Le elezioni politiche del prossimo 4 marzo si avvicinano rapidamente e, inevitabilmente, nello scontro politico sale la temperatura. In questa campagna elettorale stanno emergendo vecchie e nuove dinamiche della comunicazione politica, trasformate dai cambiamenti del sistema dei partiti, della legge elettorale e dell’opinione pubblica.
Le campagne elettorali si stanno infatti evolvendo e per capire i processi in corso è utile procedere per punti.
Promesse elettorali irrealizzabili
Un tema su cui si sta concentrando il dibattito è quello delle promesse elettorali evidentemente impossibili da mantenere, che spesso sono addirittura centrali nel programma dei partiti. Questa in realtà non è una novità, sono sempre esistite e sono sempre state abusate.
La verità è che le campagne elettorali sono sempre più impostate sull’appello all’irrazionalità, quindi è sempre più remunerativo basarle su proposte sensazionali di cui non ci si prende davvero la responsabilità. Una comunicazione che al fianco della proposta presenti delle analisi approfondite su conseguenze e fattibilità, sarebbe infatti perdente dal punto di vista mediatico. In un contesto in cui si ha poco spazio per parlare e il dibattito vive di slogan contrapposti c’è poco interesse per l’approfondimento, che in questa forzata semplificazione diventerebbe addirittura controproducente.
Le promesse elettorali di fatto hanno preso il posto delle affermazioni ideologiche e delle dichiarazioni programmatiche, entrambe espulse dal dibattito politico mano a mano che il livello di complessità di questo si abbassava. Credere che saranno realizzate è follia, sottovalutarne il potere persuasivo, però, lo è di più. Vanno prese quindi per quello che sono, cioè il mezzo di comunicazione a cui bisogna ricorrere quando la frammentazione interna impedisce di scrivere programmi politici organici.
In questo modo si riesce a rimandare il dibattito interno ai partiti, lasciando la discussione della realizzazione pratica a quando (forse) ci sarà l’opportunità politica di farlo. Le campagne elettorali tendono quindi a diventare scontri tra immaginari, comunicati per macro-temi e per parole chiave. Le strategie di comunicazione politica, in questo contesto, assomigliano pericolosamente a quelle della comunicazione di marketing.
Single Issue Voters
Una caratteristica già molto evidente di questa campagna elettorale è il forte appello ai “votanti per singola istanza”. Questi sono quegli elettori che scelgono chi votare in base esclusivamente a come si pone rispetto ad un tema che loro ritengono importante, tralasciando tutto il resto della sfera politica.
Storicamente questo appello è sempre esistito, ma ultimamente il suo uso è in ascesa e questo può essere ricondotto allo spostamento del dibattito pubblico sul web. Le anime più radicali di qualsiasi dibattito hanno la tendenza a riunirsi sui social in “bolle di risonanza” in cui si discute esclusivamente tra massimalisti, senza alcuna voce discorde e quindi, inevitabilemente, cristallizzando le proprie posizioni.
In questo modo molti elettori diventano prede facili della propaganda elettorale: per guadagnarsi il loro voto basterà una proposta mirata, senza lo sforzo di presentare una visione politica coerente. L’aumento delle “tribù” di questi votanti influenzerà molto l’andamento delle campagne elettorali e i primi segnali stanno già emergendo.
In questi mesi gli appelli single issue più forti stanno arrivando dalla coalizione di centrodestra, soprattutto dalla Lega. Nelle ultime dichiarazioni pubbliche di Salvini questo tratto è, infatti, emerso con prepotenza e la promessa di cancellare l’obbligo vaccinale, la proposta dello Ius Soli e la legge Fornero sulle pensioni sono esempi perfetti di questa dinamica.
Anche Forza Italia usa la strategia single issue, non tanto sulle tematiche più generali dell’impresa, delle tasse o delle pensioni quanto, invece, sulle pensioni e sui diritti degli animali. Il centrodestra infatti calca pesantemente sulle tematiche care agli anziani, oltre che avere una lista civetta incentrata esclusivamente sull’animalismo. Fratelli d’Italia, infine, alle classiche proposte da destra sociale affianca una posizione massimalista nel discorso sull’immigrazione, con cui evidentemente vuole convincere chi su quel dibattito baserà interamente ilsuo voto.
Dalle altre parti politiche la narrativa single issue è stata meno forte, che sia perché ritenuta un giocare sporco, per la non voglia o per incapacità comunicativa, poco importa. Qualche rilevanza in questo senso può essere attribuita forse alla proposta di rendere gratuita l’università avanzata da Liberi e Uguali. Va detto, però, che una proposta del genere non è rivolta esclusivamente agli studenti, ma fa leva su alcune visioni dello stato sociale ormai affermate, tanto che figurava anche nel programma dei laburisti inglesi.
