Federico Iadicicco è un Dirigente nazionale di Fratelli d’Italia, candidato al Senato nel collegio uninominale di Roma 1. Dal 2003 al 2008 è stato il presidente romano di Azione Giovani mentre, dal 2008 al 2012, è stato consigliere provinciale e vicepresidente della commissione cultura della provincia di Roma. Oggi è responsabile nazionale del dipartimento Vita e Famiglia del Partito.
Fratelli d’Italia ha scelto di correre alle elezioni in coalizione con Lega e Forza Italia. La Meloni ha detto che il nome del premier, da parte del Cavaliere, deve essere fatto prima delle elezioni. Se così non fosse, potreste decidere di non dare la fiducia al governo? Perché Berlusconi e Salvini non hanno partecipato alla vostra manifestazione anti inciucio?
Non voglio nemmeno ipotizzare che i nostri alleati possano stringere accordi post elettorali con altre forze politiche, anche perché la coalizione di centrodestra avrà i numeri per formare il governo. Fratelli d’Italia comunque ha già dichiarato di non essere assolutamente disponibile a dare il suo appoggio a nuovi governi di larghe intese e formule che non siano quelle scelte dagli italiani nelle urne. Chi vota per noi sa che rispetteremo la volontà degli elettori, essendo peraltro convinti che un sistema sia tanto democratico quanto è in grado di esprimere un governo che rispecchi i risultati delle elezioni. In ogni caso sono convinto che il centrodestra uscirà vincente dalle urne e pertanto mi auguro che Berlusconi sciolga ogni riserva e indichi chiaramente il candidato premier di Forza Italia.
A proposito di fiscalità nel vostro schieramento c’è una direzione comune, che è quella della Flat Tax, ma non una soglia precisa di applicazione. Voi come vi ponete in merito?
Noi proponiamo una misura di immediata applicazione, che è la Flat Tax sul reddito incrementale. La si può introdurre sin dal primo Consiglio dei Ministri ed è utile in quanto è uno stimolo all’incremento delle produttività del lavoro e all’emersione del sommerso. Per il resto abbiamo in mente una grande riforma strutturale della fiscalità passando da un sistema di tassazione basato sull’individuo ad un nuovo modello che tenga conto del numero dei famigliari a carico, esattamente come accade nella vicina Francia. Mi sembra del tutto evidente che un individuo con un reddito di 30 mila euro annui senza nessuno a carico debba pagare più tasse di una persona con il medesimo livello reddituale, ma con due figli a carico. In tal modo, da un lato le famiglie aumenterebbero il loro potere d’acquisto con conseguente rilancio dei consumi, dall’altro si rafforzerebbe la loro preziosa funzione di ammortizzatore sociale naturale in grado di sostenere giovani disoccupati e anziani integrando il compito dello Stato.
Parliamo ora di immigrazione. Voi proponete di rafforzare gli accordi bilaterali con gli Stati di provenienza, andando a snellire le pratiche di rimpatrio. Non pensate che questo sia solo un palliativo?
Penso che sia arrivato il momento di superare gli opposti estremismi, riaffermando il buon senso a scapito delle derive ideologiche. Tra le ruspe e l’accoglienza indiscriminata, può esistere una posizione mediana e ragionevole che guardi al dramma umanitario dei migranti facendo coesistere misericordia e pragmatismo politico. Gli accordi bilaterali con gli Stati di provenienza sono necessari ma oggi devono essere accompagnati da un’azione europea di controllo dei confini perché la situazione internazionale è profondamente mutata rispetto al 2010 quando grazie agli accordi con la Libia di Gheddafi erano sbarcati solo 4mila migranti. Per questo l’Italia in Europa dovrebbe farsi promotrice di un grande piano Marshall per l’Africa e soprattutto per i cristiani d’Oriente, aiutando la ricostruzione di quelle zone tra Iraq e Siria devastate dall’Isis.
Per quanto riguarda la cittadinanza per gli stranieri, invece, voi parlate di completare la scuola dell’obbligo e di dimostrare la volontà di ottenimento della stessa. E per gli altri?
