Armi Chimiche: caratteristiche, storia e regolamentazione

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L’attacco chimico nella provincia siriana di Idlib rappresenta l’ultimo capitolo di una triste storia che si sta ancora scrivendo. Fin dal loro primo utilizzo, le armi chimiche si sono distinte per la loro letalità ed efferatezza, suscitando un terrore tale da costringere la comunità internazionale a bandirne prontamente l’uso. Ciò nonostante, la discreta facilità di produzione e la sua efficacia, hanno reso quest’arma di distruzione di massa troppo appetibile per essere eliminata del tutto.

Origini e vantaggi tattici

A fine XIX secolo, i progressi scientifici e l’industrializzazione resero possibile la produzione di composti chimici in una quantità e letalità mai vista prima. Consapevoli di un loro potenziale uso bellico, gli stati ne vietarono l’uso nei campi di battaglia in occasione della Convenzione Internazionale dell’Aja nel 1899. Tuttavia questa convenzione non vietò lo sviluppo o il possesso di questi materiali, divenendo quindi lettera morta non appena la Prima Guerra Mondiale impose la propria logica. Il primo uso bellico di gas chimici su vasta scala avvenne ad Ypres, una cittadina fiamminga in Belgio, dove il 22 Aprile 1915 i tedeschi attaccarono il fronte francese con il cloro. L’attacco ebbe un successo inaspettato anche per gli stessi tedeschi, i quali non erano preparati a sfruttare un tale vantaggio.

Da quel giorno le armi chimiche divennero una costante della grande guerra. In primis, perché perfette per colpire postazioni fisse come trincee, ma anche aeroporti, depositi, centri di comando e comunicazione. Secondariamente, perché hanno efficacia massima quando sfruttano la sorpresa e lo shock dell’avversario come durante la prima fase della guerra dove, le truppe, non disponendo di maschere antigas, si ritrovano inermi di fronte alla nuova arma. Infatti i gas, essendo due volte e mezzo più pesanti dell’aria, riempivano le trincee ed anche quando gli eserciti ebbero in dotazione maschere antigas, furono disponibili anche nuovi agenti chimici capaci di penetrarle o che agivano direttamente sulla pelle. Proprio l’impossibilità di una difesa ed il carattere invisibile ed inodore di alcuni gas diedero loro un forte impatto psicologico sui soldati, rendendole le armi più temibili del conflitto.

Ciò nonostante, contro un esercito moderno lo scopo dei gas chimici non è quello di uccidere, troppo difficile con truppe allenate e ben equipaggiate, ma di rallentare l’efficienza delle truppe nemiche costrette ad indossare le apposite tute antigas.

Usi e divieti successivi

Un secondo tentativo di regolamentarne l’utilizzo solo per scopi civili avvenne nel 1925 con il Protocollo di Ginevra, ma nuovamente non ne venne proibita la produzione ed il possesso. Si pensa, in modo sbagliato, che solamente l’Italia abbia usato gas chimici nei propri possedimenti coloniali (in Libia nel 1928 e in Etiopia nel 1935) ma fu l’Inghilterra la prima ad usarli nel dopoguerra. Più precisamente fu Winston Churchill, come Segretario delle Colonie, ad autorizzarlo in Iraq con la celebre frase: “sono fortemente a favore dell’impiego di gas velenosi contro tribù non civilizzate“. Ma anche Spagna e Giappone fecero altrettanto, il primo in Marocco ed il secondo in Cina. Le armi chimiche infatti sono uno strumento a basso costo di produzione ed altamente efficace contro popolazioni civili o eserciti non addestrati, non a caso vengono anche chiamate “l’atomica dei poveri”.

Per questi motivi nel dopoguerra gli stati fecero a gara nel perfezionare i gas esistenti e la Germania nazista, forte della più importante industria chimica al mondo (di cui l’attuale Bayer era parte principale), sviluppò nuovi tipi di gas superiori rispetto alle altre nazioni: i gas nervini Sarin, Soman e Tabun. Tuttavia non vi furono scontri chimici tra i belligeranti durante la seconda guerra mondiale, questo perchè Hitler era erroneamente convinto che anche gli alleati avessero gas potenti quanto i nervini e temeva ritorsioni sul popolo tedesco.  Quindi, durante il secondo conflitto mondiale non vi furono guerre chimiche a causa della deterrenza ed errori di intelligence, non di certo in nome del diritto internazionale.

Per assistere all’utilizzo di questi nuovi agenti chimici bisogna aspettare la guerra Iraq-Iran del 1980-1988, in cui l’Iraq utilizzò più di 19mila bombe e 27mila razzi contenenti gas chimici, 2/3 dei quali nell’ultimo anno e mezzo di guerra. Gli effetti di tali attacchi sono testimoniati dal massacro di Halabja, cittadina bombardata gli iracheni con gas nervini e vescicanti, causando almeno 5000 vittime e 7000 feriti, per la maggior parte civili.