Alleanze e rivalità
Lo scenario politico creato da una legge elettorale come il Rosatellum era prevedibile. Riammessa l’esistenza delle coalizioni, lo scenario politico si è frantumato. La dinamica è stata infatti disgregativa, visto che ogni gruppo è incentivato a correre in una coalizione, pur rimanendo indipendente piuttosto che a trovare un accordo politico e confluire in una forza più ampia.
Il perché è un semplice meccanismo di Scienza Politica: in un governo di coalizione ogni parte di essa vede crescere il proprio “potere di ricatto” e, quindi, le sue possibilità di conseguire i propri interessi. Se il sostegno di un gruppo, per quanto piccolo, è necessario per la tenuta dell’esecutivo, i suoi parlamentari potranno avanzare molte richieste e queste saranno verosimilmente esaudite.
Ovviamente, però, parlare di queste dinamiche ai propri elettori è sconveniente. Una parte consistente della propaganda elettorale parlerà quindi dei rapporti tra partiti, dovendo giustificare alleanze e rivalità con pretesti ideologici piuttosto che con la mera dinamica dei rapporti di poteri.
Basta guardare alle coalizioni che si sono formate per capire questa dinamica: sia nel centrodestra che nel centrosinistra convivono forze dalle visioni inconciliabili ma con alcuni scarni punti in comune, che sono il motivo ufficiale per cui esiste la coalizione.
Abbiamo quindi un centrodestra in cui un autodefinitosi “estremista di centro” come Berlusconi correrà con le destre nazionaliste e un centrosinistra in cui sono entrati i centristi di Casini e i fuoriusciti di centrodestra della Lorenzin. Per giustificare davanti all’opinione pubblica questi strani legami si usa spesso la retorica del nemico, che è decisamente più semplice dal punto di vista della comunicazione.
Uno dei pochi collanti del centrodestra è infatti l’opposizione al governo uscente, mentre a sinistra è l’opposizione agli anti-europeisti a offrire un utile elemento identitario. Il Movimento 5 Stelle, infine, per le sue posizioni anti-establishment è impossibilitato a partecipare a qualsiasi dinamica aggregativa, anche se proprio nel valore simbolico del “correre da soli” ha un ottimo strumento per consolidare la sua base.
Fake News
Con fake news non si intendono semplicemente le notizie inventante, ma quelle che contengono degli elementi di immaginario per cui nella loro falsità portano avanti delle tesi politiche. Queste fanno infatti riferimento al concetto più generale di post-verità, ossia la tendenza generale a ritenere che la veridicità di una notizia non sia un elemento essenziale di essa, ma secondario alle posizioni che esprime.
In un meccanismo simile a quello che abbiamo descritto per le promesse elettorali, quindi, le notizie false non saranno più falsi racconti dell’attualità, ma delle leve irrazionali per sostenere delle posizioni poltiche. Nel momento in cui arriva la smentita, infatti, hanno già ottenuto l’effetto desiderato e l’essere state ritenute verosimili ha già attuato il meccanismo della post-verità.
Per chiunque usi abitualmente i social network il fenomeno è evidente, così come la sua direzione nello spettro politico. La maggior parte di questo flusso esprime posizioni populiste, anti-establishment e violentemente xenofobe, utili soprattutto alla propaganda di partiti come la Lega o il Movimento 5 Stelle.
Il fenomeno non va sottovalutato ma nemmeno drammatizzato, soprattutto per quanto si presta alla dietrologia. Che ci sia controllo del fenomeno in mano ai partiti politici è tutto da dimostrare, mentre invece parlare di convergenze di idee sembra più corretto.
È stato infatti accertato come i creatori di queste falsità sono spinti dal denaro piuttosto che dalla politica, dato che il traffico internet che generano può essere capitalizzato con la pubblicità. Le posizioni che esprimono sono infatti quelle che (inquietantemente) attirano più attenzioni, oltre che essere diffuse dagli stessi utenti che vogliono usarle per sostenere le proprie post-verità.
Se questi creatori sono in contatto con le forze politiche a loro affini sarà chiarito dalle indagini che già sono in corso, resta il fatto che la convergenza tra la loro opinabile attività economica e alcune propagande ha effetti politici tangibili.
Fonti e Approfondimenti:
http://www.treccani.it/vocabolario/post-verita_(Neologismi)/
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/11/11/17G00175/sg
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