Il Mediterraneo ha sempre giocato un ruolo di prim’ordine nello sviluppo Europeo e in particolare in quello della nostra Penisola. Bacino di grandi civiltà sin dai tempi più remoti, il Mediterraneo si è rivelato essere anche un fattore di unità economica in epoca romana, facilitando commercio e movimento tra le varie province dell’Impero. Anche in seguito alla caduta di Roma, il Mediterraneo conserva la sua funzione di canale di scambi; una funzione che andrà ad indebolirsi successivamente con l’espansione islamica del VII secolo dopo Cristo.
Da allora, il bacino del Mediterraneo diventa anche un terreno di scontro tra Islam e Cristianesimo, ma idee, cultura e merci non cessano di solcare queste acque. Solo con la scoperta del Nuovo Continente e lo sviluppo di altre rotte commerciali oceaniche, il Mare Nostrum inizia a perdere poco a poco la sua centralità nel commercio tra popoli, arrivando poi a giocare un ruolo di secondo piano con lo spostamento dell’asse geopolitico verso l’Atlantico in epoca contemporanea.
Oggi più che mai le acque del Mediterraneo ci appaiono burrascose; attraverso questo mare si sviluppano le rotte migratorie e i relativi network di trafficanti di esseri umani, mentre sulle sue coste meridionali si affacciano Paesi instabili e frammentati, dove trovano terreno fertile milizie, gruppi jihadisti e organizzazioni criminali. È proprio per questo che nel Mediterraneo torna a giocarsi una partita importante per il futuro dell’Europa e dell’Italia. Ma qual è il ruolo del nostro Paese in queste acque così agitate? Quali sono i punti chiave dell’impegno di Roma per favorire maggiore stabilità nella regione? Per rispondere a queste domande bisogna fare riferimento ad un rapporto pubblicato il 26 novembre del 2017 dal Ministero degli Afari Esteri e intitolato, per l’appunto, “la Strategia Italiana nel Mediterraneo”.
Questo rapporto della Farnesina pone in evidenza come, nonostante i diversi fattori di instabilità, il Mediterraneo rappresenti un’enorme opportunità per l’Italia. Per questa regione passa il 30% del commercio mondiale di petrolio e il 20% del traffico marittimo. L’area del Mediterraneo costituisce un mercato di 500 milioni di consumatori con ben 450 tra porti e terminal, mentre il suo Pil è in costante espansione con una crescita media del 4,4% annuo.
Il rapporto constata anche come il concetto di Mediterraneo si sia allargato, con un perimetro che coinvolge ormai il Medio Oriente, il Golfo Persico e i Balcani, arrivando a toccare persino il Golfo di Aden. È in questo agitato Mare Nostrum che l’Italia si propone come fautrice di un nuovo approccio integrato. Di fatto, come dichiarato nel documento, Roma considera le sfide della regione come una priorità della sua presidenza del G7 e della sua azione in seno all’Unione Europea, alla NATO e all’Organizzazione per Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OSCE). In questo contesto, la Farnesina sottolinea la necessità di adottare una strategia basata sull’inclusività, escludendo la possibilità di azioni unilaterali. È la diplomazia la grande protagonista dell’approccio Italiano ai problemi della regione; ma qual è l’impegno concreto della nostra Repubblica per favorire un Mediterraneo più sicuro?
La Posizione Italiana in Siria
Il conflitto siriano viene considerato dalla Franesina una priortà assoluta in termini di politica estera e sicurezza. La posizione dell’Italia su tale questione si declina nei seguenti punti chiave:
• Viene esclusa totalmente la possibilità di una soluzione militare al conflitto;
• Si sostiene la necessità di adottare una soluzione inclusiva, dando quindi supporto all’inviato speciale ONU, Staffan de Mistura, nei suoi sforzi per lo sviluppo di un dialogo costruttivo tra le parti;
• Si considera possibile il processo di riconciliazione all’interno del Paese solo nel caso in cui i responsabili di gravi violazioni dei diritti umani rendano conto delle proprie azioni;
• Si ribadisce la necessità di avviare un processo di dialogo con la Russia al fine di favorire una soluzione al conflitto. Per quanto riguarda l’aiuto umanitario inviato dal Nostro Paese in Siria, esso consiste in 400 milioni di dollari nel triennio 2016-2018.
Contrasto al Califfato
L’impegno Italiano su questo fronte include i seguenti settori:
• Addestramento militare;
• Formazione delle forze di polizia;
• Stabilizzazione delle aree liberate;
• Contrasto al finanziamento del sedicente Califfato e del terrorismo;
• Contrasto al fenomeno dei Foreign Terrorist Fighters.
