Armando Siri è capolista per la Lega al Senato nel collegio Emilia-Romagna 2. Nel dicembre 2014 sigla una collaborazione con Matteo Salvini sulla base della sua proposta di un’aliquota fissa al 15%. Ѐ considerato il ”guru” economico del movimento.
Qual è stato il ragionamento dietro alla scelta di passare dall’essere Lega Nord, all’essere Lega? Credete di riuscire a convincere anche quella parte di elettorato contro cui per anni vi siete scagliati?
Il ragionamento dietro questa scelta è stato dettato dai tempi, da ciò che negli ultimi anni è accaduto a livello Nazionale ed internazionale e, soprattutto, per una richiesta forte partita dal basso. Vede, in passato la Lega provò lo sbarco al sud e il progetto naufragò perché probabilmente i tempi non erano maturi. Quando l’attuale Segretario è stato eletto, si è accollato colpe di gestioni non sue, ha chiesto scusa con sincerità, ci ha messo faccia, cuore, coraggio ed impegno, per aprire il Movimento ad altre idee, personalità, e ridisegnando completamente la mappa del progetto politico che fino a qualche tempo prima era rivolto a una sola parte del Paese. In sostanza, la Lega non è più Nord o Sud, ma Italia, e questo lo ha deciso il Meridione quando ha cominciato a chiedere l’intervento di Salvini a tutela dei propri territori, dei propri prodotti, del lavoro e della sicurezza. In realtà la domanda a questo punto andrebbe fatta alla classe dirigente che per decenni nel Mezzogiorno “ha fatto così bene”, da far sì che i cittadini richiedessero la discesa della Lega oltre i suoi confini tradizionali.
Andiamo al programma, in particolare a ciò che riguarda la fiscalità. Voi proponete un’aliquota fissa al 15 percento, mentre Forza Italia la vuole al 23. Come vi metterete d’accordo una volta al governo? Dove troverete i soldi per questa manovra? Per quanto riguarda l’evasione fiscale, invece, che pensate di fare?
Come si fa a recuperare un sommerso storicizzato ed atavico, partendo dagli stessi strumenti e dalla stessa mentalità che l’hanno prodotto e coltivato? Proviamo un attimo ad invertire il paradigma. Se il fisco fosse equo, giusto, davvero solidale, e lasciasse più risorse nelle tasche dei cittadini e delle imprese, oggi non ci troveremmo davanti ad una evasione ed elusione fiscale monstre. Noi la Flat Tax con una aliquota al 15% non l’abbiamo proposta per vezzo ideologico, ma con studi, tabelle, numeri, costi, ed impatti. È tutto scritto nella proposta di legge presentata in Parlamento nel 2015 e nel libro che ho scritto a sostegno della riforma. C’è il saldo e stralcio delle cartelle Equitalia, un prudenziale calcolo dell’aumento del gettito IVA, della nuova base imponibile, e soprattutto il disincentivo ad aggirare il fisco. Pagare meno, pagare tutti, altrimenti scattano sanzioni molto più incisive di quelle attuali. Dal ritiro della patente o del passaporto per tre anni, alla revoca di licenze e concessioni pubbliche. Dopodiché, Forza Italia propone una aliquota al 23% con una maxi deduzione fissa a 12mila euro, per arrivare poi di fatto, ad una aliquota netta sempre del 15%. Credo che lo faccia per una questione di marketing elettorale, un distinguo dalla Lega. Tuttavia, ci confronteremo senza pregiudizi, ma vedrete che la nostra soluzione sarà quella che darà massimo ristoro alla maggiore fascia di contribuenti.
Il vostro cavallo di battaglia, da anni a questa parte, è la lotta all’immigrazione clandestina. Eppure, stando alle stime, questa sta vivendo un trend in netto calo. Non credete che sia populista continuare ad alimentare una mezza verità? Non credete che le soluzioni promosse possano non bastare per risolvere un problema che è strutturale?
