Lo Stato Islamico, proclamato a Mosul il 29 giugno 2014, ha saputo conquistare, controllare e gestire per anni un territorio estremamente vasto, situato a cavallo tra Siria e Iraq e abitato da 8-10 milioni di persone. Ciò significa combattenti stipendiati, acquisto di armi e munizioni, distribuzione di servizi e gestione burocratica di un vero e proprio stato.
In molti si sono chiesti come l’ISIS sia riuscito a conquistare un così ampio territorio in breve tempo e, soprattutto, come sia riuscito a mantenerne il controllo così a lungo, con tutto ciò che comporta l’amministrazione di uno stato. Diverse inchieste hanno fatto luce su ciò che si trova alla base del gruppo, ovvero le sue fonti di finanziamento; il fatto che queste siano diversificate ha giocato a favore dell’IS, il quale è riuscito ad «accumulare un patrimonio senza precedenti» ed è stato definito «l’organizzazione terroristica meglio finanziata di sempre».
Individuare la provenienza del denaro, costituendo questo il motore dell’organizzazione, è fondamentale per capire come stroncarne le fondamenta. Prima di presentare le fonti di finanziamento, bisogna precisare che le suddette sono specifiche di questa particolare organizzazione terroristica: infatti, ogni differente gruppo terroristico trova una sua linfa in base alle circostanze, ai metodi e agli scopi per cui opera – sebbene alcuni metodi di finanziamento possano essere presenti in più gruppi. Ad esempio, diversamente da Al Qaeda, l’IS riceve sì un contributo da donazioni esterne, ma queste costituiscono solo una percentuale modesta del totale delle entrate, derivanti soprattutto dallo smercio di petrolio.
Le fonti
Vediamo quindi quali sono i metodi di finanziamento dello Stato Islamico, seguendo un ordine crescente di remuneratività.
- Truffe bancarie: raggiri e corruzione possono permettere la creazione di conti bancari e l’accesso a prestiti, illeciti. Sebbene questo sia considerato una minaccia, l’ammontare di fondi ricollegabili al settore bancario è abbastanza basso.
- Vendita di reperti storici e pezzi d’antiquariato: nonostante le immagini della distruzione di siti archeologici abbiano fatto il giro del mondo, molti reperti e opere d’arte sono stati venduti di contrabbando e smerciati in diversi mercati internazionali.
- Donazioni: nella forma di piccole donazioni da parte delle comunità locali o di somme più consistenti provenienti in larga parte dal Golfo, il denaro viene raccolto e inviato ai gruppi terroristici grazie a una rete ben collegata. Questo punto rimane controverso: spesso queste somme prendono la forma di donazioni anonime ad associazioni benefiche, ma poi vengono indirizzate all’IS; non è semplice risalire ai benefattori, come non lo è individuare ciò che viene effettivamente utilizzato per aiutare le popolazioni colpite dal conflitto e ciò che invece alimenta le casse dell’organizzazione. Gli stati da cui provengono la maggior parte delle donazioni esterne sono Kuwait, Qatar e Arabia Saudita; è bene notare, comunque, che questo denaro proviene non dai governi, ufficialmente schierati contro l’ISIS e facenti parte della coalizione guidata dagli USA, ma da privati, che sfruttano legislazioni spesso piuttosto morbide in questo senso. Proprio il Qatar, protagonista della recente crisi diplomatica, nel 2014 aveva approvato una nuova legge che vieta le donazioni verso l’ISIS.
- Richieste di riscatti: come Al Qaeda – anche più prolifico dell’ISIS sotto questo punto – il gruppo terroristico ha ricavato ingenti entrate grazie alle somme pagate per la liberazione di ostaggi. USA e Regno Unito adottano una ferrea politica di non pagamento dei riscatti, ma non altri Stati: si stima che tra il 2013 e il 2014 l’ISIS abbia ricavato tra i 35 e i 45 milioni di dollari grazie ai rapimenti.
- Petrolio: con le conquiste territoriali l’ISIS è riuscito a entrare in possesso di campi petroliferi già esistenti e funzionanti in Siria e Iraq; il petrolio ricavato viene utilizzato in parte per usi interni e in parte venduto di contrabbando ed esportato illegalmente passando per la Turchia. Si stima che le entrate ammontino a circa 600 milioni di dollari all’anno.
- Tassazione: tra tasse imposte su tutti i beni commerciati e i mezzi di trasporto, estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori, multe se si infrange la legge, si pensa che il sistema messo in piedi dallo Stato Islamico porti a delle entrate pari circa a 900 milioni di dollari all’anno. In più è riuscito a vendere ex-proprietà governative e beni immobili di famiglie costrette alla fuga, nonché equipaggiamenti militari americani di cui era entrato in possesso (erano stati forniti al governo di Baghdad dopo la caduta di Saddam Hussein).
Considerazioni
Dopo l’attentato alle Torri Gemelle nel 2001, i governi hanno promosso azioni volte a bloccare ai terroristi l’accesso al mercato finanziario globale. Questo approccio ha aiutato a contrastare l’operato, ad esempio, di Al Qaeda, che doveva la maggior parte delle sue entrate a donazioni; a parte essere costoso, però, non è stato totalmente efficace per diversi motivi. Localizzare i soldi dei terroristi non è semplice, tanto più che molto spesso le somme di denaro non transitano affatto per il sistema bancario e i fondi possono anche non entrare mai all’interno del sistema finanziario internazionale; inoltre, spinti fuori dal mercato internazionale, i gruppi terroristici si sono affidati a una rete informale per lo spostamento di denaro, trasferito quindi in maniera non tracciabile e non regolata.
Un altro fattore da tenere in conto è la capacità dei gruppi terroristici di penetrare nelle economie illegali e criminali già consolidate, sfruttando a proprio vantaggio network preesistenti e operativi (ad esempio, la produzione e lo smercio di eroina in Afghanistan risale agli anni ’70, molto prima dell’entrata in scena dei talebani).
Nel caso specifico, è evidente che il punto chiave delle finanze dello Stato Islamico sia legato al territorio: abbiamo visto che persone (tasse) e petrolio sono i perni attorno ai quali l’organizzazione deve la propria riserva di denaro. Per questo motivo, l’approccio basato solo sul sistema finanziario internazionale non è sufficiente. I bombardamenti della coalizione si sono concentrati quindi principalmente sugli stabilimenti di petrolio e sui depositi di contante, proprio per colpire alla fonte le riserve di ricchezza dell’ISIS: l’intervento militare aereo e sul campo ha fatto sì che il Califfato perdesse molti territori e posizioni strategiche, in questo modo le risorse vitali per il mantenimento dell’organizzazione hanno subito gravi perdite.
Durante l’estate il governo iracheno ha annunciato la riconquista della città di Mosul dopo un’offensiva durata quasi 9 mesi, mentre in Siria, le truppe curde sostenute da raid statunitensi continuano l’assedio alla città di Raqqa. La caduta dei due centri più importanti dello Stato Islamico rappresenta un traguardo significativo nella lotta contro il gruppo terroristico, sebbene questo continui a controllare ancora molti territori e la sua sconfitta definitiva non possa essere quantificata solo da un punto di vista militare.
Fonti e approfondimenti
http://uk.businessinsider.com/how-isis-and-al-qaeda-make-their-money-2015-12/#1-taxation-6
https://www.economist.com/blogs/economist-explains/2015/01/economist-explains
https://www.foreignaffairs.com/articles/2017-06-13/dont-follow-money