Sulla cittadinanza si è fatta molta confusione e il Parlamento è stato impegnato a lungo nella discussione di una legge strumentale e ideologica come lo ius soli quando invece ritengo molto più interessante parlare di ius culturae. Non è vero infatti che la cittadinanza favorisce l’integrazione bensì il contrario: l’adesione alla nostra cultura cristiana e occidentale, ai nostri costumi e ai valori della tradizione nazionale deve rappresentare la chiave di volta per un riconoscimento della cittadinanza prudente e sostenibile. Essere cittadino italiano significa far parte di una comunità nazionale, rispettare le nostre leggi e aderire al nostro stile di vita. Dal mio punto di vista, dovremmo pertanto discutere anche di perdita della cittadinanza nel caso del cittadino italiano che costringe la propria figlia a sottoporsi a una pratica barbara come l’infibulazione o che contrae all’estero più di un matrimonio e pretende di essere poligamo qui in Italia. La cittadinanza non è un diritto ma uno status giuridico che indica l’appartenenza ad un popolo.
Per quanto riguarda l’istruzione, in particolare l’Università, voi richiedete un avvicinamento di questa al mondo del lavoro. Tramite quali strumenti? Siete d’accordo con l’approccio renziano dell’alternanza scuola-lavoro?
L’approccio renziano è insufficiente, parla di alternanza scuola-lavoro ma senza dare alle aziende gli strumenti per accogliere veramente i giovani nell’impresa. Con questo sistema gli insegnanti si trovano spesso abbandonati a loro stessi e non sanno a chi rivolgersi perché manca un canale di comunicazione costante tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro. Noi pensiamo che le scuole debbano essere sostenute dalle associazioni di categoria, dai consorzi, da corpi intermedi in grado di fare da collante: il registro nazionale della aziende messo a disposizione dal governo è utile ma non può bastare. Dentro il Pd le resistenze sono fortissime perché una certa sinistra avversa da sempre questo approccio culturale, essendo ancora schiava della vecchia visione conflittuale del lavoro tra padrone sfruttatore e lavoratore sfruttato. Dal nostro punto di vista, invece, teoria e pratica sono complementari nella formazione integrale dell’uomo e solo introducendo da subito i giovani nella comunità imprenditoriale sarà possibile crescere persone competenti e motivate.
Che ruolo credete debba assumere l’Italia all’interno dell’Unione Europea? Alle europee del 2014 il vostro programma parlava di scioglimento concordato dell’Eurozona, mentre adesso parlate di un’Europa più politica. Come mai questo cambiamento? Credete nel progetto europeo o vorreste vedere l’Italia fuori da questo?
In realtà sosteniamo da moltissimo tempo che l’Europa può avere un futuro solo mediante una maggiore integrazione politica e democratica. Quando ero Presidente romano di Azione Giovani circa dieci anni fa, prima dello scoppio della crisi, parlavamo di esercito comune e di un governo europeo espressione del popolo per riportare la moneta sotto il suo controllo e garantire un unico indirizzo politico in alcune materie chiave, quali la sicurezza interna, la politica estera e quella energetica. Questa Europa non ha nulla a che vedere con quelle federale e popolare immaginata da De Gasperi, Adenauer e Schuman ma è frutto dell’incontro di due visioni, il funzionalismo di Monnet e l’ideologia liberal monetarista, che hanno prodotto un orribile ibrido sul piano istituzionale e sottratto ai popoli la sovranità monetaria. Perciò non crediamo in questa Unione europea, che ci ha reso subalterni a organismi tecnocratici privi di legittimazione democratica, e pensiamo che l’Europa debba assumere una forma confederale, mettendo in comune difesa dei confini, sicurezza interna e poche altre materie, salvaguardando per il resto la sovranità nazionale degli Stati.
Poniamo che il 5 marzo la coalizione di centrodestra sia chiamata a formare a un governo in quanto prima forza politica del paese. Quale sarà il vostro peso in un eventuale governo di centrodestra? Si è già parlato dei ministeri che vi spetteranno?
Il totoministri in campagna elettorale lo lascio fare ai 5 stelle. Noi siamo una coalizione e abbiamo stabilito che, in caso di vittoria, il Presidente del Consiglio sarà indicato dalla prima forza politica della coalizione. Il nostro candidato premier è Giorgia Meloni e, nell’ambito di una futura coalizione di governo, Fratelli d’Italia si impegnerà certamente a garantire l’attuazione del programma condiviso con le altre forze della coalizione, in particolare il nostro cavallo di battaglia, ovvero il più grande piano di sostegno alla natalità nella storia d’Italia per rimettere la famiglia naturale al centro delle politiche pubbliche.
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