Sud per poter rassicurare il governo di Seoul della necessità dell’installazione del sistema difensivo. Anzi, quello che Mettis ha affermato è proprio la volontà da parte statunitense di accelerare la sua costruzione e che prima della fine del 2017 sarà attivo. 

Anche in questo le affermazioni di Trump sono state smentite, i fondi che gli Stati Uniti andranno a investire per la costruzione del THAAD non saranno infatti solo per la  difesa dei coreani. In questo senso Trump ha affermato che “i missili della Corea del Nord non raggiungeranno mai gli Stati Uniti”. L’elemento che può essere portato come prova della volontà da parte statunitense di difendersi il più possibile da possibili armi nucleari è proprio il sistema di difesa THAAD. Per questo, ancora di più, la propaganda Trump e le azioni del governo Trump contrastano tra di loro.

Il governo repubblicano ha più volte affermato che l’obiettivo nel Nordest del Pacifico deve essere quello di far raggiungere alla Corea del Sud e al Giappone la capacità nucleare in modo tale da poter fare passi avanti nell’autodifesa, senza bisogno quindi degli aiuti statunitensi. In questo gioco perverso però è stata proprio la Repubblica Popolare Cinese a opporsi a qualsiasi tipo di sviluppo nucleare da parte dei due Stati. Nonostante sia facilmente intuibile il perché (ovvero che da più di 50 anni la Cina ha una sorta di monopolio nucleare all’interno dell’Asia Pacifica), è meno intuibile la posizione di Seoul. Infatti la Corea del Sud ha un legame economico di import-export fortissimo con la Cina che difficilmente andrà a sacrificare per avere un’autonomia nucleare. La Cina infatti da alleato passerebbe ad essere un Paese nemico, o quantomeno ostile, e, ancora, l’autonomia nucleare porterebbe a una fortissima diminuzione degli investimenti del Governo degli Stati Uniti nella penisola. Anche per questo la visita di Mattis ha un valore intrinseco fondamentale: gli USA sono ancora molto interessati alla Corea del Sud e non la lasceranno così facilmente.

Conclusioni

La visita del Segretario della Difesa è quindi un atto importantissimo da parte dello Stato americano nel panorama pacifico. La ritirata degli USA dal TPP, la rinuncia (almeno per ora) al Pivot to Asia di Barack Obama, le riforme costituzionali giapponesi in maniera militare, la paura di Pyongyang, lo scandalo Park Geun-hye sono tutti elementi che stanno scuotendo in maniera fortissima la Corea del Sud, facendola cadere sempre di più nel baratro della crisi identitaria sul piano internazionale.

La visita di James Mattis ha sicuramente un valore simbolico forte e probabilmente lo sarà anche dal punto di vista delle azioni che gli USA prenderanno per la penisola, ma va sottolineato che l’instabilità interna del governo portano incertezza. Non ci sono certezze di chi sarà alla guida del Paese tra 3 mesi così come non c’è un futuro certo per le figure che hanno ricevuto e parlato con Mattis. Questo porta quindi a una domanda a cui oggi non possiamo rispondere: la visita del Segretario della Difesa statunitense rientra all’interno della propaganda o della realtà della politica interna coreana?

 

 

Fonti e Approfondimenti:

http://www.japantimes.co.jp/news/2017/01/25/national/politics-diplomacy/new-u-s-defense-chief-mattis-looks-visit-japan-south-korea-early-february/

http://www.globalsecurity.org/military/facility/camp-casey.htm

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