Proprio perché il fenomeno è di natura strutturale, ha delle oscillazioni, anche in funzione delle stagioni (estive, invernali, che incidono sugli sbarchi), ma resta sempre nevralgico ed impantanato. Può mai essere una soluzione quella di non agire? Noi ci battiamo contro una immigrazione incontrollata, irregolare, che collassa il sistema di welfare e che non discerne fra chi ha diritto a rimanere perché ha diritto all’Asilo Politico e chi arriva qui per motivi economici a cui non possiamo “regalare” vitto, alloggio e trasferte a carico dello Stato che già sta affrontando le ripercussioni di una profonda recessione economica. Ci sono migliaia e migliaia di persone che non avrebbero i requisiti di permanenza ma alimentano business milionari creatisi dietro le cooperative specializzate nell’accoglienza. In un periodo di forte crisi, dove gli italiani faticano ad arrivare alla fine del mese, queste disfunzioni creano rabbia ed intolleranza. L’Italia è un grande Paese con un grande tessuto sociale, che non ha paura di confrontarsi con chi è diverso, e di aprire loro le porte di casa, l’importante però è che non venga portato via il mobilio. Accordi bilaterali con i Paesi di partenza, rimpatri per chi delinque o non ha i requisiti, tutela alimentare e sanitaria per tutti, primo soccorso obbligatorio per ogni essere umano, poi però si attivano le regole del buon senso.
Passiamo a ciò che riguarda il lavoro. Voi parlate di eliminare la legge Fornero, Berlusconi di rivederla. Quale delle due linee verrà sposata? Qual è la vostra proposta per aumentare l’occupazione, in particolare quella giovanile?
Guardi, Berlusconi ha firmato un programma, e per sua stessa ammissione in questo tour elettorale, questa volta sarà diverso rispetto al passato perché ci si è obbligati a rispettare una piattaforma firmata e condivisa di coalizione. Bene, tra i primi punti c’è l’azzeramento della Legge Fornero, e sono convinto che il Cavaliere non si tirerà indietro nel momento delle decisioni. L’occupazione riparte non con i bonus o le prebende varie di fine legislatura, ma solo se vi è un sostegno alla domanda interna, se ripartono i consumi e quindi la produzione. Solo abbattendo sensibilmente il cuneo fiscale e contributivo, si potrà dare ossigeno ad un tessuto economico martoriato. Oggi continuiamo a fornire l’aspirina, senza agire sulle cause del problema. Con la Flat Tax al 15% verranno liberate risorse per 63 miliardi per famiglie e imprese che, in circolo nell’economia, faranno lievitare la base imponibile, le imprese attive, le imprese rivitalizzate e quelle che rimpatrieranno, dopo anni di delocalizzazioni.
Il rapporto tra Lega e Unione Europea è sempre stato un po’ burrascoso. Claudio Borghi, il vostro segretario economico, è un convinto sostenitore dell’uscita dalla moneta unica, mentre Salvini, che prima lo appoggiava, sembra adesso essersi assestato su posizioni meno drastiche. Anche qui, dove si trova la verità?
Oggi l’Italia è in una tenaglia di regole che fanno male alla competitività, l’Euro non funziona perché viene forzatamente utilizzato in economie molto diverse tra di loro, con sistemi sociali e fiscali disarmonici, e quindi risulta leggera per alcuni e terribilmente pesante per altri. Questa disparità ha risvolti sociali. Detto ciò, non vogliamo uscirne drasticamente, ma cercare prima soluzioni condivise. Rivedere il rapporto Deficit/Pil al 3% ad esempio, smetterla di rincorrere un pareggio di bilancio che costringe gli Stati a misure improprie per la natura stessa dello Stato che ha come fine la coesione sociale e non il profitto, avere una cooperazione sulle questioni migratorie reale e non solo di facciata, una Banca Centrale che sia davvero prestatrice di ultima istanza e garante dei debiti sovrani. Solo, se qualsiasi miglioramento di questa Europa non fosse possibile, usciremmo dal perimetro giuridico dell’UE. Perché ricordiamoci che l’Italia è in Europa per geografia e in Europa resta a pieno titolo indipendentemente da quello che possono decidere dei burocrati.