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Cimitero delle vittime dell’attacco chimico di Halabja. Fonte: WikimediaCommons

Oggi la materia è regolata dalla Convenzione sulle Armi Chimiche (CWC) che è formalmente entrata in vigore nel 1997 e firmata da tutti i paesi tranne Sud Sudan, Egitto (che ha usato armi chimiche in Yemen negli anni 60′) e Nord Corea. Israele ha firmato ma non ratificato la convenzione, mentre la Siria ha ratificato solamente su iniziativa russa per risolvere la crisi internazionale del 2013, provocata dall”attacco chimico di Ghūṭa. A differenza delle precedenti, questa convenzione vincola i paesi membri alla distruzione del proprio arsenale chimico, sancendone definitivamente il bando completo. Inoltre ha istituito l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC), il quale ha lo scopo di sorvegliare l’adempienza dei paesi membri con la convenzione attraverso ispezioni presso i loro centri di produzione chimica. Secondo l’OPAC nel 2015 si era distrutto il 90% della produzione mondiale di armi chimiche. Tale successo viene spiegato da molti studiosi a causa della poca efficacia militare contro eserciti regolari, molto inferiore a quella delle armi convenzionali moderne, rendendo quindi disinteressati gli stati al suo utilizzo.

Rimangono comunque grossi dubbi sulla reale eliminazione di guerre chimiche, specialmente legati ad attori non-statali, specialmente terroristici, che possono entrare in possesso di armi chimiche. Al riguardo, l’arsenale chimico iracheno dei tempi di Saddam Hussein non è mai stato distrutto sistematicamente ed è possibile imbattersi in armi chimiche abbandonate, specialmente intorno all’ex impianto di Muthanna. L’ISIS ha infatti utilizzato almeno 50 volte armi chimiche tra Siria e Iraq negli ultimi anni.

Le armi chimiche possono continuare a giocare un ruolo anche tramite il “conflitto chimico improvvisato”, ovvero bombardamenti mirati a depositi chimici in modo da farne uscire gli aggressivi chimici avendo così lo stesso effetto. I bombardamenti serbi contro impianti chimici croati negli anni 90′, l’attacco di Al-Qaeda contro barili di cloro in Iraq e, forse, l’ultimo episodio di attacco chimico in Siria muovono proprio verso questa direzione: guerre chimiche senza possedere armi chimiche che sfuggono alle convenzioni sugli armamenti. Questi tuttavia sono sempre più ingiustificabili e gli stessi leader che ne fanno ricorso subiscono contraccolpi nelle relazioni con gli altri stati.

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Soccorsi durante l’attacco terroristico con il gas sarin in Giappone, 1995. Fonte: WikimediaCommons

Sebbene si prevede una continua riduzione dell’uso degli agenti chimici soprattutto a livello statale, rimane il pericolo della produzione e possesso di armi chimiche da parte di gruppi terroristici.

Tipologie e caratteristiche

Nell’ultimo secolo sono stati prodotti più di 70 tipi diversi di aggressivi chimici. Questi si possono classificare in base ai loro effetti sugli organi umani:

  • Nervini: interferiscono in modo irreversibile sulle cellule cerebrali che gestiscono il funzionamento di organi vitali e, bloccando i muscoli che muovono la gabbia toracica e il diaframma, provocano la morte per insufficienza respiratoria in pochi minuti. Sia il probabile agente chimico rilasciato ad Idlib (gas Sarin) e sia quello usato nell’uccisone di Kim Jong Nam (gas VX), fratellastro del dittatore nordcoreano, appartengono ai nervini.
  • Soffocanti: agiscono sull’apparato respiratorio causando edemi polmonari che portano la maggior parte delle vittime alla morte entro 24 ore. Fu la causa dell’80% delle vittime da armi chimiche durante il primo conflitto mondiale. I più noti sono il Fosgene e il Cloro.
  • Vescicanti:  producono estese vesciche e necrosi nelle zone cutanee che vi entrano in contatto e successivamente estendono i danni anche al sistema immunitario, al cervello e all’apparato gastrointestinale. Il più famoso gas vescicante è l’iprite, che prende il nome dalla città Belga Ypres ma comunemente conosciuto come gas mostarda per via del suo colore giallognolo.
  • Irritanti: tipicamente utilizzate dalle forze di polizia, questi gas producono effetti immediati come forte bruciore, vomito e nausea. Tra questi vi ritroviamo i lacrimogeni e gli starnutatori.
  • Psicotropi incapacitanti: interferiscono in modo reversibile con il cervello e il sistema nervoso, compromettendo temporaneamente memoria, pensiero logico, coordinamento motorio e provocando allucinazioni.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

http://www.theguardian.com/world/shortcuts/2013/sep/01/winston-churchill-shocking-use-chemical-weapons

http://www.nytimes.com/2016/11/21/world/middleeast/isis-chemical-weapons-syria-iraq-mosul.html?_r=1

http://www.treccani.it/enciclopedia/aggressivo-chimico

http://www.thenewatlantis.com/publications/the-future-of-chemical-weapons

http://www.opcw.org/chemical-weapons-convention

G. Giacomello e G. Badialetti, Manuale di Studi Strategici, Milano: Vita & Pensiero, Ristampa 2012.

 

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