Per quanto riguarda la presenza militare Italiana in Iraq, al momento si parla di un totale di 1.380 unità. Gli addestratori militari Italiani si attestano intorno ad un numero di 400-500 unità; ad Erbil e Mosul le forze dell’ Eesercito hanno formato 14.000 soldati militari iracheni, tra cui 9.200 peshmerga. Inoltre, i carabinieri presenti in Iraq, hanno addestrato circa 10.000 unità della polizia locale e federale. Da sottolineare è inoltre l’impegno Italiano nella riparazione della diga di Mosul a cura del gruppo Trevi, a protezione della quale sono schierati 500 militari. In relazione al contrasto al finanziamento del terrorismo, l‘Italia ha assunto nel 2015 la co-presidenza, insieme ad USA e Arabia Saudita del “Counter-ISIL Finance Group”, un’organizzazione impegnata a identificare e ostacolare i canali di finanziamento al Califfato.
L’italia e la Libia
Il rapporto evidenzia come la sicurezza nel Mediterraneo necessiti di una Libia unita, stabile e pacificata. Roma sta assumendo un ruolo di primo piano nella crisi. L’obiettivo dell’Italia è quello di sviluppare con Tripoli una partnership multisettoriale capace di contrastare il fenomeno del terrorismo e del traffico di esseri umani. Nel 2017 si sono incontrati a Roma il Presidente della camera dei rappresentanti, Aghila Saleh, e il Presidente del Consiglio di Stato, Swehili; mentre sempre a Roma, le tribù della Libia Meridionale hanno firmato un’intesa per favorire lo sviluppo economico del Sud della Libia. L’impegno italiano è anche forte sotto l’aspetto dello sviluppo di infrastrutture, come la ricostruzione dell’aeroporto di Tripoli e il rilancio del progetto dell’ autostrada costiera.
L’impegno Italiano nelle missioni ONU nel Mediterraneo
L’Italia partecipa alle seguenti missioni ONU attive nella regione:
• In Libano (UNIFIL – United Nations Interim Force In Lebanon);
• A Cipro (UNFICYP – United Nations Peacekeeping Force in Cyprus);
• Nei Balcani (UNMIK – United Nations Mission in Kosovo).
Di particolare rilievo è l’impegno di Roma in Libano, dove l’Italia è attiva con 1.100 militari. Lo scopo di UNIFIL è quello di monitorare la cessazione delle ostilità tra Israele e Libano.
Migrazioni
Sotto l’aspetto delle migrazioni, ovviamente, l’Italia è in prima linea. Roma è impegnata nel rafforzamento dela cooperazione in materia di migrazione con i Paesi di origine e transito dei flussi, dalla sponda meridionale del Mediterraneo, sino al Sahel e al Corno d’Africa. Dal 2013 sono giunti in Italia circa 650.000 migranti, di cui 181.436 solo nel 2016, mentre nel 2017 si contanto 104.760 migranti. Per alleviare il fenomeno, Roma ha istituito il Fondo per L’Africa, con il quale si finanziano iniziative di supporto tecnico, formazione e assistenza nella lotta contro il traffico di esseri umani.
Un altro aspetto importante coperto dal documento della Farnesina è il commercio nel Mediterraneo. Il volume degli scambi tra Italia e gli altri Paesi dell’area MENA nel 2016 è stato pari a 70 miliardi di euro (41 miliardi di esportazioni e 29 miliardi di importazioni), ossia l’8,9% dell’interscambio globale italiano. Lo Stivale è inoltre il quarto partner commerciale dei Paesi MENA dopo USA, Cina e Germania. Per quanto riguarda il settore energetico, circa i due terzi del petrolio importato dal nostro Paese passano per il Mediterraneo, mentre degli oltre 300 miliardi di metri cubi di gas importati in Europa, oltre il 25 % è destinato al mercato Italiano. I gasdotti che attualmente veicolano il gas in Italia sono il Green Stream e il Transmed, entrambi operati al 50% da ENI. Per il 2020 è previsto inoltre l’attivazione della Trans Adriatic Pipeline (TAP).
Il Rapporto pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri lascia intendere, o almeno ce lo auguriamo, che l’Italia sarà sempre più attenta nel coltivare la sua naturale propensione mediterranea. Il nostro Paese deve rassegnarsi a giocare un ruolo chiave nelle dinamiche della regione, cercando di sfruttarne le nuove opportunità. Tuttavia, pur essendo intitolato “la Strategia Italiana nel Mediterraneo”, il rapporto si limita ad elencare le diverse missioni e aree di azione in cui Roma è già attiva, mentre poco viene lasciato intendere sulle linee d’azione future. Per esempio, il documento accenna vagamente al mastodontico progetto cinese di investimenti per la costituzione di una Nuova Via della Seta, il cui obiettivo è niente meno che quello di creare un enorme canale di commercio globale che collegherà per terra e per mare Oriente e Europa, ma il ruolo che potrebbe giocare l’Italia in questo progetto non viene elaborato. Beijing guarda al Mediterraneo come uno dei tasselli del suo ambizioso piano e la mancanza di un paragrafo dedicato a questo argomento lascia dubitare che l’Italia sia pronta ad assumere il ruolo che le spetta nel commercio mediterraneo.
Fonti:
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