Ha fatto molto discutere la vostra proposta di reintrodurre la leva obbligatoria, affiancandola al servizio civile, anch’esso reso obbligatorio per un determinato lasso di tempo. Non pensa che sia anacronistica una proposta del genere?
Non c’è niente di più lontano dallo scopo bellico, nella nostra visione. Reintrodurre l’obbligo di leva, civile o militare, per sei mesi, è solo un modo per insegnare ai ragazzi il rispetto, l’educazione, dare loro degli strumenti utili per il vivere responsabilmente e perché no, fornire elementi essenziali di crescita e prospettive di lavoro. Quanti obblighi inutili ci sono in questo Paese? Al pari dell’alfabeto, ci sono valori laici ed anche una autosufficienza da far risplendere nei nostri giovani. Non vogliamo un manipolo di annichiliti in balia delle intemperie. Un popolo preparato è la migliore arma contro le dittature, di ogni natura.
Parliamo ora di istruzione, in particolare di università. Voi parlate, pubblicamente, di eliminare la Buona Scuola, ma sul programma che avete firmato si parla di abolire le storture e le anomalie della legge, dando per scontato che qualcosa di buona in essa ci sia. Qual è la vostra posizione in merito? Come pensate di rilanciare l’università italiana?
Anzitutto, chiuderemo la vergognosa parentesi dei trasferimenti forzati dei docenti su e giù per il Paese, che con gli stipendi attuali è insostenibile, oltre che per un aspetto umano e pratico. Possibile che per una cattedra bisogna abbandonare la propria regione? Punteremo sulla continuità degli insegnamenti, e stop alla precarietà. Investiremo di più nella ricerca per cercare di arginare la fuga di individui preparati all’estero. E stop a test d’ingresso assolutamente non coerenti col percorso di studi che si vuole intraprendere, utili solo a scremare il “gregge” degli studenti in funzione dei numeri. Andrà valutata la coerenza tra matricola e facoltà nel tempo, magari dopo un anno ed un tirocinio sul campo. Insomma, c’è tanto da lavorare ed è tutto scritto nel programma.
Andiamo ora all’ultima domanda. Il 5 marzo il centrodestra è la prima forza politica e ha una maggioranza qualificata. Se a prendere quel famoso ‘’voto in più’’ fosse Forza Italia e non la Lega, accettereste un Primo Ministro come Tajani o Draghi, personalità rappresentative di un sistema che voi osteggiate profondamente? Che ruolo assumerebbe il vostro segretario Matteo Salvini in un governo a trazione forzista?
Sinceramente è una domanda che non ci poniamo, perché sono anni che, pancia a terra, tutta la squadra lavora per “Salvini Premier.” E sono più che convinto che i numeri ad urne chiuse ci daranno ragione, premiando l’intensa attività svolta. Detto ciò, pacta sunt servanda, il partito che otterrà più voti esprimerà il Presidente del Consiglio. Con una postilla non da poco, c’è da rispettare l’accordo di coalizione. Su questo non transigeremo.
Leggi anche:
- Intervista a Viola Carofalo, portavoce di Potere al Popolo
- Intervista ad Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia
- Intervista a Maria Cecilia Guerra, candidata al Camera per Liberi e Uguali
- Intervista a Marco Rizzo, segretario generale del Partito Comunista
- Intervista a Manlio di Stefano, deputato del Movimento Cinque Stelle
Be the first to comment on "Spiegami le Elezioni: intervista ad Armando Siri, capolista al Senato per la Lega in Emilia-Romagna"